Virtus Roma, il commento di una regular season
Un commento sulla stagione regolare della Virtus Roma, dalla paura della retrocessione in Serie B dell’anno scorso alla sfida contro Ravenna, che sabato 29 aprile inaugura i playoff
di Edoardo Caianiello
su Twitter @edoardocaia
Non sempre è necessario partire dall’inizio, spesso la fine è buon principio per un discorso: la Virtus Roma ha chiuso la stagione regolare al quinto posto in classifica con 34 punti realizzati al netto di 17 vittorie e 13 sconfitte. La Virtus Roma è la prima per punti realizzati (2.659) per una media stagionale di 88,6 e l’ultima in quella dei punti subiti (2.588) per una media stagionale di 86,3.
Fare un passo indietro ora è necessario. Non proprio l’estate più calma e tranquilla del mondo, concetto che più di qualche tifoso romano potrebbe non trovare nuovo. Ma la stagione che si stava aprendo era quella della retrocessione scampata, dopo il playout contro Omegna, della coraggiosa fuga di Attilio Caja e della (questa sì) coraggiosa presa di responsabilità di Riccardo Esposito e che dopo una salvezza sudata chiamava a gran voce calma e tranquillità, non proprio quella che trasmette un’iscrizione a rischio ma comunque per un ricorso e per un altro, avvenuta.
Un’estate diversa dunque: una squadra da ricostruire, un budget con cui lavorare, un ambiente da coinvolgere, un campionato da giocare. E poi: un nuovo main sponsor, un nuovo sponsor tecnico.
Squadra e Budget, perché fino a prova contraria sono i giocatori a scendere sul parquet. Non si è mai nascosto il general manager Simone Giofrè nell’affermare e ribadire che il budget a disposizione non fosse quello di chi ha ambizioni alte ma piuttosto simile a quello di chi oggi si misura con i playout. La riproposizione dopo qualche tempo di contratti non solo a base annuale, la partnership con HSC a costruzione di un “quartier generale” con un volto nuovo.
La scelta dell’allenatore, Fabio Corbani, è l’incipit del discorso. Esperienza (tanta), idee chiare ed ampia conoscenza del basket giovanile, cosa che visto il campionato di Serie A2 non è proprio elemento da sottovalutare.
La scelta dei giocatori: la conferma di Giuliano Maresca (con cui è stato prolungato il contratto) e Gabriele Benetti (che ha rinnovato per due anni), quest’ultimo uno dei maggiori penalizzati dalla gestione di Attilio Caja; gli arrivi di Tommaso Baldasso (prestito triennale), Massimo Chessa, Daniele Sandri, Aristide Landi (contratto biennale), Jacopo Vedovato (contratto biennale) e dei due americani Anthony Raffa e John Brown.
Se si leggessero i nomi di questi giocatori senza contestualmente leggere quello del loro allenatore, si commetterebbe un grande errore, quello commesso ad inizio stagione. Nelle parole degli stessi protagonisti, tanto quanto in quelle di tifosi e dei famosi addetti ai lavori, intorno ai nomi ed alla squadra non c’era un entusiasmo incondizionato ma fermo alla sbarra di quelli che sarebbero stati i risultati. Dei due americani si conosceva poco se non quasi niente (soprattutto di Brown) e molti dei nomi italiani erano giocatori in cerca di un loro “riscatto”, chi per un motivo o chi per un altro.
Le risposte ai dubbi ed alle domande sono arrivate dal campionato, nel bene e nel male. La prima risposta (forse quella più importante) è che quel gruppo di giocatori è diventata una squadra, unita nelle sue forze e nei suoi punti di debolezza. La seconda è che il basket di Fabio Corbani è un’idea e nel portare avanti un’idea ci vuole coraggio, soprattutto dopo una stagione passata come quella che aveva passato Roma. Terzo: i giocatori rispettano il proprio allenatore, rispettano la sua idea percorrendola ed applicandola, i giocatori sono amici e questo fa tanto.
Esiste un piano, una programmazione che dovrebbe avere una sua maturità tra due anni quando finalmente aumenteranno il numero di promozioni, un piano a tutti gli effetti triennale di cui questo in svolgimento è il primo e dunque la base fondante.
Un primo anno in cui il percorso di crescita è indiscutibile, fatto di luci ed ombre. Il sole è il gioco espresso in campo, veloce e moderno, dinamico e coinvolgente ma che come lo stesso sole, può bruciare. Scottature necessarie se inquadrate in un processo evolutivo, che fa i conti con la “novità” della squadra, con la velocità del suo gioco, con un americano (Brown) arrivato con lo status di “rookie” e con gli infortuni: Benetti che paga una sfortuna straordinaria (ah, in bocca al lupo ragazzo) ed insieme a lui nel corso del tempo Chessa, Maresca e Baldasso. Scottature dovute anche all’impulsività, all’incoscienza degli interpreti in campo e che proprio perché si parla di “percorso” deve trasformarsi in “sana” incoscienza e non diventare coscienza pura, perché altrimenti snaturerebbe del tutto la vera anima di questa squadra che così ha anche conquistato una qualificazione in Coppa Italia, salutata proprio per questo.
John Brown è un giocatore straordinario di cui si racconta un incredibile senso umano e grande passione per il gioco, al momento tra i primi tre giocatori dell’intera lega. Anthony Raffa è uno dei simboli della Roma di cui si parla: un po’ folle nella gestione di certi possessi, geniale nella sua interpretazione di altri, umano in maniera incredibile. Chessa è la punta offensiva di questa squadra, autentica scintilla della manovra d’attacco ed elemento che più degli altri deve fare i conti con le difese e con i suoi adeguamenti. Sandri è l’uomo di Corbani in campo, braccia lunghe per difendere, corpo atletico e gambe veloci per volare in attacco, il più completo della squadra. Landi è la (mia) sorpresa: arrivato in sordina, è un punto di equilibrio importantissimo (soprattutto dopo che l’infortunio di Benetti ha chiamato i lunghi a rotazioni ridotte) che con il tiro da tre punti ed un “nuovo” gioco spalle a canestro sta assumendo una dimensionalità importante, troppo importante; Baldasso è faccia tosta, attributi fumanti, grande tecnica e la bellezza dei suoi anni, una gioia saperlo legato in maniera triennale, forse il simbolo vero di questa nuova idea di Virtus. Maresca ha faticato molto (ci si è messo poi l’infortunio) nell’entrare nel ritmo del gioco di Corbani ma difensivamente è l’ago e l’umore della squadra che sta iniziando a riavere anche i suoi canestri. Per Vedovato si era pensato ad un tipo di impiego che l’infortunio di Benetti ha inevitabilmente modificato: la speranza è che sia sempre quello di Scafati o dei confronti con Myers di Siena. C’è anche Yuri Piccolo, che sta nel suo ruolo di “under” facendo un’esperienza importante per la sua carriera e che oggi racconta una fiducia che gli consente di prendere tiri senza paura e che solo una squadra solida gli consente.
Se la Virtus Roma è prima offensivamente ed ultima difensivamente sta nel fatto che questo tipo di gioco è costruito anche sull’assunzione di determinati rischi che in maniera molto più grande si possono anche rivedere nel gioco di Mike D’Antoni ed in quello, tanto per restare in Italia, di un Meo Sacchetti per esempio. Ma è profondamente sbagliato dire che non c’è difesa, perché spesso e volentieri è grazie alla metà campo difensiva che la squadra ha trovato i due punti: sta nell’equilibrio tra le due metà campo la perfetta riuscita del processo di crescita della formazione di Corbani. Correre e farlo in maniera intelligente ed ordinata, con un buon uso degli angoli e lunghi di movimento e non monodimensionali. Ma la grande forza ed allo stesso modo la grande debolezza di questa squadra sta nel dover sempre tenere l’asticella dell’intensità molto alta ed i cali di intensità vengono sofferti in maniera profonda con dei parziali subiti forti.
L’ambiente non è dei più semplici ma un grande merito di questa squadra è aver riacceso attenzione ed entusiasmo, un grande merito del pubblico romano è che continua ad essere presente, nel presente, nonostante scosse che avrebbero fatto tentennare chiunque, nonostante decimazioni del tifo organizzato di cui sinceramente ci si chiede ancora il perché. Il futuro non è dato saperlo ma tutto sembra, al momento, preannunciare estati più tranquille e senza colpi di scena, questione “campo di gioco” esclusa. Non è il momento di criticare: la squadra ha chiaramente superato ogni aspettativa, “campo” e “presidenza” vanno scissi, ognuno nel rispetto della sua opinione, come anche il passato ed il presente, la squadra merita sostegno incondizionato e partecipazione.
E se a molti può sembrare un presente, che nonostante tutto c’è, senza futuro se non in attesa della doppia promozione, tanto vale godersi un bel momento e vedere il bicchiere mezzo pieno, se non altro per dissetarsi nel momento in cui potrebbe venire sete.
Sponsor tecnico e main sponsor. La partnership con “Eye” ha consegnato una ventata di grande freschezza con un materiale tecnico accattivante e che dopo l’annata di stop dello scorso anno ha riconsegnato ai tifosi la possibilità di poter acquistare non solo durante le partite ma anche sul web ed in negozi convenzionati.
Stupisce invece la lungimiranza commerciale di Unicusano, università telematica con sede (tra le altre) anche a Roma. È oramai storia la guerra di comunicati tra le due realtà che ora si è spostata in tribunale e che dovrebbe avere una risoluzione nel prossimo inverno. Perchè la Virtus un main sponsor lo aveva trovato, che a quanto è lecito sapere sembra che si fosse impegnato per cifre onerose viste attente valutazioni sul prodotto e l’entusiasmo che lo animava. Entusiasmo rientrato a breve secondo quanto riportato dai comunicati dell’ateneo telematico che da un giorno all’altro non ha ritenuto più la Virtus un veicolo pubblicitario idoneo alla trasmissione dei suoi valori: probabilmente hanno sbagliato anno, forse anche modalità d’uscita, alle sedi giudiziarie l’ardua sentenza.
Ora ci sono i playoff, un regno a parte, in cui l’avversario sarà Ravenna e dove tutto sarà di guadagnato, anche una sconfitta. Sarà importante divertirsi e se chi sta in campo si diverte, la Virtus Roma è un avversario scomodo, anche troppo.