Auto-rottamazioni Renzi & co.
La sinistra torna ad essere sé stessa, quella litigiosa, disunita e perdente. Lezione di machiavellismo dal centrodestra: uniti si vince
di Marco Assab
su Twitter @marcoassab
Ma non era proprio Matteo Renzi a sottolineare il fatto che, ad ogni tornata elettorale in Italia, nessuno perde e tutti sono soddisfatti? Ma allora come interpretare quel grafico, spuntato ieri come un fungo (avvelenato), sul suo profilo Twitter? Ma chi è lo spin doctor di Renzi? Un autogol comunicativo del genere non è passato inosservato ai tanti follower (e non) del segretario del Partito Democratico, che hanno dato sfogo ad abbondante e tagliente ironia.
Se proprio di sconfitta, disfatta o crollo, come hanno titolato alcuni giornali, non si vuol parlare, si riconosca almeno il netto arretramento di un PD che non riesce a ritrovarsi dopo la batosta del referendum. Renzi, come ha dimostrato il recente congresso e come avevamo già evidenziato su Ghigliottina a inizio maggio, gode di un consenso interno quanto mai ampio, ma recuperare il consenso del corpo elettorale si sta rivelando molto più difficile del previsto.
D’accordo che le elezioni comunali, da sempre, non offrono indicazioni affidabili circa le intenzioni di voto alle politiche. D’accordo che il cittadino, per eleggere il proprio sindaco, vota per l’uomo e non per il partito, ma i dati emersi restano comunque difficili da ignorare.
Nel 2012 il centrosinistra vinse in 16 capoluoghi di provincia, mentre domenica ne ha conquistati solo 7. Il centrodestra invece, che partiva con 6 primi cittadini già insediati, sale a quota 16. E l’indicazione più eclatante arriva ancora una volta, dopo le regionali, dalla Liguria. Il Governatore della regione Giovanni Toti vinse con un centrodestra unito, e lo stesso centrodestra unito è riuscito nell’impresa di strappare Genova, storica roccaforte rossa, al centrosinistra. Evidentemente la prima lezione non fu sufficiente. Altra lezione dunque, altro ceffone, a questa sinistra dilaniata da personalismi e cronicamente malata di quel frazionismo che, da sempre, l’ha relegata a forza di opposizione.
Di chi sarebbe la colpa? Non certo di un uomo solo. Bensì di un clima pessimo, nel quale tutti hanno una parte di responsabilità, anche quelli che nella “ditta” non ci stanno più, e che non si capisce bene quali velleità abbiano ancora. Il modello dell’uomo solo al comando non funziona più, Renzi deve capirlo ed aprirsi a quel che rimane della minoranza, ascoltare, fare delle correzioni e delle concessioni. Vincere un congresso non significa, poi, imporre completamente la propria linea avvalendosi della legittimazione delle urne. Vincere un congresso, diventare segretario, significa riuscire a trovare la sintesi tra le tante anime che compongono un partito, che tradotto vuol dire: concedere qualcosa, nelle giuste proporzioni.
D’altro canto potrà ritenersi soddisfatto chi ha lavorato negli ultimi anni contro il PD a guida renziana, dall’interno e dall’esterno, mettendo da parte storia e senso di appartenenza, dando preminenza allo scontro personale, con il solo risultato non di indebolire Renzi (che resta saldo alla guida del partito) ma di indebolire il partito stesso e, più in generale, tutta l’area di centrosinistra. Tra l’elevata percentuale di astenuti, sarebbe interessante rilevare quanti siano gli ex elettori delusi del PD.
Agli osservatori non sarà sfuggito che il Partito Democratico si è presentato, praticamente ovunque, da solo. Il supporto è arrivato, quasi sempre, dalle liste civiche. Dunque altra indicazione preziosa: il PD a vocazione maggioritaria, per ora, non esiste. Il PD, se va da solo, le prende di santa ragione. Il 40% delle europee è preistoria, occorre rimettere in piedi una coalizione. Ma con chi? L’unico nome che circola, anche perché si tratta dell’unica persona di buon senso che possa dialogare con Renzi scevro da rancori e patetici individualismi, è Giuliano Pisapia. Il problema però è che non si è ben capito cosa abbia Pisapia alle spalle. Un movimento? Un Partito? Un gruppo di pressione?
Lo spettro che si agita è quello della solitudine. Le acredini con gli scissionisti e le palesi divergenze con Sinistra Italiana, costringerebbero il PD a guardare altrove. Dove però, si ha l’impressione, che non ci sia proprio nessuno di plausibile, perché la riproposizione delle impopolari larghe intese davvero rischierebbe di spianare la strada di Palazzo Chigi al MoVimento 5 Stelle. O forse no, forse ha ancora qualcosa da dire Silvio Berlusconi. L’immortale.