A tavola sempre più consapevoli e responsabili

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L’Italia si rivela un Paese sempre più attento alle abitudini alimentari così come rivela il rapporto Eurispes 2017: molti consumatori scelgono “allevamenti sostenibili”, cresce l’attenzione per l’origine dei prodotti e si preferisce il Km0. In netto aumento il numero di vegani

di Alessandra Bernardo
su Twitter @alebernardo79

Cambiano le abitudini alimentari degli italiani: a stabilirlo, con numeri precisi, il Rapporto Eurispes 2017, che delinea un’Italia molto più responsabile e consapevole a tavola. L’istituto di ricerca statistica, infatti, conferma la tendenza già in atto da qualche anno: sempre più consumatori prediligono una dieta completamente a base vegetale. In un anno il numero dei vegani è triplicato, sono dunque 1.800.000 gli italiani che hanno eliminato dalla dieta carne e derivati.

Nel rapporto si evidenzia che il 7,6% degli intervistati segue una dieta vegetariana o vegana, in particolare, il 4,6% si è dichiarato vegetariano (-2,5% rispetto al 2016) mentre i vegani arrivano al 3% (erano l’1% nel 2016).

La ricerca rileva come, oltre a un ampio numero di persone che per scelte di natura etica e di salute si avvicina a diete prive di prodotti di origine animale, gli italiani sono comunque sempre più interessati alla qualità dei prodotti.

Il 75,4% dei consumatori controlla, infatti, l’etichettatura e la provenienza degli alimenti, evita di acquistare prodotti nei negozi etnici (62%) e di marche che non conosce (66,9%). Si prediligono i prodotti Made in Italy (74,1%), il 53,1% acquista prodotti con marchio Dop, Igp e Doc, si preferiscono i prodotti a km zero (59,3%) e nell’80,4% quelli di stagione.

La crescente attenzione alla qualità dei prodotti, la maggiore consapevolezza di ciò che portiamo a tavola, la sensibilità per il benessere degli animali negli allevamenti e le scelte alimentari sono frutto di un cambiamento etico che si sta facendo sempre più strada. L’aumento di controlli e investigazioni hanno portato a galla irregolarità che, ogni giorno, si consumano negli allevamenti intensivi e che si concretizzano, non solo, nel maltrattamento degli animali ma, soprattutto, nelle contaminazioni della carne che compriamo.

Uno dei casi, che è balzato agli onori della cronaca, fu lo scandalo del macello Italcarni di Ghedi, in provincia di Brescia, posto sequestro e il cui processo si è concluso con due condanne e quattro patteggiamenti. Gli animali in questa struttura erano torturati prima della macellazione e l’Istituto Zooprofilattico di Torino trovò cariche batteriche cinquanta volte superiori a quelle consentite dalla legge.

L’allevamento intensivo, come pratica di allevamento industriale, oltre a essere una delle più grandi cause di maltrattamento animale, dà origine a super batteri antibiotico resistenti che sono pericolosi per la salute. Tale tipologia di allevamento rappresenta, poi, la principale forma di inquinamento dei terreni, delle acque e dei mari, contaminando la natura con tossine potenzialmente mortali.

Sempre più consumatori, fedeli alla dieta mediterranea, decidono di avvicinarsi a forme di allevamento responsabile e sostenibile” che si avvicina alle forme di allevamento “tradizionale” e che tutela maggiormente la qualità dei prodotti e il benessere degli animali.

Le nuove abitudini alimentari e il calo dei consumi di carne preoccupa, però, la Coldiretti, associazione di categoria di allevatori e agricoltori, che recentemente ha dichiarato: “ll consumo di carne in Italia non è mai stato così basso negli ultimi quindici anni. Quasi un italiano su dieci ha completamente detto addio a questo alimento.

Per conoscere da vicino il punto di vista della Coldiretti, abbiamo intervistato Giorgio Apostoli, capo servizio zootecnia, che gentilmente ha risposto alle nostre domande:

Come associazione di categoria di agricoltori e allevatori avete lamentato, negli ultimi anni, un notevole calo del consumo di carne da parte degli italiani, a tale proposito avete indagato su quali siano le cause di questa diminuzione?
Negli ultimi anni, 2014-2016, si è registrata una diminuzione dei consumi di carne fresca, che complessivamente, secondo dati forniti da Ismea ha raggiunto il 5,4 % nel 2016. In particolare, si è registrata una diminuzione del consumo di carne bovina del 6,1%, suina del 7,7%, pollame, 2%.  Soprattutto, ci risulta sia diminuito il consumo di carne d’importazione a vantaggio del consumo di carne italiana e questo, principalmente è dovuto alla percezione del consumatore che la carne made in Italy offra maggiori garanzie di qualità e salubrità rispetto a quella d’importazione. Questo aspetto è importante anche da un punto di vista economico, visto che importiamo circa il 40 % di carni bovine e suine. La diminuzione dei consumi di carne in questi anni, è stata indotta principalmente dalla campagna allarmistica seguita alla diffusione del rapporto pubblicato dall’OMS che aveva classificato come “probabilmente cancerogena per l’uomo” la carne rossa e come “cancerogeni i salumi, oltre che dalla riduzione del potere d’acquisto del consumatore a causa del perdurare della crisi economica. L’effetto del calo dei consumi ha comunque prodotto una diminuzione del numero dei bovini da carne e degli allevamenti. Sono rimasti 80mila allevamenti di bovini da carne, 5mila di maiali e 4.500 di polli da carne.

Secondo Coldiretti quali sono le azioni da intraprendere per recuperare la fetta di mercato persa? Tra queste azioni vi è anche la valorizzazione di forme di allevamento non intensivo che salvaguardino la qualità dei prodotti e restituiscano dignità agli animali?
La crescente sensibilità dei consumatori per produzioni “sostenibili”, ci spinge sempre più a impegnarci per sostenere allevamenti che assicurino il rispetto dell’ambiente ed il benessere degli animali. Da tempo Coldiretti sta assicurando il suo impegno in questa direzione e di certo lo farà anche in futuro. Siamo convinti assertori della validità della dieta mediterranea che comprende anche il consumo di carne e salumi, da consumare nella giusta quantità. Il consumo procapite di carne in Italia è tra i più bassi d’Europa, e il nostro Paese è il più sano al mondo (Bloomberg Global Health Index) anche per il consumo di carne salubre e di qualità. Del resto, nel nostro Paese migliaia di veterinari pubblici, controllano, insieme a altri soggetti (NAS, NAC, Forestali, ICQRF) i nostri allevamenti come in nessun’altra parte del mondo.  Se poi esistono ancora pochi allevamenti che non praticano benessere animale questi devono essere chiusi dalle autorità perché la colpa di pochi non ricada sui molti allevatori che hanno capito che il benessere degli animali si traduce anche in ottima qualità. Sarebbe importante far conoscere ai consumatori, attraverso un’adeguata campagna d’informazione, le caratteristiche nutrizionali e qualitative della carne che resta un importante alimento della nostra nutrizione nelle diverse fasi della nostra vita.

Sulle tavole degli italiani, dunque, è in atto un cambiamento culturale importante, siamo tutti più attenti e interessati alla qualità dei prodotti riscoprendo un’alimentazione più sana e più in linea con la tutela dell’ambiente e il benessere animale perché solo così saremo in grado di salvare noi stessi.

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Nessuna risposta

  1. Gabriella ha detto:

    Mi ci ritrovo in pieno, cara giornalista, in questa nuova tendenza italiana più attenta a ciò che porta in tavola…
    Certamente consumiamo meno carne e siamo attenti alla provenienza, prediligendo il Made in Italy e il km 0. Le denunce di vari programmi televisivi e di articoli di giornale, come questo,servono a sensibilizzare noi consumatori al rispetto dell’ambiente e degli animali, senza ,però, ostracismo preconcetto verso tutti .

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