La Romania urla “NO” alla corruzione
Il decreto salva corrotti ha dato il via alla più grande manifestazione di protesta dai tempi della rivoluzione: ritirata l’ordinanza, il ministro della Giustizia Iardache è stato costretto alle dimissioni
di Sara Gullace
su Twitter @nottemare
Ad un mese dal suo insediamento, il governo di alleanza socialista e liberale guidato da Sorin Grindeanu ha traballato fortemente. Dall’inizio di Febbraio centinaia di migliaia di persone continuano a manifestare nelle piazze di Bucarest e in altre città della Romania contro il decreto “salva-corrotti”. Oltre 400 mila cittadini, secondo i media locali, manifestazione più grande manifestazione del post Ceausescu nella Capitale. Dopo un fine settimana di fuoco, il 7 Febbraio scorso il decreto è stato ritirato. Sorin Grindeanu ha riconosciuto le ragioni della popolazione: “La gente ha il diritto di manifestare – ha assicurato – riconosciamo l’insoddisfazione generalizzata, per cui ritiriamo l’ordinanza.
La miccia era però accesa e l’ondata di protesta non ha fatto passi indietro ma ha, anzi, alzato il tiro chiedendo le dimissioni dell’esecutivo eletto poche settimane prima, verso il quale la fiducia è già ai minimi termini. Mercoledì 8 febbraio il governo ha affrontato la mozione di sfiducia firmata da 123 deputati dell’opposizione, riuscendo però a confermarsi: 232 voti contrari e solo 161 favorevoli – per essere accolta la mozione avrebbe dovuto superare il 50% dei seggi. Non ci saranno nuove elezioni, quindi – almeno, non per ora.
Per il momento, l’unica testa a saltare è stata quella del ministro di Giustizia Florin Iardache – firmatario del criticato decreto – che è stato costretto a dimettersi benché abbia insistito fino all’ultimo che “dal primo giorno del mio incarico – la sua difesa – ho fronteggiato diverse problematiche ereditate dal precedente governo. Ma l’ho fatto nel rispetto della legalità, così come sto facendo tutt’ora. Prendo atto dell’insoddisfazione generale della popolazione – ha concluso – e lascio l’incarico”. E solo su quest’ultimo punto deve aver trovato il consenso dell’opinione pubblica. A ricoprire ad interim il ruolo di Ministro di Giustizia sarà Ana Birchall, già delegata per gli Affari Europei: la nomina è stata suggerita dallo stesso Grindeanu.
In concreto, l’Ordinanza 13 (questo il nome del decreto) avrebbe depenalizzato il reato di corruzione se le somme in questione non avessero superato l’equivalente di 48mila dollari, ridotto a un massimo di 3 anni la detenzione per abuso di ufficio e un massimo di 12 mesi il reato di discriminazione da parte di pubblici ufficiali. Per questi ultimi sarebbe anche stato fortemente ridotto il conflitto di interessi mentre la negligenza a lavoro sarebbe scomparsa dal codice. Creato ad hoc per tante figure del panorama politico, sarebbe stato un colpo di spugna alle loro fedine penali.
Tra tutti, nell’occhio del ciclone il leader del partito social-democratico Liviu Dragnea: condannato per frode elettorale, aveva partecipato attivamente all’ultima campagna elettorale del PSD ma non aveva trovato il consenso del Presidente della Repubblica Iohannis non per la sua nomina a primo ministro.
Benché siano trascorsi alcuni giorni, la determinazione dei cittadini per un nuovo esecutivo non è affatto scemata: domenica scorsa 50 mila persone si sono presentate al cospetto del Parlamento per il tredicesimo giorno consecutivo, sventolando bandiere in modo tale da comporre una bandiera romena. I moti di Bucarest non sono solo espressione di malcontento verso alcune scelte governative sbagliate, ma una denuncia costante e pressante verso un intero modo di fare politica, contro il vigente sistema. I moti di Bucarest, soprattutto, stanno diventando espressione di un’identità nazionale.
Ne è ben consapevole Laura Codruta Kovesi, da tre anni a capo della Directia Nationala Anticoruptie, DNA, l’autorità giudiziaria romena per la lotta alla corruzione: “Sempre più romeni – ha spiegato qualche giorno fa ad un quotidiano italiano – si sentono citoyens, cittadini, vogliono vivere liberi dalla corruzione, la lotta alla corruzione è tema sempre più centrale nel dibattito pubblico”. La corruzione è un problema non nuovo in Romania e diversi sono stati i tentativi da parte dell’elite politica di arginare condanne e incriminazioni: “Ho visto molte proposte di emendamenti legislativi – ha spiegato ancora la Direttrice – che avrebbero avuto conseguenze negative per le nostre capacità operative”.
Il rischio che l’ultimo decreto possa tornare ad essere preso in considerazione, inoltre, non è troppo lontano: la revoca formale del Governo è arrivata, si; ma pare contenga alcuni vizi di forma che potrebbero valere l’incostituzionalità della revoca stessa.