Donald Trump e la banalità contemporanea
L’ascesa di Donald Trump negli Stati Uniti e la diffusione di movimenti di estrema destra nel mondo devono necessariamente portare ad una seria riflessione
di Gaia Cacace
su Twitter @gaia_cacace
Nel suo saggio intitolato “La banalità del male”, Hannah Arendt nel 1963 scriveva che tutto ciò che è accaduto nel ‘900 può succedere ancora, perché significa che il genere umano è capace di farlo avvenire. Dopo la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti – e il rafforzamento del suo Partito Repubblicano al Congresso – le prospettive sono pessime, sotto parecchi punti di vista: per l’ambiente e il clima; per le donne e le varie altre minoranze; per le relazioni internazionali. Per la pace.
Non deve sorprendere che una parte di quelle minoranze lo abbia votato. In molti sentono di avere scelto un grande cambiamento. Le pulsioni antirazziali, rese più forti dal primo presidente nero, e quelle misogine, potenziate dalla prima candidata donna di uno dei due maggiori partiti, hanno avuto la meglio. Per quanto Hillary Clinton rappresentasse certamente continuità rispetto al passato, è difficile capire perché sia stata tanto attaccata – se non perché di sesso femminile.
L’aspetto più importante però riguarda la volontà di innovazione espressa dell’elettorato. Perché tanti appartenenti alla classe sociale media o medio-bassa hanno votato Trump contro i loro stessi interessi? L’ex candidato repubblicano è un miliardario che ha sempre difeso misure a danno delle classi sociali più svantaggiate, e anche della piccola borghesia. La questione è ancora una volta probabilmente più culturale che economica – nonostante l’economia e la crisi ne siano alla base. I partiti, completamente sradicati dalla società, non rappresentano più la classe lavoratrice. Che si lascia facilmente guidare dai populismi, dalle demagogie, dalle prevaricazioni e dalle divisioni – trovare un capro espiatorio ha sempre giovato in certi momenti della nostra storia.
La retorica di personaggi come Trump, Oltreoceano, o Nigel Farage, in Gran Bretagna, aumenta la violenza nella società. Giustifica la molestia sessuale. Considera le donne facilmente “acquistabili”. Basti guardare, negli Stati Uniti, al riemergere di brutalità e intolleranze. O all’assassinio, in Inghilterra, della deputata laburista Jo Cox, contraria alla Brexit. Non è questo un reale cambiamento, anzi, è un enorme passo indietro, una chiusura che non gioverà a nessuno. Così come ai tempi del fascismo, si rischia di sprofondare in un tempo morto – nel quale nessun progresso, nessun diritto, nessuna libertà verrà accettata.
La stessa cultura della politica ad oggi è assente, banalmente ridotta a spettacolo e mediatizzazione. Ai più sembra un gioco, semplice e facile da capire. Un noto imprenditore diventa presidente degli Stati Uniti, i grillini raccolgono ampi consensi in Italia, Matteo Renzi attacca Ciriaco De Mita per aver fatto politica tutta la vita. Sono tanti aspetti dello stesso problema.
Oggi nazionalismi e populismi sembrano essere risorti benché fino agli anni ’50 si pensava cheorganizzazioni sovrastatali come l’Unione Europea e la stessa globalizzazione li avrebbero fatti svanire. In realtà, come affermava Pietro Grilli Di Cortona in un suo saggio, i nazionalismi non svaniscono mai del tutto, ma solo si assopiscono, per poi riemergere una volta che ve ne siano le condizioni.
Da questo punto di vista, fino a qualche tempo fa il problema sembrava essere perlopiù europeo. È in Europa che i muri venivano alzati; in Europa il Front National, l’Ukip, Il partito della Libertà Austriaco, o Alba Dorata in Grecia facevano (e fanno) impensierire. Eppure dobbiamo fare i conti con una realtà che ora, nonostante tutto, è globale. È quindi necessario capirla e trovare delle soluzioni che non danneggino, ma anzi estendano la nostra democrazia.
A chi sostiene che il problema sia il regime democratico in quanto tale, bisogna far notare che negli Stati Uniti vi è da sempre bassa partecipazione elettorale. A chi ritiene siano passati i tempi di possibili derive autoritarie, che viviamo in una fase in cui la crisi dei partiti politici e della partecipazione corrompono la stessa democrazia. Che solo una giusta cultura, anche politica, potrà permettere di ricostruirla.
In conclusione, non è creando democrazie più autoritarie che la crisi del nostro tempo verrà risolta. Non con un leader o con un super-presidente dagli enormi poteri. La risposta ad ogni domanda, come sempre, è solo una: la partecipazione.
In realtà Donald Trump di è candidato come indipendente nelle primarie del Partito Repubblicano e durante tutta la campagna elettorale, il Partito Repubblicano lo ha ostacolato. Io non parlerei di rafforzamento del GOP in queste elezioni. Poi, vedi te.
Ciao cigarafterten! Non mi riferivo ad un rafforzamento del partito repubblicano in quanto tale nella società, perché è sicuramente in crisi e da questo punto di vista le elezioni rappresentano uno spartiacque importante (e bisognerà vedere cosa accadrà). Ma che Donald Trump abbia manifestato delle pulsioni autoritarie mi sembra evidente. Credo che ci sia in generale una tendenza a credere che un maggiore accentramento nelle mani di un singolo possa risolvere la crisi della nostra democrazia; da questo punto di vista il discorso era più ampio e non riguardava solo Trump. Riguardo al “suo” partito repubblicano, mi riferivo al fatto che con queste elezioni si è rafforzato al senato ed è ancora maggioritario alla camera. Bisognerà vedere se seguirà Trump, e fino a che punto. Grazie per il commento! (e la chiarificazione dovuta)