Un mare che soffoca di plastica
Sono almeno 8 milioni le tonnellate di plastica che, ogni anno, finiscono negli oceani. Nei mari di tutto il mondo ci sarebbero 150 milioni di tonnellate di materiale plastico, tra le acque più inquinate il Mediterraneo, gli animali soffocano e il pericolo arriva anche nei nostri piatti
di Alessandra Bernardo
su Twitter @alebernardo79
Sono allarmanti i dati del dossier presentato a Davos, in Svizzera, all’apertura del Forum economico mondiale, in cui si mostra che i nostri oceani sono soffocati da tonnellate di plastica, nello specifico, ogni anno, circa 8 milioni di tonnellate di agenti inquinanti si riversano nelle acque del nostro Pianeta. Nel 2050, secondo le stime, nei mari ci sarà più plastica che pesci.
Soffocano gli animali che abitano queste acque che ingeriscono le microplastiche e, di conseguenza, i rischi arrivano direttamente nei nostri piatti ogni volta che portiamo a tavola del pesce. Uno studio dell’Università Politecnica delle Marche ha rilevato che si trovano tracce di microplastiche in almeno il 30% del pescato dell’Adriatico. I dati dell’associazione ambientalista Greenpeace precisano che sono almeno 170 gli organismi marini, tra vertebrati e invertebrati, che certamente ingeriscono i microframmenti.
Tra i mari più inquinati il nostro Mediterraneo, un rapporto dell’UNEP (Agenzia Ambientale delle Nazioni Unite) evidenzia che nelle acque del Mare Nostrum finiscono 731 tonnellate di rifiuti plastici, cifra che potrebbe raddoppiare entro il 2025. Il Paese che disperde più spazzatura marina nel Mediterraneo è la Turchia con 144 tonnellate al giorno, seguita da Spagna con 125 tonnellate e Italia con 89,7 tonnellate. Il problema più grande è la presenza di microplastiche (il 92% è più piccola di 5 millimetri) che vengono facilmente ingerite dai pesci con conseguenze disastrose sulla flora marina e sulla nostra stessa salute.
Uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, indica come peggior tratto marino, per presenza di microplastica, quello compreso tra la Corsica e la Toscana (10 chili di microplastiche per ogni chilometro quadrato). Il tratto migliore è, invece, a nord-est della Puglia e a largo delle coste occidentali della Sicilia e della Sardegna (2 chilogrammi di microplastica per ogni chilometro quadrato). Nell’acqua sono stati “pescati” inquinanti di tutti i tipi: polietilene, polipropilene, poliammidi e vernici.
Il problema è, dunque, preoccupante e drammatico e il nostro ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha annunciato la nascita di una task force per fronteggiare l’invasione della plastica. Undici Paesi hanno già aderito e l’iniziativa sarà affrontata anche il 10 giugno, a Bologna, durante il prossimo G7 ambiente. Il ministro ha infatti spiegato: “Il marine litter ha assunto un’importanza sempre più strategica, essendo ormai globalmente riconosciuto come una delle principali minacce non solo per gli ecosistemi ma anche per la crescita sostenibile dei nostri Paesi”.
Intanto il consorzio Castalia, partner del ministero dell’Ambiente nella lotta contro l’inquinamento marino, ha lanciato il progetto “Plastic Sea Sweeper”, meglio conosciuto come lo “spazzino del mare”, con l’obiettivo di raccogliere la plastica alla foce dei fiumi prima che finisca in mare, trasformandosi in un pericoloso inquinante. Il programma prevede l’installazione di un sistema di reti di nylon fisse, che forma una barriera galleggiante, alla foce dei fiumi utile a bloccare i rifiuti di plastica senza interferire con l’ecosistema fluviale e con il passaggio della fauna.
Castalia, a luglio scorso, ha eseguito un test alla foce del fiume Sarno, in provincia di Napoli, in cui in 12 ore, grazie a una rete posizionata in acqua, sono stati raccolti 55 chili di materiali plastici galleggianti. Dal test è risultato che il fiume trasporta in mare, anche in assenza di pioggia e in una situazione di lento deflusso delle acque, tra i 4 e i 5 chili di rifiuti di plastica all’ora.
I progetti e le intenzioni sembrano indirizzati sulla strada giusta, l’Italia deve continuare a lavorare per aiutare i nostri mari a non soffocare, impegnandosi a rivalutare quello che è un bene comune importante per tutti, tutelando la flora e la fauna marina e la nostra stessa salute.
A incoraggiare tutti noi a essere più coscienti e consapevoli delle nostre azioni, perché sono quelle che nel tempo fanno la differenza, arriva una notizia di una scoperta tutta italiana che potrebbe “salvarci” dall’inquinamento della plastica.
La ricercatrice italiana Federica Bertocchini, con un team di scienziati dell’Istituto di Biomedicina e Biotecnologia di Cantabria, in Spagna, ha scoperto la capacità di alcuni bruchi (larva della farfalla Galleria Mellonella) di biodegradare la plastica trasformandola chimicamente in glicole etilenico, conosciuto come anticongelante. Considerando che il polietilene, in discarica, richiede tra i 100 e i 400 anni di degradazione, la scoperta assume possibili sviluppi straordinari per la lotta all’inquinamento.
Paolo Bombelli, primo autore dello studio pubblicato sulla rivista Current Biology, ha dichiarato: “Se un solo enzima è responsabile di questo processo chimico, la sua riproduzione su larga scala con metodi biotecnologici dovrebbe essere fattibile. Questa scoperta potrebbe essere uno strumento importante per aiutare a sbarazzarsi dei rifiuti di plastica in polietilene accumulati nelle discariche e negli oceani”.
Domanda: il governo Gentiloni sta facendo qualcosa per affrontare questo problema?
Risposta: no