Storie di parole | Zefiro e Zero, strani incroci
Le storie delle parole spesso riservano molte curiosità: è il caso di zefiro e zero, due termini che apparentemente non hanno nulla in comune
Cosa accomuna il nome del vento che da sempre viene associato al ritorno della primavera e il termine che utilizziamo per indicare il valore matematico di nulla?
Apparentemente niente. Eppure, nella storia di queste due parole c’è stato un punto d’incontro molto curioso.
Zefiro è una parola di origine greca (Zèphiros), dove indicava anche un personaggio mitologico, personificazione del vento di ponente; il termine è passato in latino nella forma zèphyrum, e venne spesso preferito a favonium, nome latino che indicava lo stesso vento. Il passaggio all’italiano non presenta variazioni notevoli: abbiamo infatti zefiro (in passato si poteva trovare anche zeffiro, dove la consonante doppia è esito comune per l’incertezza che caratterizzava la grafia delle parole di origine dotta).
Il termine zero, e ancor prima l’idea stessa del nulla matematico (nei numeri greci e latini, infatti, non esisteva), deriva dall’arabo, e precisamente dalla parola sifr ‘nulla’. Quando, agli albori del Duecento, il grande matematico pisano Leonardo Fibonacci (autore del famoso trattato intitolato Liber abbaci) si trovò a dover tradurre quel termine, scelse, probabilmente per paragonarlo all’inconsistenza del vento, proprio la parola zephyrus! Questa si è poi evoluta in italiano prima in zefro o zevro e finalmente in zero. Ma il termine arabo che abbiamo ricordato non è stato abbandonato, ed è entrato anch’esso direttamente nella nostra lingua: è infatti alla base del nostro cifra ‘segno numerico’.
Già riede primavera
Col suo fiorito aspetto;
già il grato zeffiretto
scherza fra l’erbe e i fiori.
(Pietro Metastasio, La primavera, 1-4)