Ricerca scientifica? Sì, ma alternativa
La sperimentazione animale è il modello più utilizzato per la ricerca ai fini scientifici, eppure esistono metodi alternativi ed etici di cui poco si parla e con delle eccellenze tutte italiane
di Alessandra Bernardo
su Twitter @alebernardo79
È il decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014, attuativo della Direttiva 63/2010 CE, che disciplina, in Italia, la sperimentazione animale ai fini scientifici, una normativa il cui scopo sarebbe quello di migliorare le condizioni di vita degli animali da laboratorio per arrivare un giorno a sostituire, ridurne il numero e migliorare le condizioni sperimentali degli animali.
Il decreto, così come legiferato, spinge verso l’adozione di metodi sostitutivi e alternativi, ma “la mancanza di fondi e la scarsa informazione a disposizione degli operatori del settore sono i principali fattori di rallentamento rispetto agli altri Paesi Europei”, spiega la dottoressa Candida Nastrucci, Biologo molecolare e Biochimico Clinico, esperta in metodi alternativi (DPhil University of Oxford).
“In Italia, prosegue la dottoressa, per quanto riguarda la ricerca e la divulgazione di metodi alternativi sostitutivi nelle Università o negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, tutto è lasciato alla buona volontà del singolo docente o ricercatore. Le alternative sostitutive oggi non sono divulgate adeguatamente e quindi non conoscendole e non essendo diffuse non sono usate dai ricercatori come si potrebbe. Si pensi che non esiste un singolo esame all’interno di un corso di laurea universitario in Italia che si occupi di insegnarle o di implementarle”.
L’Italia per recepire la Direttiva europea ha stanziato 500.000 mila euro, da dividere tra i 10 Istituti Zooprofilattici Nazionali, 50.000 euro ciascuno, con la finalità “di fornire consulenza sulla pertinenza normativa e sull’idoneità degli approcci alternativi proposti per gli studi di convalida”, nessun finanziamento, quindi, per la ricerca alternativa e sostitutiva. Gran Bretagna e Germania, ad esempio, stanziano dai 7 ai 70 milioni di euro l’anno, anche per singoli progetti nazionali.
Qualcosa però si sta muovendo, specialmente tra gli operatori del settore che, oltre a una scelta etica, sostengono e dimostrano che una ricerca alternativa e sostitutiva esiste ed è possibile. In Sicilia, a Scicli, è nato da poco il “Parco Scientifico Salipetra”, che promuove una ricerca etica senza l’utilizzo di animali e nel rispetto dell’ambiente. Il team dell’Istituto di Ricerca Scientifica SESP composto da Elvira Adamo, Responsabile Comunicazione e Fund Raising, Marika Iabichella, Psicologa del Lavoro e delle Organizzazioni, Daniele Tedeschi, Biologo, Fisiologo e Nutrizionista, si occupa di sviluppare e implementare la ricerca scientifica senza l’uso di modelli animali e nel pieno rispetto dell’ambiente.
Un progetto, questo, che va oltre la semplice ricerca e che coinvolge anche la società civile, l’istituto di ricerca, infatti, “sarà un parco scientifico per la formazione non solo di altri scienziati ma anche della società civile, con momenti e movimenti culturali aperti e interdisciplinari fino alle arti umanistiche. Sarà un’area aperta in cui associazioni e società civile possano entrare liberamente”.
Nella ricerca scientifica la maggior parte degli esperimenti compiuti sugli animali sono quelli inerenti i “test di tossicità” obbligatori per legge, ovvero quelli che dovrebbero accertare la pericolosità di una data sostanza chimica per l’uomo, altri esperimenti sono compiuti sugli animali nella ricerca biomedica di base, per lo studio delle malattie. Orbene, la finalità etica e scientifica della ricerca alternativa è la completa sostituzione della tecnologia dei test in laboratorio su animali vivi.
Ebbene eccellenze in campo di ricerca alternativa ci sono e sono italiane. Elena Kummer, giovane ricercatrice bergamasca, è tra i vincitori del Lush Prize 2015, il più ambito premio internazionale nel campo della sperimentazione non animale. Ogni anno, l’omonima azienda britannica leader nella produzione di cosmesi naturale, assegna un fondo complessivo di 250.000 sterline a progetti che nascono e si sviluppano con l’obiettivo di eliminare la sperimentazione animale nella tossicologia.
La ricercatrice italiana si è così aggiudicata 10.000 sterline per il suo progetto sugli allergeni studiato e sviluppato presso l’Università di Milano, al momento dell’assegnazione del premio ha dichiarato: “Con questo premio potrò lavorare per un altro anno nel laboratorio di Tossicologia per cercare di dare un contributo allo sviluppo dei metodi alternativi, soprattutto per la valutazione della potenza degli allergeni, cosa che attualmente è possibile valutare solo in vivo. Sono davvero molto orgogliosa di questo premio, che potrà rappresentare un passo avanti nell’abolizione della sperimentazione sugli animali in ambito cosmetico”. Il Lush Prize 2016 è stato vinto da un’altra italiana, Giorgia Pallocca, ricercatrice all’università di Costanza, che sta curando un progetto sullo studio di tossicità sulle cellule della cresta neurale, ovvero come sostanze chimiche come pesticidi o medicinali possono impattare sullo sviluppo embrionale.
Finanziare e attivare metodi sostitutivi alla sperimentazione animale è dunque possibile e rappresenta un’ottima soluzione alla ricerca scientifica tradizionale. Una ricerca etica, alternativa e consapevole, che tuteli l’uomo, gli animali e l’ambiente. Per portare avanti questi progetti c’è, però, la necessità di ottenere finanziamenti pari a quelli impiegati per la ricerca tradizionale, solo allora si potrà fare buona ricerca, nel pieno rispetto di tutte le specie viventi, siano esse umane o animali.
Che bello sapere che qualcosa si sta muovendo contro la barbarie della sperimentazione animale!!
Apprendere che il sud è ancora una volta all’avanguardia mi lusinga enormemente!! Questo è un bell’esempio di buona stampa, grazie.