Prima viene l’amore. La paura secondo gli intellettuali: risorsa o limite?
Presentato il 10 dicembre a “Più libri più liberi” nella Capitale il libro di Rosalba De Filippis, “Paura – Intellettuali e artisti sulle angosce del nostro tempo”
di Alessandra Giannitelli
su Twitter @Alessandrag83
È sabato mattina, tra le strade romane scivola ancora il torpore dell’alba nonostante la giornata sia iniziata già da qualche ora, ma tra gli stand di Più libri più liberi il ritmo è quello di ogni anno.
Nella Sala Corallo, introdotto da Renzo Casadei di CartaCanta Editore e dalla giornalista de Il Messaggero Maria Lombardi, l’argomento trattato è quello della paura.
Una paura a 360° che Rosalba De Filippis, scrittrice e insegnante, affronta nel suo libro “Paura – Intellettuali e artisti sulle angosce del nostro tempo” (Edizioni della Meridiana, Firenze 2016), nel quale cede la parola a personaggi del mondo della cultura del calibro di Ezio Bosso, Fabio Dei, Tiziano Fratus, Luciano Marocco, Alessandro Moscè, Luca Nannipieri, Armando Punzo, Marco Romano, Davide Rondoni, Catterina Seia e Alessandro Zaccuri.
“Un tema difficile, impegnativo, per il quale ci vuole coraggio e di cui si è detto di tutto”, sottolinea Maria Lombardi nell’introdurre il libro. “C’è la paura affrontata da tantissimi punti di vista: ci sono l’urbanista, il sociologo, il poeta, il musicista, lo storico. Si dice tutto il possibile della paura. Poteva essere una somma di vari interventi e in vece dà al lettore delle chiavi per affrontare l’argomento”.
Un libro che la De Filippis, insegnante oltre che scrittrice, ha dedicato in primis ai suoi ragazzi, che lei vede strozzati dalla paura.
Ma paura di cosa, esattamente? Del diverso, del nuovo, di tutto quello che non sentono vicino.
La paura è secondaria,
si può leggere nel testo del poeta Davide Rondoni che dà il titolo all’incontro odierno “Prima viene l’amore”
prima viene l’amore e da questo punto di vista è utile, perché ci segnala quanto amiamo le cose che amiamo. Se viene prima non va bene, perché diventa un impedimento all’amore,
ma la paura secondaria ha una grande funzione e va amata, va accettata”.
Un concetto che ripete anche il musicista Ezio Bosso, per il quale “La paura è un diritto. Ci può aiutare ad espandere la nostra coscienza: la coscienza della nostra fisicità, del nostro corpo, di quello che siamo.”
Un libro il cui messaggio sembra consistere in una sorta di invito a non avere paura della paura, osserva Maria Lombardi.
D’altronde ci si trova di fronte a un libro nato nella scuola, quindi la conoscenza è fondamentale come antidoto ad ogni forma di paura. Averne la percezione e la consapevolezza della paura non vuol dire però non provarla: significa saperla affrontare.
“Mi sono rivolta ai personaggi più disparati che potessero dare dei contributi e ciascuno l’ha fatto in modo assolutamente originale, andando oltre lo spunto da cui sono partita io, cioè quello delle mie classi e dei giovani”, spiega la De Filippis. “Particolare è il testo dell’urbanista Marco Romano, che dice delle cose importantissime a proposito della civitas: fa un excursus di quella che è la città dal Medioevo fino ai tempi contemporanei e dice che in realtà questa paura dell’altro che noi viviamo quotidianamente trova le sue radici nella civitas delle origini. La città nasce come un’alleanza di liberi cittadini e nasce all’impronta dell’individualismo, non dei legami, di clan. Tutti coloro che invece si presentano come nuclei separati, gruppi chiusi, vengono percepiti come estranei e temibili e di conseguenza ecco lo spingere verso le periferie gruppi etnici che arrivano dal mondo arabo: i risultati ce li abbiamo sotto gli occhi, con il fondamentalismo islamico e tutto ciò che ne è conseguito.”
Secondo Fabio Dei, invece, la paura non può essere considerata un’opinione: tutte le paure che poi vengono cavalcate in modo pericoloso, sono tali perché non vengono ascoltate.
Qui la De Filippis torna sui ragazzi, che vanno ascoltati anche quando dicono cose terribili: dai ragazzi si deve essere pronti ad ascoltare il peggio e ascoltarli è l’unico modo per capirli e per creare un ponte tra noi e loro. Perché raramente confessano le proprie paure: le manifestano nei comportamenti di tutti i giorni.
“Da parte tua mi sembra di leggere una critica nei confronti di un atteggiamento da parte degli educatori troppo accondiscendente. Il perdono concesso a priori senza pentimento: che danni può aver prodotto secondo te questo atteggiamento? Può aver aumentato le paure di questi ragazzi che sono poco abituati ad essere fortificati?” domanda la Lombardi.
“Io credo che abbia portato molti danni,” ammette la De Filippis. “I ragazzi hanno bisogno di una guida, il peggior nemico a quell’età è il se stesso abbandonato a se stesso. La paura di un’educazione in cui si dica di no e si faccia comprendere come determinati atteggiamenti possano corrispondere delle sanzioni è quasi scomparsa.”
Quando si trova un canale giusto di comunicazione con loro, i ragazzi sanno davvero sorprendere: è allora che lasciano cadere le proprie barriere e riescono a parlare anche di paure serie, come quella della morte. Non è vero che non sono interessati a niente ma ci deve essere qualcosa che le faccia cadere giù.
Dovremmo dunque iniziare proprio dalle giovani generazioni a costruire una realtà e un presente che in cui rendersi conto dei propri limiti e affrontarli.