La mafia non avrà la nostra scuola
Hanno oltraggiato la memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino e di chi coltiva il “vizio della memoria”. È proprio così: sono vivi e fanno paura
Palermo. Sfregiato, rotto, strappato, sollevato e lanciato a mo’ di ariete contro la porta della scuola. Forse anche insultato e deriso. Così il busto di Giovanni Falcone è stato oltraggiato dinanzi all’Istituto lui dedicato nel quartiere ZEN – nulla che rievochi la pace orientale, ma semplicemente Zona estensione Nord – della sua Palermo. La notte tra il 9 e il 10 luglio, pochi giorni prima del 25° anniversario della strage di Via d’Amelio, nella quale morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta “è difficile immaginare qualcosa di più vile e squallido” ha dichiarato il presidente del Senato Pietro Grasso.
Sull’accaduto è stata aperta un’inchiesta, la Polizia indaga su chi possa essere stato e sul perché. Le telecamere di sorveglianza non funzionanti perché non riparate per assenza di fondi certamente complicano le indagini, ma occorre cercare la verità: non si tratta di una bravata. Daniela Lo Verde, preside dell’Istituto comprensivo in cui è accaduto il fatto, sostiene fermamente che non possono essere stati degli alunni della scuola, un ragazzino di 13 anni (le classi sono composte da alunni di fascia materna, elementare e media) non ha una tale forza fisica e, anche se l’avesse, perché non entrare all’interno dell’Istituto? La porta, a quel punto, era aperta.
Molto probabilmente si è trattato di uomini, uomini che forse hanno agito in nome e per conto di qualcuno, uomini che volevano comunicare qualcosa, ma afferma incredula e provata la preside “non capisco quale messaggio vogliono comunicarci, se loro volevano dirmi qualcosa io non lo sto capendo”.
Solo tre giorni dopo, sempre al mattino e dinanzi alla stessa scuola è stato ritrovato un uccellino morto e con il capo mozzato. Anche questa non è una ragazzata, nel vocabolario degli uomini d’onore questa folle scena ha un senso preciso: si taglia la testa ad un uccellino che ha troppo cantato, che ha detto anche ciò che non doveva dire e che ora rischia di non parlare più. Insomma, un avvertimento.
Non finisce qui. Alla vigilia del 19 luglio nella periferia di Agrigento è stata oltraggiata la stele eretta in onore di Rosario Livatino, il giudice ucciso dalla mafia a soli 36 anni perché alla legge voleva dare un’anima, ma era la sua ad essere un’anima di troppo.
È palese che non si possa trattare di semplici coincidenze: nella meravigliosa terra di Sicilia, che silenziosa lotta per il riscatto, qualcosa sta cambiando. Nei sei mesi a cavallo tra il 2016 ed il 2017, ricorda la DIA nella Relazione 2016, sono stati scarcerati 41 soggetti ritenuti uomini d’onore, affiliati o vicini alle cosche palermitane. Lo scorso 12 maggio in un convegno organizzato dall’Università di Palermo il Questore Renato Cortese ha espresso tutta la sua apprensione “Recentemente abbiamo registrato alcune scarcerazioni che ci preoccupano un po’, Cosa Nostra è un’organizzazione criminale costantemente in cerca di leadership”.
Sono preoccupati gli investigatori ed anche i magistrati e i giornalisti come il giudice Nicola Aiello, che a settembre celebrerà il giudizio per 39 esponenti della mafia palermitana e che qualche giorno fa ha trovato dipinta sulla porta del suo ufficio una croce nera. O come il giornalista Salvo Palazzolo a cui è stata recapitata presso la sede locale de “La Repubblica” un lettera anonima in cui lo si invitava a non interessarsi più del caso “Borgo Vecchio” e di consigliare all’amico Aiello di tenersi “basso a settembre”, chiaro riferimento alle condanne che emetterà. Cosa Nostra si sta svegliando, sta nuovamente uscendo allo scoperto con atti e fatti recentemente sopiti, ritorna a far parlare di sé forte di poter nuovamente marcare la grande madre Palermo con esponenti assolutamente di rilievo. E colpire le immagini di Falcone e di Livatino non è un caso.
Ma perché fanno paura anche da morti? In realtà non sono morti, lo sappiamo noi e lo sanno loro, sono vivi e il ricordo e la memoria e l’impegno nel loro nome mettono paura a loro, alla mafia. Ha ragione Grasso affermando che quanto accaduto alla statua di Giovanni Falcone “se è un avvertimento mafioso sarebbe una prova di debolezza, non di forza [..] Abbiamo una certezza, non illudetevi: ogni volta che proverete a infangare la memoria di uomini come Falcone noi la proteggeremo. E ogni volta che distruggerete una statua saremo pronti a ricostruirla”.
Come combatterla? Partendo proprio da lì, dal posto in cui la memoria è stata offesa: partendo dalle scuole. In molti in questi giorni hanno ricordato le parole di Gesualdo Bufalino: “La mafia sarà sconfitta da un esercito di maestre elementari” e la preside Lo Verde con quella forza propria di chi fa il bene per il bene ha detto che non si fermerà e che con tutto il corpo insegnanti continuerà a lavorare ogni giorno con costanza per avvicinare alla legalità: “La prima cosa da fare è rimettere lì il busto e ricominciare il nuovo anno con più grinta di prima”.
Le indubbie e sincere manifestazioni di vicinanza di politica ed istituzioni non lascino il passo all’indifferenza del tempo, o della collusione, e offrano a tutte le scuole e soprattutto a quelle che lavorano in posti delicati l’adeguato supporto economico per progetti di inclusione: è con i giovani che la mafia si combatte.
All’indomani dei fatti e dei tanti messaggi ricevuti dagli alunni, i docenti dell’Istituto Falcone hanno deciso di scrivere loro una lettera affinché fossero consolati e compresi e perché fosse chiaro che pur bistrattata e ferita “la scuola è il bene comune più prezioso da difendere”.
Ciao Gabriele, siamo i tuoi prof a scriverti.
Ieri pomeriggio, quando hai saputo cosa era successo, ci hai mandato questo WhatsApp: “Devono rompere sempre le cose della nostra scuola!”.
Non sai quanti tuoi compagni si sono dispiaciuti ed arrabbiati: hanno scritto messaggi Giuseppe, Salvatore, Aurora, Alessandro, Sabrina e tantissimi altri… Hai ragione. Ci sono alcune persone che ‘devono rompere’: è molto facile rompere, per un po’ anche divertente. Addirittura per qualcuno è l’unico modo per mostrare che esiste! Però chi ha bisogno di rompere diventa un grave problema per gli altri: non si può certo vivere accanto ad una persona che rompe; ed infatti è costretto a farlo di notte, di nascosto, quando nessuno lo vede, in modo vile. Chi rompe è vile!
E così chi rompe viene escluso, emarginato, costretto a stare in un ‘branco’ con altre persone che rompono e a trascorrere la vita con queste a farsi del male a vicenda, cercando di prevaricare gli uni sugli altri.
Nel tuo messaggio ti chiedi anche perché questi ce l’hanno con ‘la nostra scuola’…
Perché la scuola è il luogo in cui, assieme alla tua famiglia ed ai tuoi prof, si costruisce: si costruisce il tuo pensiero, che ti renderà una persona responsabile, libera e nobile; si costruisce il primo nucleo di relazioni significative in cui esercitare la generosità, il rispetto dell’altro e la magnanimità; si costruisce, infine, il grande edificio delle qualità personali che saranno strumento del tuo lavoro: ecco, il lavoro… forse non ne hai sentito parlar bene, perché quelli che rompono lo bistrattano, lo ripugnano e lo disprezzano…
Ma sarà il tuo lavoro, onesto e appassionato, che ti renderà autonomo, capace di crescere una famiglia e, non trascurarlo, di contribuire al bene comune: e riconoscerai, allora, che la scuola è il bene comune più prezioso da difendere.
Che gran bisogno ha la società di avere persone con queste qualità!
Il giudice Giovanni era una di queste persone, ha costruito edifici che risplendono di giustizia e di legalità. La vita sua, di Paolo, di Padre Pino e di tutti questi eroi ci commuovono e ci appassionano, e continueremo a raccontarle e a conoscerle per imparare ad essere persone migliori.
Pensa un po’, chi rompe si illude che danneggiare una loro immagine possa danneggiare questi edifici… Ma non sa che ai tuoi prof, che vivono la scuola ed il quartiere assieme a te, piace costruire, a volte anche riparare, e lo faranno sempre con entusiasmo e determinazione.
Ci rivediamo a settembre, un arrivederci a te e a tutti gli alunni della scuola Falcone.
I tuoi Prof e la tua Preside.