L’escalation della violenza sugli animali in Italia
Il rapporto “Zoomafia”, realizzato ogni anno dalla LAV, individua nel 2015 un aumento del 3% dei procedimenti per reati contro gli animali. Un preoccupante campanello d’allarme seguito da atti criminali le cui vittime sono creature indifese
di Alessandra Bernardo
su Twitter @alebernardo79
In Italia, ogni giorno, vengono aperti ventiquattro fascicoli per reati in danno agli animali, uno ogni ora, ogni novanta minuti una persona viene indagata . Questi sono i dati che emergono dal rapporto sulle “Zoomafie – crimini organizzati contro gli animali”, realizzato dalla LAV (Lega Anti Vivisezione) anche per l’anno 2015.
Il totale dei procedimenti, sia a carico di noti che di ignoti, è di 6.442 casi con 3.884 indagati, su un campione del 67% delle Procure Ordinarie. Nel 2014 furono 5.065 con 2.980 indagati, ma su un campione inferiore: il 57% delle Procure.
Il reato più conte stato è quello di maltrattamento di animali, art. 544ter cp., con 1.870 procedimenti e 1.252 indagati, segue l’uccisione di animali, art. 544bis cp., con 1.789 procedimenti e 354 indagati. Il 2015 si chiude, dunque, con un aumento del 3% dei procedimenti penali per reati a danno degli animali, mentre gli indagati sono diminuiti del 4%.
Nonostante la legge preveda, in caso di uccisione di un animale, una pena dai quattro mesi ai due anni di carcere e, nel caso di maltrattamento, si rischia dai 3 ai 18 mesi, con l’aggiunta di una multa dai 5 mila ai 30 mila euro, le condanne sono troppo spesso disattese e in rarissimi casi applicate.
Il caso di Spike ne è un esempio. La morte del cane, brutalmente seviziato e poi bruciato vivo, avvenuta il 6 luglio 2014 a Pozzuoli, aveva indignato l’intera opinione pubblica. La terribile vicenda, pochi giorni fa, ha visto assolvere il suo assassino per insufficienza di prove. Oltre Spike tante altre vittime innocenti sono state spietatamente uccise da persone che si accaniscono nei confronti di queste creature spesso “colpevoli” di essere “solo degli animali”.
Come non ricordare il caso di Angelo, ferocemente seviziato, torturato e impiccato a un albero, quest’estate in Calabria, da quattro ragazzi che hanno persino pubblicato il video su facebook, la prima udienza del processo è stata fissata per gennaio. Proprio sulla storia di Angelo si è espresso anche il Presidente del Senato Pietro Grasso: “La tutela degli animali è una questione di rilevante interesse nazionale che richiede un approccio multidisciplinare e un’assunzione di responsabilità da parte di tutta la società in ogni sua componente: etica, sociale, economica ed istituzionale”.
Grasso ha proseguito citando l’art. 13 del Trattato di Lisbona sul riconoscimento degli animali come esseri senzienti e ha definito “l’abbandono degli animali, il loro commercio clandestino, il randagismo, la violenza fisica e psichica che sono costretti a subire, la vivisezione e al loro utilizzo come cavie per la sperimentazione come emergenze e disvalori sociali che affliggono la nostra società”.
Insieme ad Angelo ci sono poi Nerina, Ysy, Snoopy, Frittella, Junior, Eva, Pepito, Marinella, Anna, Frank, Laika, Rocky, Adamas, Fido, Sole, tutte vittime della crudeltà e dell’efferatezza umana. A loro vanno aggiunti gli altri cani e gatti uccisi senza un motivo, nell’indifferenza dei più, senza alcuna identità e la cui morte rimarrà senza alcun colpevole.
Piera Rosati, Presidente della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, ha commentato: “Non bastano le leggi, è necessario uno scatto di civiltà da parte dei cittadini, delle forze dell’ordine e della magistratura. Servono pene esemplari, inappellabili, rapide e tempestive. Tutto questo però deve essere necessariamente accompagnato da un percorso culturale che coinvolga le scuole, i Comuni, le famiglie e che elevi la moralità di un Paese anziché subire la deriva civile di indisturbati criminali. Mi appello a prefetture, sindaci e educatori affinché non restino a guardare ma facciano qualcosa di concreto per instillare un maggior senso di responsabilità e coscienza in tutta la cittadinanza”.
Un recente studio condotto dal Nirda (Nucleo investigativo per i reati in danno agli animali) del Corpo Forestale dello Stato e dall’associazione Link-Italia effettuato nelle carceri italiane, grazie alla collaborazione del Dap (il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), ha dimostrato scientificamente che il maltrattamento sugli animali è un fenomeno di pericolosità sociale. Lo studio è stato condotto su un campione di 537 detenuti per reati diversi. Di questi l’87% da minorenne ha maltrattato, ucciso o assistito a maltrattamenti e uccisioni di animali. Il 64% dei detenuti ha maltrattato animali da adulto e, tra questi ultimi, quasi la metà aveva già maltrattato animali da minorenne.
“Questo studio”, spiega la presidente di Link – Italia, Francesca Sorcinelli, “è molto significativo perché consente oggi di affermare in modo scientifico che la stretta correlazione esistente tra maltrattamento e uccisione di animali, violenze interpersonali e lo sviluppo di ogni altro comportamento antisociale criminale, è un fenomeno assolutamente vero in termini scientifici e non più solo attribuibile a percezioni o intuizioni personali date dal buonsenso. Oggi è un dato scientifico incontrovertibile”.
Lo studio, in particolare, ha sommato i dati raccolti nelle carceri con quelli raccolti in altri ambiti tra cui centri di recupero dalle dipendenze, comunità per minori e centri di supporto e assistenza alle vittime. Da questi dati si è tracciato l’identikit del maltrattatore di animali: maschio nel 96% dei casi e minorenne nel 27%.
Francesca Sorcinelli ha così concluso: “È molto importante che i genitori, gli educatori, la società capiscano che il maltrattamento di animali deve essere inibito n da subito con dei messaggi educativi ben precisi. Perché la violenza sugli animali non è una ragazzata ma un fenomeno grave che può andare in escalation”.
Ebbene, l’indignazione, la disapprovazione, la condanna mediatica non bastano, c’è necessità di pene severe, certe e sicure, c’è bisogno di riscoprire una coscienza sociale che sia in grado di diffondere e trasmettere il rispetto per ogni specie vivente. È necessario riscoprire l’empatia, il rispetto della diversità, la tutela delle classi più deboli e degli invisibili. Solo così ci scopriremo come una specie veramente “umana” e migliore.
(fonte immagini: brindisisettenews.it e petsparadise.it)