“Un incantevole aprile”, il fascino delle donne intelligenti
Romanzo novecentesco che ricorda le eroine austeniane, “Un incantevole aprile” di Elizabeth Von Arnim è la storia di quattro donne dagli animi opposti che troveranno, tra le mura e i giardini di una residenza italiana, il valore e la forza per riprendere a vivere
“Diamine! È intollerabile il modo in cui un viso grazioso possa trasformare un uomo simpatico in un idiota”. A parlare è Mrs Fisher, anziana e combattiva vedova inglese, e questo sempiterno insegnamento è tratto da un romanzo che ha visto la luce nel 1922.
Intitolato Un incantevole aprile, ristampato e imbellettato recentemente da Bollati Boringhieri, è uno dei romanzi di madame Mary Annette Beauchamp, in arte Elizabeth Von Arnim. Donna di suprema intelligenza che si trovava a suo agio nel bel mondo (fu a lungo amante di H. G. Wells), la scrittrice fu una mancata sorella Brontë novecentesca, e regalò alle sue eroine vite avventurose e intrighi in perfetto stile de Staël.
In questo caso ci troviamo di fronte quattro donne di fattura eccezionalmente differente, che cercano, come sempre capita, la stessa risoluzione. Mrs. Lotty Wilkins, giovane coraggiosa e impulsiva in fuga dalla noia della sua vita; Mrs. Rose Arbuthnot, timorata seguace della parola di Dio che seppellisce la propria infelicità negli atti caritatevoli.
Lady Caroline, splendida fanciulla della nobiltà inglese a cui proprio non riesce di farsi odiare da alcuno, per quanto lo desideri; infine Mrs. Fisher, la nostra anziana e savia ispiratrice, una volta amica dei più importanti uomini di cultura, che ha finito per morire con loro prima del tempo.
Il trait d’union è San Salvatore, immaginario castello sulle pendici di Mezzago, letteralmente ricoperto di qualsiasi specie di fiore esistente, fermo in una dolcissima primavera-estate che rende tutti migliori. Le quattro donne decidono di dividerne l’affitto per un mese (quello che poi si rivelerà incantevole), alla ricerca di una dolce solitudine. Il soggiorno vedrà però un ospite inatteso, che è ovviamente l’amore.
Preferisco interpretare la denominazione di “letture leggere” non come un insulto malcelato alla qualità della scrittura, ma come la sensazione che essa deve comunicare. La piacevolezza nello scorrere le parole, la dolce curiosità nel proseguire il racconto. Sebbene Un incantevole aprile si candidi ad essere a tutti gli effetti un rosa, l’autrice compie uno studio dei personaggi così dedicato da dare al libro anche una sfumatura psicologica. Di tutti i suggerimenti che Von Arnim, attraverso le riflessioni delle quattro donne, concede al lettore, la sottesa ma validissima impronta femminista è assolutamente entusiasmante.
A partire dalla decisione di Mrs. Wilkins di fuggire da suo marito e dall’infelicità che la circonda, impiegando i propri risparmi per non altro scopo che rendersi felice, fino alle resistenze di Lady Caroline di fronte agli uomini tutti ugualmente attratti da una bellezza che non ritrae la sua reale personalità. Passando attraverso la domestica Francesca, vera padrona del maniero, per tornare alla buona vecchia Mrs Fisher che si sente da subito superiore in giudizio a qualsiasi uomo varchi le mura di San Salvatore.
Proprio per questo motivo il mancato sviluppo dei forti input della prima parte del romanzo nella seconda, lascia un deciso amaro in bocca sul finale. Il quale è, ovviamente, lieto pur non essendo soddisfacente. Un lunga serie di equivoci sentimentali conducono il lettore alla fine, ma con poca cura e con molta fretta. Quel che le nostre protagoniste avevano promesso si rivela tristemente inconcluso, con un ritorno alla situazione iniziale degno del teatro greco.
Tuttavia, è bene a volte ricordare come la felicità sia uno stato che risiede totalmente nella propria coscienza e che né il luogo né le persone sono in grado di crearlo se non si è a propria volta pronti ad accoglierlo. Un libro profumato come le bianche violaciocche di San Salvatore potrà insegnarvi a cercare meglio.
“Un incantevole aprile“ di Elizabeth von Arnim
Bollati Boringhieri, traduzione 2017 di Luisa Balacco
collana “Varianti”, pp. 234