Roma: dalle stelle (cinque) alle stalle
Il rapporto 2016 di Italia Oggi sulla qualità della vita in Italia offre un’immagine impietosa della Capitale: una città strangolata da disservizi, criminalità e spazzatura. Tutto questo, mentre i cittadini attendono spazientiti che arrivino segnali dal Campidoglio
di Mattia Bagnato
su Twitter @bagnato_mattia
C’era una volta una città eterna. Prima metropoli della storia dell’umanità, poteva contare su un sistema idrico all’avanguardia. Dalla Bretagna fino alla terra che fu dei faraoni, dalla Spagna fino a Costantinopoli i suoi acquedotti rifornivano d’acqua tutto il mondo allora conosciuto. Terme, giardini e mercati pieni dei più svariati prodotti, provenienti dai quattro angoli del pianeta, animavano la vita quotidiana. C’era una volta, sì. Adesso quella Roma è rimasta solo nei libri di storia. Spazzata via, giorno dopo giorno e amministrazione dopo amministrazione, dall’incompetenza e dal malaffare. Da una classe politica – immobile – che non sembrerebbe aver mai avuto a cuore l’interesse generale. Piegata alla volontà di pochi, saccheggiata ed abbandonata al suo triste destino.
Il buongiorno si vede dal mattino – L’implacabile fotografia è emersa dal rapporto 2016 di Italia Oggi sulla qualità della vita nel nostro Paese, facendo calare su Roma una sentenza di morte più che una relazione. Una morte annunciata da tempo. Arrivata, inesorabile, proprio quando le cose sembrava potessero cambiare. Dalle affollate vie del centro storico fino ai palazzoni che segnano il confine con la periferia, difatti, si poteva percepire una fresca brezza. Capace di contagiare persino i romani. Come quel Ponentino tanto caro al Rugantino. Loro, i romani appunto, devono aver pensato che le dimissioni di Ignazio Marino, seguite all’inchiesta Mafia Capitale, potessero fare giustizia di un popolo tradito e stanco.
Tutti i nodi vengo al pettine – Roma si sa, però, è città strana. Facile agli entusiasmi tanto quanto è capace di lasciarsi andare allo sconforto. Così, dopo soli 100 giorni, di quel entusiasmo non sembra esserci più traccia. C’arisemo, aristamo punto e a capo. Non c’è pace per questa città. Sono lontani, infatti, i tempi di Fellini e delle vacanze romane in Vespetta. I giorni della dolce vita hanno lasciato il passo a quelli della cruda realtà. Quella fatta di disservizi, inquinamento, spazzatura e strade pieni di “crateri” neanche fossimo in una città con tragedie come la guerra. Le stesse “infami” buche nelle quali è inciampato Beppe Grillo e, con lui, tutto il Movimento 5 Stelle. Errore di valutazione, o meglio di sottovalutazione, pensare che potessero bastare solo i buoni propositi a risollevare le sorti di una metropoli straziata e straziante.
La “gatta” sul tetto che scotta – Che il gioco si fosse fatto duro, lo aveva capito quasi subito Virginia Raggi. Avrebbe potuto e dovuto capirlo prima, forse. I segnali c’erano tutti. A partire dal vergognoso tentativo, da parte del Partito Democratico e di Forza Italia, di lavarsene le mani nel momento più delicato. Una exit strategy che ha offeso Roma e i romani. Qui infatti, all’ombra del Colosseo, sono tutti colpevoli nessuno escluso. È colpevole il PD per aver chiuso gli occhi di fronte a Mafia e faccendieri senza scrupoli. È colpevole la destra, quella di Gianni Alemanno, per non parlare di Massimo Carminati. Così come è, ugualmente, colpevole il M5S per aver pensato, anche per un solo istante, che Roma fosse un paesotto di provincia. Ennesima vetrina, finta, per ribadire di poter sconfiggere la casta usando la criptonite.
Il vento del nord – Due cose, però, vanno dette per correttezza d’analisi. Rivisitando un po’ il proverbio, infatti, c’è anche dell’oro tra tutto quell’abbagliante brilluccichio chiamato democrazia partecipata versione cinquestelle. La prima, è che scoperchiato il vaso di pandora i grandi partiti si sono fatti piccoli piccoli, scappando a gambe levate. Mentre la “banda di Beppe” è rimasta. Una prova di coraggio che dovrebbe servire da lezione. La seconda, invece, è come un vento freddo che viene dal nord. Da Torino giù fino a Parma portando con se due virtuosi esempi di amministrazione locale che, sempre, Beppe dovrebbe tenersi ben stretto. A buon intenditor poche parole.
Una parola è troppa e due sono poche – Detto questo, bando alle ciance. Al netto di valutazioni di merito, quello che è emerso dal rapporto di Italia Oggi era quasi scontato, ma non per questo meno grave. L’88° posto di Roma su un totale di 110 province grida vendetta, infatti. Sintomo preoccupante che nella Capitale si vive male e la qualità della vita è insufficiente. Non che nel resto d’Italia le cose vadano meglio, anzi. Il tracollo di Roma, che solo nell’ultimo anno ha perso 21 posizioni, rischia però di trascinarsi dietro un paese già con il fiato corto.
Ma ‘ndo vai se la Metro non c’è l’hai – Ad influire sul giudizio negativo del quotidiano, infatti, sono stati i dati sull’inquinamento, gli spazi verdi, il tempo libero e il tasso di criminalità. Il livello delle polveri sottili, presenti nella aria, ha superato il livello di guardia. Riportando a galla tutte le problematicità di una rete di trasporti, di superficie e metropolitana tra le peggiori d’Europa. Una vera e propria sciagura per chiunque voglia evitare di usare l’auto. Tra scioperi e guasti tecnici, infatti, attraversare Roma è ardua impresa. Niente paura, però, il Comune ha appena acquistato 150 autobus nuovi di zecca. Peccato, che ad oggi ne siano arrivati solo 25. È la pazienza la virtù dei forti e, soprattutto, dei romani che impiegano ore per arrivare a lavoro.
L’altro tasto dolente è la monnezza, come la chiamano da queste parti. Un problema che Roma si trascina da sempre e che nessuno ha saputo, o voluto, risolvere. Virginia Raggi ci ha provato. Ha minacciato licenziamenti e controlli a tappeto sulle municipalizzate. Si è scontrata però con, l’invincibile, mostro della Spazzatura e il suo fedele scudiero il Lucroso business. Ha dovuto desistere, suo malgrado, in attesa di momenti migliori. Nel frattempo, però, Roma è invasa dai rifiuti. Si sa, la lingua batte proprio dove il dente duole.
Non c’è due senza tre – Dulcis in fundo, le periferie. Quelle attraversate in lungo e in largo dal Sindaco pentastellato solo qualche mese, fonte d’ispirazione per tante promesse mancate. Veri e proprio ghetti privi di servizi, spazi verdi e luoghi d’aggregazione. In altre parole, dimenticate da Dio. Figlie illegittime, apparentemente, di uno città che fatica a dar voce a tutti i suoi abitanti e dove pullula la criminalità. Una piaga che, negli ultimi anni, ha fatto di Roma il centro della malavita.
Per concludere, credo sia utile ribadire che tra il dire e il fare c’è di mezzo Roma. Mai proverbio fu più profetico, infatti, Una città con enormi problemi ma soprattutto, senza soluzioni. Spiace dirlo, mentre “brucia Roma”, come cantava una vecchia canzone, la politica sembra alla finestra. O sarebbe meglio dire sul tetto. Immobile. A metà tra l’inerzia e la rassegnazione. Ed questa la cosa che fa più male. Prendere atto che chi dovrebbe tutelarti ha le mani tra i capelli, non sapendo dove altro metterle.
Siamo altrettanto sicuri, che da questo rapporto, che si è abbattuto sulla giunta Raggi come mannaia, i prossimi ad uscire allo scoperto saranno i soliti avvoltoi. Sempre pronti a gettarsi a capofitto sulla carcassa di turno. Rimane, comunque, il fatto che l’unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche, evitando di riproporre la solita manfrina sui tagli agli enti pubblici e all’eredità del passato.
Ma non si era detto che prima di giudicare un sindaco, presidente del consiglio, papa, eccetera eccetera bisognava lasciarlo lavorare un paio di anni?