Nazionale di marzo: è tempo di primavera azzurra
Per il ct Ventura due vittorie su due gare in questo Marzo (contro Albania e Olanda) inserendo tanti ottimi giovani nella nazionale azzurra che, oltre a portare a un ricambio generazionale, sembra dare il via a qualcosa di ben più importante
di Sergio Basilio
su Twitter @TagoSergio23
Fine marzo, inizio della primavera, snodo cruciale della stagione calcistica e spesso anche tempo di mini bilanci in Nazionale. Nella settimana azzurra appena trascorsa, la squadra guidata da Gianpiero Ventura in panca, ha battuto 2-0 l’Albania nel match di venerdì scorso a Palermo (gara valida per le qualificazioni ai Mondiali di Russia del 2018) portandosi a casa tre punti fondamentali per il testa a testa finale con la Spagna (che avrà il suo apice nello scontro diretto del 2 Settembre) e ha superato in amichevole un’Olanda rimaneggiata nella serata di martedì che ha regalato a tifosi e squadra fiducia, risposte nelle scelte fatte e punti nel ranking FIFA.
A saltar subito all’occhio è la verdissima età media dei nostri ragazzi scesa di molto rispetto anche solo alla prima panchina di mister Ventura, a settembre 2016 con la Francia. Tanti i giovani convocati per questi due impegni e quasi tutti impiegati. Osservando bene il lavoro svolto sul campo, il metodo di inserimento e la mentalità che pian piano e in silenzio il commissario tecnico sta trasmettendo viene istintivo pensare che qualcosa di veramente importante si sta, finalmente, cominciando a fare per questa Nazionale.
Facciamo un passo indietro: Giugno 2014, l’Italia di Cesare Prandelli carica di aspettative usciva brutalmente dai Mondiali in Brasile sotto una fortissima pioggia di critiche nei confronti non solo dell’allenatore bresciano, ma di tutta la struttura della Federazione, per scuotere giustamente un calcio del nostro Paese definito malato, obsoleto, arretrato. Si imputava la colpa alle giovanili gestite malissimo e abbandonate a loro stesse, alla mancanza di giovani in grado di poter dare un vero salto di qualità alla nazionale azzurra come invece era avvenuto negli anni precedenti in Germania, Olanda e persino Francia.
Arrivò poi il tempo di Antonio Conte, che in un biennio ha portato l’Italia a sfiorare l’impresa delle semifinali dell’Europeo 2016 in Francia e soprattutto al nuovo romanticismo azzurro, un ritrovato innamoramento per la maglia e un attaccamento come non si vedeva da tanti anni; tutte cose belle ma il problema “ricambio generazionale” rimaneva. Più che un romanticismo la nazionale aveva bisogno di un rinascimento: Conte aveva creato una squadra discreta, combattiva ma pur sempre di breve durata, la classica candela che brucia dai due lati, con gente come Barzagli, Chiellini, De Rossi, Buffon, Pellè che al massimo avrebbe tirato la carretta fino al Mondiale di Russia e tutte le critiche e la rabbia di due anni prima per un meritare qualcosa di meglio sembravano ancora una volta finite nel cestino della carta (stampata) straccia.
Oggi, come nelle antiche favole dove il predestinato faceva la sua comparsa nel momento più buio dell’umanità, sembra esserci finalmente una vera e nitida luce in fondo al tunnel: sembra essere esplosa, nel giro di pochi mesi, una fucina di campioncini, una linea verde, anzi verdissima, come non si vedeva da tempo e Ventura, paradossalmente, sembra l’uomo giusto per coltivarla. Continuando ciò che aveva cominciato a Bari e poi al Torino, il commissario tecnico sta costruendo attorno a un malleabile 4-2-4 una squadra (e non una selezione) in grado di portare a casa dei risultati ma soprattutto in grado di ritagliarsi una propria identità, con un’impronta ben delineata e quasi con un eccesso di talento in alcune zone di campo (che ancora deve però maturare del tutto).
Merito di questa esplosione di talenti, questa cosiddetta “primavera azzurra”, va data in parte a squadre come l’Atalanta di Gasperini quest’anno e il Sassuolo di Di Francesco nelle ultime stagioni che hanno fatto da ponte per una miriade di giovani che in poco tempo si sono trovati dal lottare per rimanere in Serie B ad affrontare avversari ostici in Europa League. Ragazzi come Zappacosta, Sansone, Conti, Petagna, Spinazzola, Meret, può cementificare un ceppo davvero importante per il futuro.
Basta osservare l’età d’esordio di molti degli attuali “veterani” (22, 23, 22 anni) con queste new entry (18, 19, 21) per capire che qualche cosa sta realmente cambiando nella concezione di “inserire i giovani” e molto aiutano anche i club che finalmente sembrano aver preso coraggio nel buttare nella mischia subito i ragazzini che promettono bene (vedi Milan, Atalanta, Empoli).
Andando ad analizzare ruolo per ruolo la rosa troviamo dei degni sostituti in ogni settore del campo: in porta almeno fino ai mondiali del prossimo anno (la qualificazione è praticamente obbligatoria) avremo il nostro faro supremo. Gigi Buffon è ancora tra i migliori del mondo e da qualche tempo anche maturato sotto l’aspetto del “vecchietto che insegna ai giovani”. Dietro di lui un ombra di 196 cm oscura tutti gli altri portieri emergenti (Meret, Perin e Scuffet), perché Gigione Donnarumma sta bruciando tutte le tappe possibili a tempi record. Nel giro di un anno si è preso il Milan, è divenuto goloso oggetto di mercato e ha esordito in Nazionale (facendo con l’Olanda anche ottime parate), il tutto con i 18 anni appena compiuti.
In difesa dietro alla BBC composta da Barzagli, Bonucci e Chiellini, ormai in fase discendente per i due terzi ma certamente garante di solidità per i prossimi due anni, stanno crescendo due centrali fortissimi come Romagnoli e Rugani (che avrebbe bisogno di giocare molto di più), con Astori subito dietro nelle gerarchie. Sulle fasce, ruolo fondamentale del gioco di Ventura, ci sono tre giocatori che hanno ormai segnato il proprio territorio con un solco lungo tutto il campo, perché Darmian, De Sciglio e il Zappacosta visto in queste due ultime partite corrono, difendono e crossano molto bene. I vari Spinazzola e D’Ambrosio sono da valutare con il rendimento di club, senza dimenticare Alessandro Florenzi che, senza infortunio, avrebbe la maglia da titolare cucita sulla pelle: ottimo in fase di copertura, devastante nelle falcate in avanti, sa ricoprire perfettamente dai tre ai quattro ruoli nel rettangolo verde.
A centrocampo De Rossi non è eterno ma rimane ad oggi insostituibile per il doppio lavoro di libero aggiunto e primo costruttore di palloni in avanti. Marchisio in attesa di riprendersi dall’infortunio è un altro lusso che possiamo permetterci, ma il resto è tutto per i giovani come Locatelli che va inserito seppur gradualmente: Parolo nel ruolo che fu di Dino Baggio e Verratti sono gli intoccabili, ma mentre il laziale ha la sua posizione ben ritagliata sul terreno di gioco, il “parigino” deve ancora capire dove rende di più, se arretrato da regista “alla Pirlo” o da trequartista dietro le punte.
Le fasce sono di proprietà di Candreva (il miglior assist man che l’Italia può permettersi) e di Insigne con le alternative di El Shaarawy, Bernardeschi e Sansone in grado di saltare l’uomo e accentrarsi per il tiro in porta.
In avanti resiste (e convince) la scelta di Eder, oltre all’insostituibile Immobile, rinvigorito dalla cura Inzaghi alla Lazio, difficile ma non impossibile invece un ritorno di Zaza, così come all’inserimento di Pavoletti e in attesa del ritorno del vero Berardi.
Ma i due veri assi di questo rinascimento, le due pedine importanti che presto potrebbero divenire insostituibili, sono Gagliardini in mezzo al campo e Belotti al centro dell’attacco. Il primo riesce ad avere una continuità e una qualità impressionante in un centrocampo a tre o a quattro, mentre il secondo è probabilmente il centravanti completo che aspettavamo dai tempi di Bobo Vieri senza nulla togliere a Luca Toni o Gilardino. Corazzato, bravo tecnicamente, veloce, forte di testa, devastante nel contropiede, rapace in area, “Il gallo” grazie al Torino è diventato un giocatore fortissimo e dalle prospettive di crescita incalcolabili. Forse l’Italia ha trovato il suo bomber.
Una nota a parte va fatta per chi per motivi caratteriali o fisici non ha potuto dire la propria in questo ricambio generazionale: Balotelli e Giuseppe Rossi sono due che avrebbero dato moltissimo a questa Nazionale facendo da collante tra i senatori e i giovanissimi appena affacciati.
Adesso, senza scomodare paragoni insostenibili, si comincia realmente ad avere una sensazione positiva, di essere sulla strada giusta per costruire qualcosa di importante e duraturo, magari non come il primo biennio di Bearzot che portò ad Argentina ’78 o la generazione di fenomeni esplosa nei primi ’90 (con i vari Vieri, Del Piero, Albertini, Costacurta, Baggio, Pagliuca) ma sicuramente vicina alla Nazionale guidata da Vicini ad Italia ’90 piena zeppa di giovani dell’Under 21 che più di tutti ci ha divertito per gioco espresso. Siamo ancora lontani da tutto ciò ma forse forse aveva ragione Gigi Buffon quando ai giornalisti nei giorni dedicati all’Italia ha detto che “l’Italia tra qualche anno avrà la Nazionale più forte degli ultimi 20 anni”. E noi, del nostro capitano (seppur vecchietto), ci fidiamo ad occhi chiusi.