Teatro dell’Orologio: quale futuro?

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Una delle realtà culturali più attive e innovative di Roma è stata chiusa due sere fa con un intervento della Questura, che ha messo i sigilli alla storica multisala a causa della mancanza di un’uscita di sicurezza. Per approfondire la delicata situazione abbiamo intervistato Gianluca Cheli, responsabile progettazione, comunicazione e promozione del teatro

di Graziano Rossi
su Twitter @grazianorossi

teatro-orologio_2Gianluca, per voi è stato un fulmine a ciel sereno.
Un fulmine a ciel sereno lo è stato nella misura in cui pensavamo di essere in una condizione di risoluzione del problema, perché comunque noi facciamo attività come circolo privato per i soci. Nonostante questo, il nostro desiderio era quello di far crescere una parte della struttura, che è la parte che abbiamo ristrutturato, rendendola agibile per il pubblico spettacolo. Era un processo molto lento, ce ne rendevamo conto perfettamente, ma eravamo convinti di essere in un processo risolutore, che andasse dritto alla risoluzione di questo problema. Quindi è stato assolutamente un fulmine a ciel sereno per noi.

Cosa è successo effettivamente la sera del 16 febbraio?
Abbiamo ricevuto una visita da parte di 8 agenti, quattro della polizia amministrativa, due ispettori del lavoro e due vigili del fuoco. Quindi era un gruppo ben strutturato che ha fatto un controllo che è andato avanti dalle 19.30 fino a mezzanotte inoltrata e poi ha portato alla chiusura per motivi di sicurezza dei locali.

Giovedì avevate in programma spettacoli?
Avevamo in programma due spettacoli alle 20, Combustibili e Madama Bovary, e alle ore 21:30 Liberi Tutti.

Gli spettacoli sono stati annullati?
No, abbiamo gentilmente chiesto alle forze dell’ordine di permetterci di andare in scena, e per loro è stato anche un modo per monitorare tutto quanto lo svolgimento dell’attività all’interno dei nostri spazi.

Farete manifestazioni o sit-in in favore della riapertura del Teatro dell’Orologio?
Domani (oggi, ndr), alle 12, ci riuniamo in Piazza dell’Orologio. Non abbiamo previsto un sit-in né una manifestazione, ma un incontro: abbiamo bisogno di ricevere un po’ di affetto da parte delle persone che vogliono bene al nostro spazio, perché siamo stanchi, provati e demoralizzati. Quindi l’incontro non ha nessuna valenza politica, ma è soltanto il tentativo di far vedere quante persone vogliono bene a quel posto; si cerca di trovare una soluzione, partendo da quel gruppo di persone che desidera partecipare. Non c’è nessun intento di protesta.

teatro-orologioGianluca, a tuo avviso quali potrebbero essere le prossime mosse del Comune?
Chi lo sa! Non ne ho idea. Non abbiamo assolutamente idea. Noi crediamo, speriamo, che ci sia la volontà di trovare una soluzione. Da parte nostra c’è la massima disponibilità e la massima apertura, come già in passato; il cercare di risolvere qualsiasi tipo di problematica di natura e strutturale e burocratica: quindi non muta adesso la nostra disponibilità.

Mi hai detto che era in atto un processo di “normalizzazione” della struttura, ma effettivamente a che punto era? E, nel pratico, di cosa vi stavate occupando?
Hai presente quando fai una maratona, vedi la parte finale, inciampi e ti passano davanti gli altri? Noi siamo arrivati a un passo dal traguardo finale. A spese nostre abbiamo fatto un intervento in un immobile di proprietà di Roma Capitale come associazione, e quando stavamo per arrivare alle uscite di sicurezza, abbiamo avuto un blocco da parte della Sovrintendenza per del materiale che è stato ritrovato. Noi siamo nella cantina di uno dei palazzi storici più importanti di Roma, quindi l’obiettivo è trovare una soluzione: nessuno ha intenzione di procedere senza tenere cura del bene, anzi. Voglio sottolineare anche un’altra cosa: rispetto alla questione lavoro non è stato trovato niente fuori posto, non c’era nessuno che non fosse in regola. Il nostro teatro, nonostante sia un’associazione, ogni anno paga oltre 20mila euro di Siae, per non parlare degli oneri sociali che versiamo. Noi cerchiamo veramente di fare impresa culturale.

Un appello rispetto a chi verrà oggi davanti all’Orologio e alla cultura romana, che in tante “piccole” piazze va avanti da anni?
Speriamo che questa sia anche un’occasione per ritrovarci tutti insieme, ci sarà anche l’incontro del 25 febbraio al Teatro Indira penso che questi siano dei piccoli passi. Se dobbiamo essere noi la prima vittima sacrificale per riaprire un ragionamento sul sistema culturale e teatrale della città, ben venga. Noi ci siamo, siamo pronti a metterci a tavola a discutere.

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