Presidenziali, Francia spaccata in due
Risultato storico per la corsa all’Eliseo: socialisti e repubblicani fuori dai giochi, la sfida sarà tra l’europeista Macron e la conservatrice nazionalista Le Pen
di Sara Gullace
su Twitter @nottemare
Il primo turno delle presidenziali del 23 Aprile non ha riservato sorprese per i francesi: tra quindici giorni si sfideranno al ballottaggio il centrista e indipendente Emmanuel Macron di En Marche – che ha ottenuto il 23,9% – e la nazionalista di estrema destra Marine Le Pen – che passa il turno con il 21,4%. Restano fuori il repubblicano di destra François Fillon – che non è andato oltre il 19,9% – il candidato di estrema sinistra Jean-Luc Melanchon – che si è fermato al 19,6% – ed il socialista Benoit Hamon – che non ha ottenuto più del 6,3%.
Come da pronostico, i francesi confermano la delusione per il recente establishment e la voglia di un corso nuovo, diverso, che tagli nettamente con il passato politico del loro Paese: partito socialista e partito repubblicano sono gli sconfitti di queste elezioni. L’elettore ha premiato le promesse di ripresa economica e di innovazione istituzionale di Macron o il richiamo all’identità sovrano-nazionale della Le Pen – che ha dichiarato lotta dura al terrorismo.
La nuova Francia è un Paese spaccato in due, ideologicamente e fisicamente: Emmanuel Macron, Ministro dell’economia del governo Valls fino a Novembre 2016, quando ha scelto di fondare En Marche! per candidarsi da indipendente ha guadagnato la fiducia soprattutto nell’Ovest del Paese, acquisendo i voti che nel 2012 erano stati di Hollande. Marin Le Pen, invece, ha conquistato l’est della Francia e la Corsica, ereditando i voti di Sarkozy nelle precedenti elezioni. Il prossimo 7 Maggio si definirà la loro corsa all’Eliseo. Parigi, la capitale, conferma Macron al primo posto con il 35% delle preferenze ma relega al quinto la Le Pen – solo il 5% dei voti. Il secondo più votato, invece, è stato il repubblicano Fillon con il 27%.
La vittoria dell’uno o dell’altra, aprirà a scenari contrapposti, come opposti sono i loro programmi. Le differenze maggiori riguardano l’ottica europea, la politica estera e la questione immigrazione. Per quanto riguarda l’UE, Le Pen parla da mesi di Frexit mentre il leader di En Marche! è stato il candidato più europeista e vorrebbe proporre un nuovo modello di Unione. In politica estera, la frontista auspica un riavvicinamento con la Russia di Putin mentre Macron ne ha preso le distanze. Sul tema dell’immigrazione Marine Le Pen ha largamente fondato il suo consenso, promettendo di restituire “la Francia ai Francesi”: abolizione dello ius soli e delle misure sociali pro-stranieri così come la riduzione delle entrate a 10 mila unità annuali (contro gli attuali 200 mila). Emmanuel Macron, al contrario, ha proposto un modello di Francia aperta che si prenda le proprie responsabilità in materia di accoglienza, sottolineando l’importanza di un valido sistema di integrazione.
In politica economica, l’obiettivo comune è la riduzione del deficit: mentre la frontista punta il dito sull’assistenza sanitaria e la contribuzione al bilancio UE, il centrista vorrebbe far rientrare 60 miliardi di euro tramite l’abolizione di 120 mila posti di pubblici funzionari. Per il modello politico, prevedono entrambi alcuni cambiamenti: Le Pen proporrebbe un incarico settennale ma non rinnovabile per il capo di Stato, l’istituzione del referendum popolare e la diminuzione del numero di deputati e senatori. Anche Macron non vorrebbe confermare i tre mandati presidenziali. Inoltre, vorrebbe istituire l’obbligo della presentazione di un bilancio europeo per il Capo di Stato ed interdire l’ottenimento di diversi incarichi per i parlamentari così come la possibilità di assumere e coinvolgere familiari.
Tra gli sconfitti, François Fillon paga soprattutto lo scandalo che ha coinvolto la sua intera famiglia proprio durante la campagna elettorale: una storia di conflitti di interesse e di incarichi a moglie e figli che ha intaccato la già minata fiducia degli elettori. “La responsabilità della sconfitta è mia” – ha ammesso a caldo, riconoscendo la delusione – per poi incitare i suoi elettori a sostenere Macron al ballottaggio, votando “contro il Front National che ha una storia di intolleranza e violenza”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Benoît Hamon: “Voteremo Macron per contrastare Le Pen”. Il socialista ha dovuto riconoscere una sconfitta storica per il suo partito. Su di lui ha pesato l’eredità della gestione Hollande.
Amarezza per Jean-Luc Melenchon, anche se il miglioramento rispetto al 2012 è notevole: il Fronte di Sinistra all’epoca non era andato oltre l’11,1% mentre oggi il consenso per Francia Ribelle ha sfiorato il 20%. “Possiamo essere orgogliosi di quanto abbiamo fatto – è stato il suo commento dopo la delusione – Adesso restiamo uniti e rimaniamo in movimento”. Quanto ad indicazioni di voto, diversamente dagli altri candidati, ha richiamato alla “libertà di coscienza di ognuno”.
Alle urne, l’affluenza ha sfiorato l’80% e questi risultati completano il quadro: Nicolas Dupont-Agnan di Debout La France ha raggiunto il 4,8%, Jean Lassalle di Resistons l’1,2% mentre Philippe Poutou del Partito Anticapitalista non è andato oltre l’1,1% e Francçois Asselineau si è fermato allo 0,9% dei consensi. Hanno chiuso Nathalie Arthaud di Lotta Operaia con lo 0,7% e Jacques Cheminade di Solidarietà e Progresso con lo 0,2%.
Il 7 maggio si definirà il prossimo futuro della Francia: Le Pen punta ad una storica elezione per “Proteggere tutti i francesi” mentre Macron promette di “combattere tutti i nazionalismi”.
Una risposta
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