La favola di Melbourne
Il primo Slam della stagione si apre con delle grandi sorprese: negli Australian Open escono prematuramente i numeri 1 ed ecco i grandi ritorni degli idoli nelle due finali storiche: Venus-Serena Williams nel femminile e Federer-Nadal nel maschile
di Sergio Basilio
su Twitter @TagoSergio23
L’edizione degli Australian Open del 2017 si è appena conclusa, ma ciò a cui tutto il mondo ha assistito in queste due lunghe settimane di gennaio non è stato (solo) un grande torneo di uno sport chiamato Tennis, ma qualcosa di più bello, qualcosa di più romantico, qualcosa di magico o di fiabesco. E come in ogni bella favola che si rispetti, ci ricorda il semiologo Greimas con il suo schema narrativo, abbiamo un Principe, una Principessa, lo stregone che dona agli eroi il mezzo con il quale trionfare e gli antagonisti.
Dei protagonisti parleremo poi, prima dobbiamo soffermarci sugli antagonisti, quei cavalieri e quelle dame che ambivano alla coppa lucente, al prestigioso trono dei migliori del mondo.
Ogni torneo ha ovviamente i suoi favoriti e i suoi outsider, tra i primi rientrava Angelique Kerber, detentrice del titolo vinto l’anno scorso e numero 1 nel ranking, che però, dopo essersi sbarazzata della Witthoeft e di Kristyna Pliskova, ha sbattuto contro il ciclone CoCo Vandeweghe, venendo letteralmente spazzata via con un 6-2 6-3. Caduta la regina del torneo, inesorabilmente si apre la corsa all’oro per il posto vacante di regnante sull’Australia: Muguruza, Kuznetsova, Konta, tutte le abilissime tenniste del momento sanno di potercela fare e sono protagoniste di incontri bellissimi, tranne le nostre italiane purtroppo fuori dai giochi che contano dopo i primi turni. Al quarto turno la russa Kuznetsova cede il passo 6-3 6-3 alla connazionale Pavlyuchenkova, che approda ai quarti di finale contro Venus Williams,
Sì, perché mentre il resto delle campionesse della racchetta battagliano guadagnandosi posizioni su posizioni, le due sorelle Williams stanno letteralmente divorando il terreno di gioco sotto ogni avversaria che capita loro davanti. Venus ha passato il primo turno superando la Kozlova, poi è toccato a Voegele e Barthel. Le vittime di Serena invece si chiamano Bencic, Safarova, Gibbs, Strycova.
I quarti di finale sono bellissimi con la Muguruza che regge un solo set (6-4 6-0) contro la forma eccezionale di CoCo Vandeweghe, Venus strappa due set combattutissimi alla Pavlyuchenkova e si regala una gran semifinale contro la connazionale. Dall’altra parte del tabellone il match in assoluto più bello lo regalano Karolina Pliskova e Marjana Lucic-Baroni, vinto dopo tre lunghissimi set dalla croata con il risultato di 6-4 3-6 6-4. Serena Williams invece supera in maniera agevole Johanna Konta.
Ma arrivati a questo punto, bastava guardare tre secondi il tabellone per capire quale finale si poteva materializzare se il talento, la fame di vittorie e la forza inarrestabile delle sorelle Williams avesse spinto le porte per l’ennesima finale “tutta in famiglia”. Venus dovrà faticare ancora un po’ per raggiungere la storia, perché la Vandeweghe risulta davvero un’avversaria ostica da superare e tutto ciò conferma il fatto che, CoCo, non è arrivata fino a una semifinale degli Australian Open per caso, ma grazie a un gioco spettacolare e pragmatico messo al servizio del suo grande talento. L’incontro è vibrante e vinto da Venus grazie a un 6-7, 6-2, 6-3. La “piccola” Serena per non essere da meno termina velocemente la croata 6-2, 6-1, la finale “tutta in famiglia” è servita.
Nel frattempo anche il lato maschile del torneo ha regalato sorprendenti risultati fin dalle prime battute. L’italiano Andreas Seppi dopo una lunghissima partita a scacchi contro Mathieu (vinta 6-4 7-6 6-7 7-5) gioca un match stoico contro l’idolo di casa Kyrgios, aiutato anche dalla giornata “no” dell’australiano. L’azzurro con costanza, resistenza e metodo porta a casa una vittoria stupenda che lo proietta al terzo turno contro Darcis; Anche qui altro capolavoro dell’italiano sul belga (4-6 6-4 7-6 7-6) e applausi a scena aperta. La sua corsa si ferma agli ottavi affrontando Wawrinka, alzando bandiera bianca per ben tre volte sul 6-7. Lo svizzero successivamente batterà Tsonga ai quarti (in quello che ormai sembra un classico moderno del tennis di oggi) e si fermerà in semifinale.
I grandi totem sembrano non avere problemi, Djokovic in grande forma procede spedito verso gli incontri che contano affermando che “qui si sente a casa”, peccato però che al secondo turno un incontro più complesso del previsto con Istomin lo escluderà clamorosamente dalle fasi calde del torneo. Nishikori e Raonic non deludono le aspettative mentre Murray sembra invece un passo indietro rispetto agli altri soffrendo un po’ di più i primi match. Tutta la difficoltà dello scozzese viene messa in luce nel quarto turno, contro Mischa Zverev: dopo aver perso il primo set (5-7) e aver vinto il secondo (7-5), perde clamorosamente il terzo (6-2) e anche il quarto (6-4), salutando anticipatamente il primo grande torneo dell’anno, perseguitato, forse, dai troppi fantasmi per un trofeo mai vinto che pesa come un gravoso masso su quella racchetta da sollevare.
Mancano ancora due tennisti all’appello, due atleti, due signori che hanno addosso la nomina di fenomeni e che qui in Australia un po’ tutti si son permessi di etichettare come outsider. Etichetta che per età e acciacchi fisici degli ultimi anni ci sta tutta, i fenomeni lo sanno, annuiscono e procedono a testa bassa. Ma questa terra lontana dal mondo comune e dalle regole che lo governano, sembra soverchiare tutto ciò che di scontato ci sia nel solito svolgimento della vita e quindi nello sport.
Roger Federer, il re decaduto dal corpo logoro dal tempo e dalle mille battaglie e Rafa Nadal, suo acerrimo avversario su ogni tipo di terreno, sembrano riacquistare il vigore di una volta, la forza e l’esplosività nei muscoli che tutti noi avevamo ammirato negli anni d’oro, quando questi due campioni dominavano nella loro disciplina. E non parliamo (solo) di energia fisica ma anche emotivo, li vediamo emozionarsi ed esultare ad ogni punto, ad ogni incontro vinto come se avessero vent’anni. Roger l’aveva (pre)detto: “Partire da outsider non mi dispiace affatto, anzi mi diverte quasi”.
Lo svizzero batte Melzer nel 1° turno, Rubin nel secondo, Berdych in un bellissimo terzo turno, poi arrivato al quarto turno affronta il giapponese Nishikori ed è lì che il nostro eroe (sempre nella narrativa classica con una lettura semiotica) acquisisce dal mago l’oggetto, in questo caso la consapevolezza, di potercela fare, di realizzare l’impossibile: batte il tennista nipponico dopo un interminabilepartita e cinque set e la cosa che salta subito agli occhi non è la classe, superiore e mai scemata, ma la prestanza fisica, come tiene bene il campo, come COPRE bene il campo.
Da questo momento in poi Roger instilla colpi da maestro che sono una delizia per gli occhi di chi lo osserva e un incubo ricorrente per chi deve affrontarlo. Riporta a scuola di tennis Mischa Zverev nei quarti e batte dopo una match stupefacente il connazionale Wawrinka e nel momento esatto in cui approda in finale, tutto il mondo sa bene quale può essere l’unica finale possibile, se dall’altra parte del tabellone c’è Rafa Nadal.
Lo spagnolo dal canto suo ha mietuto vittime illustri come Alexander Zverev, Monfils, Raonic e in semifinale, con tutto il mondo sportivo che tifava per lui non poteva che vincere, anche se in cinque set, contro Dimitrov.
Le due finali, maschile e femminile sono diverse tra loro: le due sorelle Williams si danno battaglia sapendo però bene chi delle due avrà la meglio, si vede nei colpi e nello strapotere fisico che mette nel servizio Serena. Finisce 6-4 6-4 con l’ennesimo trionfo della più piccola delle sorelle (23° Slam in carriera) e un immenso applauso per Venus: per lei essere arrivata lì, in quella finale, è già una grandissima soddisfazione, oltre che un “premio alla carriera”.
La finale maschile invece, è un inno al tennis, quello puro, c’è della poesia nel vedere quei due distinti signori che lottano ancora una volta a specchio, uno di fronte all’altro ; il pubblico è estasiato perché ha (abbiamo) bisogno delle rivalità, sane, genuine, Federer–Nadal ormai rasenta la mitologia, come lo era Alì contro Frazier, come Coppi e Bartali. Il match è bellissimo, senza esclusione di colpi, che culmina con quei ventisei scambi che lo svizzero si aggiudica mandando dritto vincente da una parte e lo spagnolo dall’altra. L’ultimo punto è la perfetta chiusura thriller diretta da qualcuno dall’alto, con tutto il tempio di Melbourne che attende in silenzio la verità del punto sullo schermo e la gioia incontenibile di un ragazzino di trentacinque anni che vince il suo diciottesimo titolo dello Slam e si rimette addosso quella corona da Re che gli calza in maniera perfetta ed elegante.
Il finale è ancora meglio, con un abbraccio vero tra i due campioni e le parole di stima purissima da parte dello svizzero affermando prima, che avrebbe benissimo accettato il pareggio contro lo spagnolo e poi che “non esiste Federer senza Nadal”, noi aggiungiamo che non esiste il Tennis senza Federer e Nadal.
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