Roma, il M5S e la “rivoluzione” mancata
A un anno dall’insediamento in Campidoglio rimangono ancora molte le questioni irrisolte. Dai rifiuti al trasporto pubblico passando per il decoro pubblico, la Giunta guidata da Virginia Raggi, sembra faticare non poco a mettere in pratica la “rivoluzione” promessa in campagna elettorale
di Mattia Bagnato
su Twitter @bagnato_mattia
Tic tac tic tac… l’inesorabile scorrere del tempo ha portato la giunta romana a “cinque stelle” al primo giro di boa. Il 19 giugno sarà passato un anno da quando Virginia Raggi si è insediata in Campidoglio. Tra dimissioni, polizze vita, polemiche politiche e lotte intestine per l’avventura pentastellata all’ombra del Cuppolone sembra arrivato il “giorno del giudizio”. Se i primi 100 giorni di governo della Capitale potevano sembrare uno step troppo prematuro per valutarne i risultati, 365 non lo sono più. Volenti o nolenti, Beppe Grillo e i suoi devono accettare onori ed oneri di un’esperienza fatta di alti (pochi) e bassi (apparentemente molti di più). Non si risentano i 5stelle, ma così funziona la politica.
Sul cadavere dei leoni festeggiano i cani credendo di aver vinto. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani. Recita così un noto proverbio popolare arabo. Un detto che, pur prestandosi a diverse interpretazioni (tutte metaforiche ovviamente), sembra fatto su misura per spiegare il leitmotiv dell’anno appena trascorso alla guida di Roma. Hanno festeggiato i “cani” grillini sui “cadaveri” dei “leoni democratici”, e non solo sui loro, alla vigilia dello scandalo di Mafia Capitale. Hanno fatto altrettanto, e continuano a farlo, a loro volta quanti spera(va)no di veder implodere il castello pentastellato. Nel mezzo una città con mille problemi e poche, pochissime, soluzioni all’orizzonte.
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare – Destino ha voluto, che il countdown per Virginia & Co. arrivasse proprio nel momento in cui la “banda di Beppe” usciva ammaccata dalle ultime elezioni amministrative. Sconfitta o, forse, punita da un elettorato che sembra stia perdendo la fiducia, se non addirittura la speranza, in un Movimento sempre più simile ad un partito. Nel vano tentativo di sfuggire ai temibilissimi “canguri”, infatti, Grillo e il suo insindacabile direttorio rischiano di rompere il giochino. Già di per se molto fragile. Di tutt’altro avviso, invece, coloro che insistono nel dire che la colpa della recente débâcle sia da attribuire, di riflesso, alla zoppicante gestione capitolina.
Chi tace acconsente – Da Genova fino a Palermo passando per la via Emilia con direzione Parma, non rimane che provare a mandar giù quest’indigesto rospo elettorale. Con buona pace di chi, come il fuoriuscito Federico Pizzarotti, aveva già messo tutti sugli attenti. Sono lontani anni luce, infatti, gli sbalorditivi successi del recente passato. A stupire sopra ogni cosa adesso, è questo silenzio a dir poco tombale. Sta a vedere che i grillini hanno accusato il colpo, avrà pensato qualche mala lingua. Magari, invece, hanno solo scoperto la dote l’umiltà. Quella che ti fa rimboccare le maniche.
Squadra che vince non si cambia – Di sicuro al momento c’è che la Città Eterna si è, nuovamente, rivelata per quello che è: la solita, vecchia, buccia di banana. I segnali c’erano tutti, fin dalle prime defezioni, spontanee o imposte, e dai successivi rimpasti che hanno interessato la Giunta. Bastava volerli cogliere, evidentemente. Squadra che vince non si cambia. Incalzava, però, da sopra al tetto Virginia Raggi a chi le contestava alcune nomine a dir poco discutibili. Muraro, Marra e De Dominicis sono, infatti, solo alcune delle teste che sono cadute durante questo annus horribilis grillino.
La macchina del capo ha un buco nella gomma – Dalla pessima squadra di Governo, a parlare sono i fatti, alla questione del trasporto pubblico il passo è breve. Certo, la situazione dell’Atac è un’eredità del passato e lungi da noi metterlo in discussione. È altrettanto vero, però, che tutto quanto promesso in campagna elettorale è stato via via disatteso. I pochi autobus nuovi messi in circolazione, anch’essi va detto eredità del passato, possono poco o nulla contro le decine di pullman che ogni giorno sono costretti a fare ritorno al deposito. L’idea rivoluzionaria c’era pure e doveva essere una funivia Casalotti-Battistini. Quel progetto, uno dei baluardi dell’amministrazione capitolina, pare prosegua, anzi, c’è di più: l’assessora alla mobilità Linda Meleo ha annunciato l’idea di realizzarne addirittura tre.
La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni – Lo stesso triste destino che ha colpito la più nota compagna #romaversorifiutizero. Infatti, ad un anno di distanza i rifiuti sono tutti, o quasi, ancora lì dov’erano. Viene da domandarsi perché mettere l’accento, allora, su un progetto tanto faraonico, quando il ritardo nella differenziata e l’empasse in cui versa l’Ama erano e sono sotto gli occhi di tutti. Una dramma che Roma si trascina dietro da anni, certo, ma che avrebbe dovuto far propendere per la prudenza, piuttosto che sbandierare ridicoli scenari complottistici. Come se quelle quattro t-shirt gialle fossero il mostro alato contro cui chiamare a raccolta una cittadinanza intera. #tuttotempoperso.
L’erba del vicino è sempre più verde – Con il senno di poi, sarebbe stato probabilmente molto meglio gettarsi anima e corpo nel tentativo di ripristinare e riqualificare le aree verdi abbandonate al degrado. O, magari, valorizzare al meglio i tanti siti archeologici che può vantare questa città dalla storia millenaria. Di certo, avrebbe avuto più impatto agli occhi dei romani cancellare una volta per tutte quelle orribili scritte dai monumenti. Pensare che, a sbirciare tra le pagine del sito internet dell’amministrazione comunale, tutto questo era stato previsto.
Tanto fumo e niente arrosto – Dulcis in fundo, il tasto più dolente. Soprattutto per chi, fin dai primi momenti, si è erto a paladino della trasparenza sopra ogni cosa. Ricorderanno tutti, infatti l’enfasi con cui era stata trasmessa via web la prima seduta del Consiglio comunale. La rivoluzione delle rivoluzione l’avevano ribattezzata. Peccato che di quella rivoluzione, come del resto per tutte le altre, non è rimasto niente. Solo qualche sporadico streaming delle commissioni mobilità e niente più. Il tutto, mentre ai cittadini romani non è nemmeno concesso sapere gli argomenti del giorno dato che le proposte di delibera non vengono rese pubbliche. Alla faccia della trasparenza.
Viene da chiedersi, quindi, cosa sia realmente rimasto di quel Movimento che, solo un anno fa, si candidava a stravolgere per sempre la storia della politica romana. Deciso, una volta per tutte, a riportare il potere nelle mani dei cittadini. In molti, infatti, hanno accolto Virginia Raggi come la manna dal cielo. Gli stessi che oggi, con tutta probabilità, ci penserebbero due volte prima di dare di nuovo fiducia a chi, nonostante vuoti slogan populisti, non ha la benché minima idea di come di amministra una capitale. Sembra di sentirle già, le voci di quanti sono pronti a giurare che si stava meglio quando si stava peggio.
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