Don’t mind the gap: strategie di evasione
Il MAXXI di Roma fino al 28 maggio ospita “Please come back. Il mondo come prigione?”, mostra curata da Hou Hanru e Luigia Lonardelli ricca di interrogativi, sul concetto di limite e di libertà, dietro, fuori e oltre le mura, dalla fisicità delle carceri alla immaterialità di un universo tecnologico e iperconnesso
di Alessandra Lunetta
su Twitter @MurielMiyabi
“Prego, buona visita”, ci augura una signorina sorridente all’ingresso del MAXXI di Roma. Insieme ad alcuni amici cominciamo a percorrere le sinuose passarelle della meravigliosa struttura progettata da Zaha Hadid fino ad arrivare in una delle sale espositive. “Scusi è qui la mostra di Letizia Battaglia?”, “No, qui c’è Please come back”. Nonostante il nostro obiettivo fosse un altro, decidiamo di rimanere e fare un giro veloce. Ciò che salta prima di tutto a gli occhi è un enorme striscia al neon, proprio come quella delle insegne dei negozi, che si staglia in fondo alla sala a destra e che si snoda fino a formare la scritta “PLEASE COME BACK”. Per farla breve, vengo avvolta dalla serendipità, e, dopo aver ammirato l’esposizione della fotografa siciliana (qui la recensione di Ghigliottina), durante questa settimana ho deciso di dare voce a quella che, come un canto delle sirene, mi ha sussurrato “per favore, torna”. E infatti sono tornata.
“Il mondo come prigione?”. L’interrogativo che segue nel titolo della mostra rende subito palese l’intento dei curatori che vogliono riflettere sulla polisemia della prigione, intesa non solo come ruolo fisico ma anche metaforico; si evince inoltre, che non si vogliono dare risposte, ma solo spunti, inneschi, micce che accendano, ci si augura, un’esplosione di altre domande e punti interrogativi.
La mostra è idealmente e fattivamente divisa in tre sezioni: Dietro le mura, Fuori dalle mura, Oltre i muri.
La lettura della sala parte, quasi ergonomicamente direi, dalla parete di sinistra: le opere sono realizzate da persone che hanno realmente vissuto l’esperienza del carcere; sono presenti anche le interviste di Gianfranco Baruchello ai detenuti delle carceri di Rebibbia a Roma e di Civitavecchia. In un altro monitor vengono mostrate le planimetrie dei principali centri di detenzione della storia e del globo, strutture che si assomigliano vicendevolmente. Tutto ciò non dovrebbe stupire, ma la carrellata di immagini è significativa e porta in superficie quanto l’architettura possa essere espressione di una funzione, in questo caso, massimo controllo ed estrema sorveglianza. Le alte mura, all’interno delle quali si è reclusi e rinchiusi, non impediscono però ai detenuti di pensare a un altrove. Il muro fisico c’è ma non rappresenta un limite ed è proprio in quello spazio mentale che si può viaggiare e produrre arte.
Essendo dei privilegiati, ci collochiamo immediatamente Fuori dalle mura, in questo caso rappresentate da tre maxi schermi sui quali è possibile visionare gli esperimenti di alcuni dei 26 artisti coinvolti, come Mikhael Subotzky, che presenta i filmati forniti dalla polizia di Johannesburg in Sudafrica, e come Jill Magid, che ha realizzato i suoi video in collaborazione con il sistema di sorveglianza di Liverpool. La sensazione è la seguente: ti trovi in questo ampio spazio a guardare la vita che scorre, persone ignare di essere riprese o controllate nel tessuto urbano del quotidiano. Ti metti seduto su una delle panchine e con fare voyeuristico osservi le esistenze altrui: ti rendi conto che allo stesso tempo assumi sia le vesti di Jeff, protagonista de “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock, che quelle dei vicini spiati. Click. Si accende la prima lampadina: non è forse quello che facciamo ogni giorno accendendo il nostro smartphone e navigando compulsivamente su Facebook? Inoltre, anche noi potremmo essere, anzi siamo, immortalati dalle telecamere (di una banca, di una farmacia, della polizia) in continuazione e in nome della sicurezza.
Proseguiamo oltre, Oltre i muri, come anticipato, ed ecco che torna a catturare la nostra attenzione l’opera del collettivo Claire Fontaine, ossia PLEASE COME BACK, nata “da una riflessione degli autori sul mondo del lavoro inteso come spazio di reclusione e sullo sconfinamento della prigione al di fuori delle sue mura” e che “[…] cercherà di rispondere alla domanda: cosa vogliamo che ritorni indietro nelle nostre vite del paradiso perduto dell’età moderna?”. A questo punto cosa c’è oltre? Ci sono i documenti desecretati su cui ha lavorato Jenny Holzer; il progetto di Simon Denny che prende spunto dalle rivelazioni di Edward Snowden sul sistema di controllo della National Security Agency, la stanza nera nella quale viene proiettata l’opera di Jananne Al-Ani, immagini aeree di siti in Medio Oriente riprese da un drone in volo.
Per uscire dall’esposizione occorre sempre passare di fronte alla nostra scritta, che ormai risuona dentro come un mantra e che, alla fine del percorso, risulta forse un po’ beffarda: ci si trova lì, al limitare tra il Fuori le mura¸ con la città contemporanea e gli occhi fissi delle telecamere che rimandano al senso claustrofobico della prigione fisica e l’Oltre i muri, in cui emergono giochi di potere, ben al di sopra il nostro vivere quotidiano, deus ex machina che prima di intervenire sfruttano i flussi della rete e della tecnologia per attuare strategie di controllo e di videosorveglianza. Dunque, in un certo senso, “Torna per favore”, dove? Dietro, Fuori o Oltre?
Forse occorre tornare in se stessi e recuperare quella giusta distanza, quel giusto intervallo che serve a valutare quale sia il nostro SPAZIO inviolabile di libertà e di privacy (proprio l’8 maggio 1997 sono passati 20 anni dall’entrata in vigore della legge n.675 del 1996) in una società sempre più social, fluida in cui i vincoli, le prigioni e i limiti sussistono ma cambiano forma. Nella tube di Londra si avvisano i passeggeri di prestare attenzione all’intervallo, al vuoto: per quanto mi riguarda, “Don’t Mind the Gap” e andate a vedere la mostra.
PLEASE COME BACK. Il mondo come prigione?
MAXXI Roma, fino al 28 maggio 2017
#PleaseComeBack
Orario di apertura:
11.00 – 19.00 (mart, merc, giov, ven, dom)
11.00 – 22.00 (sabato)
Chiuso il lunedì.
Ingresso gratuito per studenti di arte e architettura dal martedì al venerdì