E se Matteo Boniciolli allenasse l’Italbasket ?
Una provocazione, un’irrealizzabile utopia. Matteo Boniciolli potrebbe essere il profilo perfetto per il dopo Messina alla guida della Nazionale Italiana di Pallacanestro
Il prossimo europeo sancirà il saluto di Ettore Messina alla Nazionale Italiana di basket e di conseguenza sarà caccia al suo successore. Se lo meriterebbe Andrea Capobianco che ha trasformato e dato nuovi battiti alla Nazionale Femminile, che ha colorato d’argento un gruppo di giovani talenti; se lo meriterebbe Maurizio Buscaglia, protagonista di un volo, quello dell’Aquila Basket Trento, dalle serie minori sino alla finale scudetto. E come loro tanti altri. Ma il duro compito di un movimento è confrontarsi con la propria realtà, e quella italiana, della pallacanestro, ha il compito di guardarsi allo specchio e di fermarsi a riflettere.
Giocare la competizione al massimo livello, tecnico e caratteriale possibile ma questo non vieta di guardare già ad un futuro, tanto prossimo quanto impegnativo. Il valore del nostro campionato non è più quello di dieci anni fa, e questo è il primo punto di riflessione.
Ricercare il perché richiederebbe uno sforzo che non ha in queste parole la sede opportuna ma rimuginare sul passato non è nemmeno una soluzione. Esiste una realtà e con quella bisogna relazionarsi: Danilo Gallinari, Marco Belinelli, Luigi Datome sono le pietre angolari della rappresentativa azzurra, Nicolò Melli è l’inevitabile quanto confortante futuro.
Aldilà di quelle che saranno le scelte del coach azzurro ed al netto del piazzamento finale e delle certezze tecniche oramai acquisite, nessun stravolgimento ma più di qualcosa da ristrutturare ed a cui pensare.
Innanzitutto valutare la possibilità di recupero di risorse umane e cestistiche, si pensi ad Alessandro Gentile (escluso da questo europeo e da poco un nuovo giocatore della Virtus Bologna), ad Achille Polonara (che da poco ha firmato con la Dinamo Sassari).
Alla valorizzazione delle nuove leve cestistiche: Davide Moretti, Leonardo Candi, per citarne due ma la valutazione si estende inevitabilmente al resto dei gruppi dell’Under 20 e dell’Under 19. Se ne parla tanto, forse troppo ma se da qualche parte bisogna ripartire perché non provare dai giovani e testare anche la loro voglia di avere delle responsabilità pesanti, vedere una volta per tutte se sono davvero in grado.
C’è (forse) anche un rapporto con il pubblico da rimarginare. Niente di definitivo ma impossibile da non analizzare: le scelte e gli atteggiamenti di certi giocatori non hanno riscontrato il totale gradimento del pubblico, non che quest’ultimo abbia sempre ragione (anzi nella maggior parte delle occasioni e forme di espressione è il primo che dovrebbe maturare un esame di coscienza), ma tende a contare fino a prova contraria. Magari anche l’uso dei social network con metodologie forse più calcistiche che altro , in determinati casi, non sono stati altresì di grande aiuto, facendo trasparire “arroganza” in più di qualche occasione.
E allora c’è un nome a cui forse non si è pensato, quello di Matteo Boniciolli.
“Boniciolli è uno che vive per schierarsi. Magari dalla parte sbagliata, purché sia una parte. Si definisce in direzione ostinata e contraria“.
Questa frase è tratta da un articolo di Alessandra Giardini – L’anticonformista che prima del basket insegna il busto eretto – su AltroPensiero.it – e conviene avere la pazienza di spingersi ancora un po’ più giù, dove parte il “Il Mondo Secondo Matteo“, un’intervista con la stessa firma e lo stesso personaggio.
Un susseguirsi di parole perfette per descrive un profilo intrigante e magnetico. Una descrizione perfetta tanto dell’uomo quanto dell’allenatore, del marito e del padre.
Perché lui. Prima di tutto per il motivo che forse non lo porterà mai ad essere (e nemmeno ad essere preso in considerazione): il suo essere così diverso ed in antitesi con la presidenza federale, non proprio così compatibile caratterialmente con il coach della Fortitudo.
Ed è proprio quella personalità forte e diretta invece il motivo principale che dovrebbe portare l’allenatore triestino a sedere su quella panchina. Uno che ama le sfide, come andare in Kazakistan diventando il miglior allenatore delle terre sovietiche, uno che non dice quello che la politica vuole sentirsi dire ma quello che lui vuole dire, uno che sa cosa pretendere, che sa come punire, che sa come far crescere.
Che se sei favorito ti dice che lo sei e che lo devi essere, che se sei sfavorito ti dice che lo sei ma che non lo devi essere, che se sei un senatore la galera esiste anche per te, che se sei una giovane leva vale lo stesso ma che forse il più grande reato sarebbe quello di non averci provato.
Che tanto vale essere “stronzi” per non rischiare di vedere l’asta di un microfono finire in posti in cui non è ergonomico posizionarla. Un allenatore che conosce la sua solitudine e non ha paura di affrontarla.
E quello stesso allenatore è anche uomo, molto, per tanti forse anche troppo. Tanto umano però che non ha paura di confrontarsi con chi, come il pubblico ha forse nella sua stessa connotazione la sua giustificazione intramontabile e che Boniciolli molto spesso ha dimostrato di non considerarla come tale. “In direzione ostinata e contraria“, quella che qualche giocatore sta pensando di percorrere, o che qualche social network di dimostrare, o qualche procuratore di rappresentare ma che è solo confondere il concetto di sfida con quello di banale contrapposizione e mitizzazione.
Andare in direzione ostinata e contraria non vuol dire andare dalla parte opposta ma scegliere di essere ciò che si vuole e soprattutto il modo in cui esserlo. Non per forza essere i più forti (Avellino non lo era), ma essere quelli con la convinzione più forte, proprio quello di cui un nuovo ciclo tecnico ha bisogno, proprio quello che certi giovani devono capire, che certi esclusi devono riassaporare, che certi senatori devono insegnare.
Una grande esperienza, un’enorme conoscenza della pallacanestro, un appassionato insegnante, un uomo magnetico e controverso. Un’irrealizzabile utopia. Che poi, se anche gli venisse proposto, potrebbe tranquillamente rispondere “No, grazie“.