Gran Bretagna, May cerca l’intesa per governare
I Tories perdono terreno ed il Paese stabilità: si attende un accordo con il DUP, che dovrebbe arrivare a momenti tra molti dubbi
di Sara Gullace
su Twitter @nottemare
Una scommessa persa. Un passo falso. Un autogol. Questo sono state le ultime elezioni per il Tory, il partito conservatore dell’attuale Premier, Theresa May, che questa primavera le aveva indette di punto in bianco, con il preciso obiettivo di allargare la maggioranza a fronte delle imminenti negoziazioni Brexit con l’Unione Europea. Il partito conservatore ha vinto con una maggioranza risicata: 42,4% contro il 40% del Labour. E invece di aumentare i seggi, ha perso parecchio consenso.
Adesso, dunque, la parola chiave per spiegare la situazione britannica è instabilità. Interna: riusciranno i Tories a formare una maggioranza o saranno costretti a governare da soli? Gli analisti locali prevedono nuove elezioni già nel 2018; esterna: si riuscirà a mantenere una linea hard Brexit? O si ricorrerà ad una negoziazione più “pragmatica”, ovvero più soft? La trattativa sarebbe dovuta iniziare il prossimo 19 Giugno ma, con il raggiungimento della maggioranza in alto mare, è facile che slitti – così come già definito per la presentazione del programma legislativo alla Regina.
Una vittoria molto amara per il partito conservatore. Theresa May, in carica come Primo Ministro dal luglio del 2016, ha perso 13 seggi: rispetto ai 331 pre-elezioni, adesso può contare solamente su 318 – la maggioranza assoluta si raggiunge con 326. Il suo rivale diretto, il laburista Jeremy Corbyn, ne ha raccolti 262: 30 in più per il Labour Party rispetto a due anni fa. Seguono il Partito Nazionale Scozzese (SNP) guidato da Sturgeon con 35 seggi, anche loro in discesa (-19), il Liberal Democratici (Libdem) di Tim Farron che salgono di 4 seggi ed arrivano a 12. Gli unionisti democratici (DUP) di Arlene Foster si sono fermati a 10 seggi, quelli utili che permetterebbero ai Tories di governare. Gli indipendentisti ed euroscettici dell’UKIP guidato da Nigel Farage non conquistano posti in Parlamento.
A risultati confermati, i laburisti non hanno perso tempo a chiedere le dimissioni della May, dichiarando che “Siamo pronti a governare. Siamo noi i veri vincitori di queste elezioni”, nelle parole dello stesso Corbyn, che è uscito dal turno assolutamente rafforzato. E nonostante il leader dell’opposizione, dati alla mano, sia (almeno psicologicamente) molto vicino a dire una verità, il Primo Ministro in carica non ha fatto passi indietro ma è corsa immediatamente ai ripari, cercando un’intesa per governare. Che cerca di trovare, come dicevamo, con il DUP.
Il Partito Unionista Democratico nord irlandese è un fronte della destra conservatrice: ovviamente euroscettico e pro-brexit, si definisce, inoltre, contrario ai matrimoni omosessuali ed anti abortista, lontano da tematiche ambientali e poco sensibile a quelle del cambiamento climatico. In ambito economico, però, è di marca populista – quindi, contrario ai diversi tagli ai sistemi pensionistico e di welfare dei conservatori. Il dialogo per il raggiungimento dell’intesa si sta rivelando meno scontato del previsto. La May, Lunedì, ha garantito ai suoi deputati che l’accordo con gli unionisti non prevederebbe nessun loro potere di veto sull’agenda del Tory, soprattutto in materia di diritti civili. Ma un patto con il DUP rende perplessi molti dei deputati tories e, più in generale, lascia dubbi in quanto rischia di minare l’immagine di imparzialità del Governo britannico nella gestione dell’Irlanda del Nord. Un argomento che, in questi giorni di valutazione e incontri, dovrà essere tenuto in considerazione.
In attesa che il Governo trovi la propria strada, il primo effetto post elezioni è stato quello di far saltare diverse teste. La debacle dei seggi ha costretto i due principali consulenti della May, Nick Timothy and Fiona Hill, alle dimissioni e ad un parziale rimpasto di poltrone. In primo luogo, Damien Green sarà il numero due di Downing Street, in qualità di primo segretario di Stato e ministro di Gabinetto. Liam Fox resta ministro del Commercio internazionale, David Gauke diventa ministro di Lavoro e Pensioni sostituendo Green. Greg Clark continuerà per l’Impresa, Justine Greening è confermata segretaria all’Istruzione e per Donne e pari opportunità, David Lidington è segretario alla Giustizia al posto di Liz Truss. Sajid Javid viene riconfermato alle Comunità e governi locali. Alun Cairns è confermato per il Galles. Per il “nuovo” Governo restano ai loro posti il ministro degli Esteri Boris Johnson, degli interni Amber Rudd, il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, il ministro della Brexit David Davis e il ministro della Difesa Michael Fallon.
Decisivi i prossimi giorni: per capire la linea della nuova legislatura e, soprattutto, quella di trattative con l’UE, anche se voci vicine alla May assicurano che non ci saranno passi indietro o virate importanti sulle attuali posizioni Brexit.