Turchia, la vittoria di Erdoğan spacca il Paese
Referendum contestato da opposizione e Osce, ma la riforma costituzionale è approvata: storica virata verso il presidenzialismo
di Sara Gullace
su Twitter @nottemare
Recep Tayyip Erdoğan ha vinto: la Turchia diventerà una Repubblica Presidenziale. La vittoria al referendum di domenica scorsa è arrivata con minimo scarto [51,3% per il “si” contro 48,6% per il “no”] e l’indignazione dell’opposizione nonché dell’Osce, che contestano la regolarità del 37% dei voti. Il Paese al momento è spaccato in due: i pro-Erdogan e pro-si, poco più della metà della popolazione, in piazza ad acclamare il nuovo corso e l’altra (quasi) metà della Nazione fatta di filo-curdi, filo-comunisti, democratici e repubblicani sempre in piazza, ma con pentole e coperchi, per contestare l’ennesimo sopruso.
La vittoria del “si” è la vittoria delle riforme costituzionali approvate lo scorso Gennaio. Il referendum non prevedeva un quorum, per cui l’esito di misura sarà valido ed effettivo. I Repubblicani, all’opposizione, hanno denunciato irregolarità per 2 milioni e mezzo di schede – conteggiate benché non regolarmente registrate – contestandone la provenienza. La Commissione Elettorale ha convalidato il voto sostenendo di aver utilizzato schede non registrate anche in precedenti elezioni. Il CHP, partito repubblicano, ha già annunciato i dovuti ricorsi ma, intanto, il risultato è valido.
Del resto, l’opposizione aveva già recriminato per le ineguali possibilità del pre-voto, in una campagna elettorale che si è svolta in un già noto regime di repressione, controllo e censura per lo stato di emergenza che per volere di Erdoğan dura dallo scorso Luglio. Secondo i socialdemocratici (seconda forza della Nazione), minutaggio televisivo e presenza in stampa e pubblicità sono stati nettamente a vantaggio del Presidente. Così come le numerose ingerenze da parte delle figure istituzionali, anche religiose,
Postura sostenuta anche dagli osservatori esterni internazionali: nelle ultime ore l’Osce ha ribadito come le modalità pre-elettoriali e lo stesso referendum non siano adeguati allo standard democratico europeo.
Da parte sua, Erdoğan ha facilmente e velocemente chiosato su quelle che, a suo avviso, sono inferenze politicizzate: “L’UE si è schierata per il “no” più di quanto non abbia fatto la stessa opposizione. Stiano al loro posto”. Mentre l’attuale Primo Ministro, Binali Yıldırım, ha salutato il risultato delle urne come “La vittoria di tutta la Nazione. E’ la decisione del popolo – ha commentato subito dopo la proclamazione della vittoria del si”” – si scrive una nuova pagina nella nostra democrazia”.
L’esito del referendum cambierà gli equilibri della Turchia. Intanto, Erdoğan esce ulteriormente rafforzato dopo il tentato golpe del Luglio 2016. Con la nuova riforma, la Turchia ha scelto, di fatto, di mettersi nelle mani del Capo dello Stato, che vedrà aumentati i poteri decisionali politici a scapito del Parlamento – che dall’esito del referendum esce notevolmente ridimensionato. Recep Erdoğan era già stato sindaco di Istanbul, tra il 1994 ed il 1998, poi Primo Ministro per tre mandati, tra il 2003 ed il 2014. Da Agosto 2014 è presidente della Repubblica: con la nuova riforma, potrà rimanere in carica fino al 2029. Già uomo forte del panorama politico internazionale, è destinato a diventarlo sempre di più, dirottando il suo Paese verso un sistema politico sempre più vicino ad una vera e propria dittatura.
I cambiamenti previsti sono molti e decisivi. Primo aspetto: il Presidente sarà eletto direttamente dal popolo ed acquisisce anche i poteri esecutivi, in quanto soppianterà la figura del premier. In capo al Presidente anche la previsione di bilancio, i disegni di legge, la loro revisione dinanzi al Parlamento e l’eventuale richiesta di pronuncia da parte della Corte Costituzionale. Il nuovo capo dello stato, inoltre, potrà nominare e destituire vicepresidenti, ministri e funzionari governativi. Suo diritto anche il potere di emettere decreti legislativi su argomenti normalmente di competenza del governo, tranne su diritti civili e politici – ma anche su queste tematiche, in caso di emergenza, potrà intervenire con la sospensione o limitazione. Un’altra novità riguarda la possibilità di tenere legato il proprio nome alla parte politica di provenienza, per Erdoğan il partito della Giustizia e Sviluppo (AKP): un’ulteriore negazione del principio di imparzialità.
Come dicevamo, il Parlamento ne esce notevolmente ridimensionato: soprattutto, perderà il diritto di mozione di sfiducia nei confronti di presidente ed esecutivo, ma potrà inquisire il Presidente con i due terzi della maggioranza parlamentare. Il suo ruolo sarà relegato all’interrogazione e richiesta di riunione dell’esecutivo.
Cosa ci sarà da aspettarsi nel prossimo futuro da parte della Turchia? Sul fronte interno, è molto probabile un nuovo referendum, questa volta per ripristinare la pena di morte. Su quello internazionale, è facile l’intenzione di entrare nell’UE venga rivista.
Entro due settimane si attende la formalizzazione del referendum: a quel punto, la nuova Costituzione entrerà in vigore nel 2019.