Lorenzo Amurri: da chitarrista a scrittore sempre più rock

Tempo di lettura 4 minuti

A un anno esatto dalla sua scomparsa, un ricordo dell’amore per la vita di un uomo rock fin dentro l’anima

di Alessandra Giannitelli
su Twitter @Alessandrag_83

Il 12 luglio dello scorso anno moriva Lorenzo Amurri, a soli 45 anni.
Confesso di averlo conosciuto da lettrice, precisamente nel 2013 con “Apnea” (Fandango Libri, 2013), arrivato tra i dodici finalisti al Premio Strega di quello stesso anno.

Mi colpì la sua scrittura estremamente schietta eppure particolareggiata e inclusiva – a metà tra pagine di diario e romanzo – in quella che si può definire una commovente e coraggiosa ricostruzione della sua esperienza personale. Mi stupì quella leggerezza e quell’autoironia di cui erano composte le descrizioni di momenti estremamente dolorosi.

Ma Lorenzo non nasce come scrittore, lo diventa in seguito a un tragico incidente sul Terminillo che nel 1997, a soli 26 anni, frantuma la sua strada artistica sulla quale viaggiava sin da giovanissimo.

[…] in una fredda mattina di gennaio, i miei sogni si sono infranti contro il pilone di una seggiovia. Una di quelle mattine che sei stanco perché hai dormito poco, e te ne staresti volentieri al calduccio sotto al piumone. Una di quelle mattine che fa di tutto per avvertirti che è in agguato l’imprevedibile, ma tu non sei in grado di decifrare il messaggio. Una di quelle mattine che poi ci ripensi per una vita intera,
di cui ti rimangono 
immagini sfocate, momenti, odori

scrive in “Apnea”, quando racconta della mattina dell’incidente.
Lorenzo nasce musicista: chitarrista rock, produttore musicale. Un ragazzo dinamico e trasgressivo senza mezze misure.

Il mio pensiero torna alle nottate passate sul divano di casa mia con la chitarra in braccio, le note che mi svolazzano intorno e il mondo lasciato fuori: inesistente.

Alla luce dell’incidente e della sua nuova vita segnata dalla tetraplegia e, purtroppo, dall’impossibilità di stringere ancora tra le braccia la sua chitarra, di sentire le corde vibrare sotto le sue dita, Lorenzo rinasce. Non subito, non in maniera indolore, ma riesce a risalire dalla sua “apnea” e a tornare a respirare col sorriso sulle labbra.

Nel 2008 la nascita del suo blog Tracce di ruote” lo porta quasi inconsapevolmente a un primo confronto con la scrittura ma soprattutto con la sua vita, con la sua storia.
Pagine virtuali alle quali Lorenzo affida se stesso, dai pensieri più dolorosi ai ricordi che iniziano a riemergere spontaneamente dalla sua memoria, fino a diventare una cura riabilitativa per la sua emotività e uno spunto imprescindibile per avvicinarsi alla narrazione lunga.
È così che nasce “Apnea”, dopo un lento e paziente lavoro di due anni e mezzo di battitura, lettera dopo lettera, con la nocca del mignolo della mano destra.

Prima c’era lo strumento, e le mani che lo facevano cantare, e la mente che ragionava sul canto, e il cuore che sapeva quando quel canto aveva un senso.
Adesso ci sono uno schermo, una tastiera e un mouse, le mani sono serrate e immobili, come il cuore e la ragione.

Nel 2014 torna in libreria con “Perché non lo portate a Lourdes?” (Fandango Libri, 2014), racconto diaristico di una settimana trascorsa in pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Lourdes dietro consiglio di una misteriosa invitata alla serata di premiazione dello Strega del 2013.
Ho appena ricevuto le copie del mio nuovo libro. Vedere tutte le ore chino davanti allo schermo, tutta la sofferenza, il divertimento, l’ansia, la preoccupazione, il sudore, l’esaurimento, le notti in bianco, il pezzo di vita che gli ho dedicato racchiusi in questo parallelepipedo, provoca sempre un’emozione particolare. Una specie di profonda nudità. Un pezzo d’anima che mi lascia, e che mi auguro, vi faccia compagnia, almeno durante la lettura” posta sul suo blog il 21 ottobre 2014.

Aveva il coraggio di non prendersi mai troppo sul serio, Lorenzo Amurri, di affrontare con leggerezza e consapevolezza discorsi sul sesso da tetraplegico, parlando con ironia e delicatezza di desiderio sessuale, di ricerca perpetua del piacere e dei suoi orgasmi mentali, nonostante l’assenza di sensibilità fisica.
Scriveva delle barriere intellettive di chi trovava difficoltà nell’associare disabilità e pulsioni sessuali e di quelle fisiche che incontrava ogni giorno, soprattutto in una città complessa e caotica come la sua Roma, ma anche dei quotidiani muri burocratici che complicano ulteriormente vite già sufficientemente complesse.

Eppure, nonostante le mille difficoltà, sorrideva e guardava avanti, perché

il presente è quello che è, il passato purtroppo non ritorna e non posso vivere di ricordi,
il futuro è incerto e può riservare sorprese positive e negative.

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