L’INTERVISTA. “Se passeggio faccio prima”: a settembre esce il primo disco di Ennio Salomone
Il giovane artista Ennio Salomone, originario di Sciacca e romano d’adozione, per anni, con la chitarra sotto braccio e voce deandreiana, conquistava teatri e piazze di mezza Sicilia. Noi l’abbiamo ascoltato in una lunga e divertente intervista
“La favola di Coccodè” è il singolo di Ennio Salomone, che anticipa la pubblicazione del suo album d’esordio, a settembre 2017, dal titolo “Se passeggio faccio prima”, disco prodotto da Stefano Borzi per la Stemma Records. Davvero pochi in Sicilia non conoscono il giovane artista Ennio Salomone, classe 1987 originario di Sciacca e romano d’adozione che, per anni, con la chitarra sotto braccio e voce deandreiana, conquistava teatri e piazze di mezza isola. Ecco la nostra intervista.
“La favola di Coccodè” è il singolo che anticipa la pubblicazione del tuo album d’esordio “Se passeggio faccio prima”. Disco tanto atteso, soprattutto dai tuoi fan siciliani che ti hanno visto crescere professionalmente: ma cos’è la favola di Coccodè?
“La favola di Coccodè” è un gioco, una favola che tutti possono ascoltare, che tutti possono cantare. La canzone narra di un omone grande e grosso che parla, parla e non dice niente. Allora io metto gli occhiali da sole e fuggo lontano. Penso a mille cose, penso ai fatti miei. Dopo cento anni, se sono fortunato, tolgo gli occhiali e lui non c’è più.
Dalla favola, alla realtà: quando è nata la consapevolezza di voler realizzare un disco?
In realtà avevo in mente già da diverso tempo di fare un disco ma, essendo pigro a livelli cosmici, non sono mai riuscito a “chiudere” tutto quello che ho fatto in un album. Eppure ho tante di quelle canzoni da poterne fare 4. Forse serviva questa piccola emigrazione a Roma per smuovermi un po’.
Un campo di grano, tre donne e tre uomini vestiti di nero, brevi movimenti e uno schiocco di dita: come nasce l’idea di questa ambientazione per il tuo videoclip? Molto minimalista, per altro.
Io e Massimiliano Zeuli, il regista del videoclip, volevamo dare un tocco di surrealismo alle scene e rendere i personaggi quasi concettuali. È tutto un alternarsi di scherzo e serietà, di chiaro e scuro e soprattutto di felicità (della canzone) e incazzatura dei personaggi. Per quanto riguarda i balletti, io sono cresciuto a pane e Battiato, quindi non potevo fare altrimenti.
Ascoltando “La favola di Coccodè” la prima cosa che ho pensato è a quanto vi dovete esser divertiti.
Meno di quello che si può credere. Quel giorno c’era un caldo tremendo e abbiamo rischiato di scioglierci nel grano. Scherzi a parte è stata una bella esperienza per me e spero anche per i silenti attori.
Da quanti brani sarà composto il tuo album?
Il disco (che poi in realtà è un grosso EP) è composto da 8 tracce, si intitola “Se passeggio faccio prima” ed è una sorta di concept album. Una lunga passeggiata con un finale un po’ aleatorio. È stato prodotto da Stefano Borzi, produttore e amico che stimo tanto e con cui ho avuto da subito un feeling musicale molto intenso.
Ce ne sarà qualcuna che già conosciamo, oltre a “La favola di Coccodè”, o solo inediti?
Ci saranno solo inediti, canzoni che ho scritto da un paio di anni a questa parte. Le cose vecchie al momento restano nel cassetto.
Le influenze musicali del tuo disco sono ancora i vecchi amori di quando suonavi nei locali e nei teatri siciliani (De André, Battiato…) o sono subentrate nuove anime?
Naturalmente i grandi amori non si scordano mai, però, a dir la verità, di loro c’è molto poco nel disco. Ad ogni periodo della vita corrisponde un tipo di ascolto, un bisogno e un desiderio musicale diversi da quelli di qualche anno prima. Quindi è più probabile che troviate in queste canzoni un po’ di Tricarico, Artù, Dente piuttosto che Dalla, De Gregori, Fossati.
Dicono che gli artisti seguano dei particolari riti per scrivere le loro canzoni: le tue come nascono?
Le mie canzoni sbucano fuori sempre in modo diverso e in modo, per me, stupefacente. Naturalmente ogni scrittore di canzoni ha un metodo ben preciso che col tempo perfeziona. C’è chi inizia dall’ipotetico titolo, c’è chi da un motivetto musicale, c’è chi da un’idea scritta. Io sgraffigno un po’ qua un po’ là.
Da “La canzone dell’amore primario”, singolo che ha ricevuto il premio della critica GRIF al concorso Musicale città di Pescara 2009, ad oggi, come è cambiato Ennio Salomone – filosofo?
Direi tutto. Negli anni ho cambiato modo di vedere la musica, modo di intenderla, di scriverla. Oggi per me scrivere canzoni è un gioco, anche quando affronto temi importanti o emotivamente coinvolgenti. Quando scrivo cerco sempre di stupirmi in qualche modo e cerco sempre di scrivere tutto quello che vorrei ascoltare.
Cosa pensi di tutti questi talent musicali?
Il discorso sarebbe lungo. Penso che sia la conseguenza di un modo sbagliato, ferocemente televisivo e tragicamente radicato di intendere la musica. Per il resto conosco tante persone di grandissimo talento che hanno partecipato ai talent. Oggi continuano a fare la loro musica e la fanno con grande dignità. Questo mi rincuora.
Parteciperesti a qualcuno di questi?
No. Ma semplicemente perché per me la musica è un’altra cosa. Amo suonare in giro, conoscere e farmi conoscere attraverso il sudore, il rapporto diretto e le critiche feroci di chi ne sa più di me. Amo fare le cose a modo mio senza ordini dall’alto. Non c’entrano la bella voce, l’assenza di stonature, l’hype televisivo. La musica è un’altra cosa.
Domanda bizzarra, ma sono curiosa di sapere cosa pensi delle grandi voci italiane, come Gianni Morandi, che oggi si prestano a cantare insieme alle new entry come Fabio Rovazzi: crisi d’immagine, voglia di mettersi in gioco, internet ha stravolto tutto?
Credo che questo per buona parte della musica italiana e non, sia un periodo di transito e forte incertezza. Tutto è molto veloce, si ascolta, viene consumato e si consuma nel giro di niente. Quello che un anno fa sembrava mainstream oggi è dato per vecchio. Bastano 3-4 canzoni che funzionano per entrare di diritto nella schiera della nuova leva cantautorale; una volta servivano 3-4 album. E se tutto è immediato e forzatamente carismatico, anche la vecchia guardia deve prestarsi a questo gioco per continuare a stare un po’ sotto i riflettori. Non sono disfattista, anzi credo ci sia molto di buono tra gli artisti emergenti. È il modo che non mi convince troppo.
Qual è l’aspetto più bello e più stressante del tuo lavoro?
I concerti, i chilometri in macchina, gli autogrill, le chitarre scordate, le persone che ascoltano, che rimangono, che si alzano e vanno via, i fogli con le annotazioni… Ce ne sarebbero tante.
Ospite di Pino Insegno a Radio 24, porti la canzone “Io ritornerò”, grande emozione, immagino…
Sì, in realtà è stata una cosa abbastanza improvvisata. Stavo nei camerini di Radio 24, quando ad un certo punto ho strimpellato la canzone. Pino Insegno, insieme ad altri collaboratori, si è avvicinato mi ha fatto un piccolo video col telefonino e mi ha detto: “Vieni che ora andiamo in diretta, questa falla in radio”.
Ritornare è un verbo che ricorre spesso nelle tue canzoni: tornerai in Sicilia?
Io amo la Sicilia e ne sento spesso la mancanza. Purtroppo per fare quello che volevo ho dovuto abbandonarla. Quando e se avrò la possibilità tornerò, anche se in realtà non me ne sono mai andato.