Grecia, nuova scure su cittadini e aziende: pensioni e sgravi fiscali nel mirino
Approvata la legge Omnibus per fare fronte al debito internazionale. Tra scontri e manifestazioni, Alexis Tsipras perde consensi
di Sara Gullace
su Twitter @nottemare
Torna l’austerità ad Atene: i creditori internazionali, l’Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale, costringono la Grecia a nuove misure di austerità. Lo scorso Giovedì, quindi, il governo di Tsipras ha approvato la legge Omnibus – che finirà per incidere duramente sui cittadini e coinvolgerà le infrastrutture statali del Paese da qui al 2021.
L’approvazione è arrivata con una maggioranza debole e in ogni caso sbilanciata verso la coalizione di maggioranza, costituita da Syriza e ANEL: su 281 deputati, 153 hanno votato a favore e ben 128 erano contrari. E l’approvazione è arrivata anche e nonostante giorni di scioperi e manifestazioni che hanno portato nelle strade della capitale 12 mila persone (secondo dati ufficiali delle autorità locali). Del resto, non è la prima volta che i greci si sentono strozzati dai debiti statali. Adesso, Atene chiede 7,5 miliardi di aiuti all’UE per fare fronte al debito di 4 miliardi che maturerà dal prossimo Luglio.
Raggiunto l’obiettivo di risparmio e copertura debito, sarà possibile applicare un piano di alleggerimento (stimato in 2 miliardi) che dovrebbe ricompensare i sacrifici dei prossimi 2-3 anni. La promessa è di poter aprire ad alcune misure di aiuto sociale per le famiglie più povere – come il sostegno prima casa, educazione ed accesso alla sanità a partire dal 2019.
In arrivo, quindi, nuovi tagli al sistema pensionistico e aumenti sulle tasse a partire dal 2019. Nello specifico, i pensionati subiranno un’ulteriore riduzione – la 14esima dal 2010 ad oggi – dal 9 al 18%, che dovrebbe garantire 2,3 miliardi di euro. E’ previsto che la riduzione dell’esenzione sull’imposta al reddito, che passerà da 8.600 a 5.600 euro (meno 3mila euro pro capite) – porti un ricavo di quasi 2 miliardi.
Omnibus, come dicevamo, non prevede solo il sacrificio diretto dei contribuenti: le principali realtà del settore infrastrutture sono chiamate a vendere quote per generare entrate di privatizzazione. Con lo sforzo di ferrovie statali, Porto di Salonicco, Aeroporto Internazionale di Atene, Hellenic Petroleum ed altri beni immobiliari, si mira a raggiungere entrare di 2,15 miliardi di euro quest’anno e 2,07 miliardi nel 2018. Inoltre, prevede uno sforzo verso la liberalizzazione – sia al settore energetico che al commercio al dettaglio.
I prossimi sacrifici si aggiungono ad altri già vissuti in passato, dato che il potere d’acquisto e il benessere pro capite non trovano respiro dall’inizio della crisi economica europea. Del resto, la Grecia è tornata in recessione: secondo dati Eurostat, la disoccupazione è al 25% (quattro volte superiore alla media europea) e il debito pubblico sfiora il 20% del Pil – che è caduto allo 0,1% nel primo trimestre (dopo essere già sceso del 1,2% a fine 2016). Dal 2010 ad oggi, l’indice di ricchezza del Paese è calato del 25%.
Nel presentare il nuovo piano di austerità il Primo Ministro Alexis Tsipras ha cercato di far guardare molto avanti, puntando tutto su quelli che dovrebbero essere i benefici una volta risolto il debito. Ma non è la prima volta che la Grecia ricorre a misure del genere per fare fronte al debito del salvataggio e l’elettorato accusa. Infatti, negli ultimi sondaggi, Syriza ha perso consensi a favore dei conservatori di centro-destra di Nuova Democrazia: il loro leader, Kyriakos Mitsotakis, ha avuto vita facile nell’accusare il governo in carica “della maggiore frode politica della storia greca”. L’obbiettivo di Mitsotakis sono nuove ed anticipate elezioni: ha, infatti, invitato Tsipras alle dimissioni per permettere “Che sia lo stesso popolo greco e decidere quale forza politica sia più adeguata a guidarlo”.
E nonostante lo sforzo, l’Eurogruppo, riunitosi a Bruxelles Lunedì scorso, non ha trovato l’accordo se procedere con il salvataggio o meno. Per il Presidente Jeroen Dijsselbloem, olandese Ministro delle Finanze, comunque “L’accordo potrebbe essere vicino”. La prossima discussione è fissata per metà giugno: in tre settimane, si tratta di far concordare Germania e FMI su come gestire il post-salvataggio nel 2018.