Italbasket: di chi è questa squadra?
Gli Azzurri sono alla vigilia del loro Europeo di basket tra dubbi e certezze, sotto la guida di Ettore Messina. Domani alle ore 20.30 la sfida con Israele
Ventiquattro ore alla palla due di Eurobasket 2017, con gli Azzurri che esordiranno Giovedì 31 Agosto alle ore 20.30 contro Israele, padrona di casa.
Un passo alla volta. Ecco i dodici scelti dal coach degli azzurri:
#0 Daniel Lorenzo Hackett (1987, 197, P/G, Brose Bamberg – Germania)
#3 Marco Stefano Belinelli (1986, 196, G, Atlanta Hawks – NBA)
#4 Pietro Aradori (1988, 194, G, Virtus Segafredo Bologna)
#5 Ariel Filloy (1987, 190, P, Sidigas Avellino)
#6 Paul Stephane Biligha (1990, 200, C, Umana Reyer Venezia)
#9 Nicolò Melli (1991, 205, A, Fenerbahçe – Turchia)
#10 Davide Pascolo (1990, 203, A, EA7 Emporio Armani Milano)*
#12 Marco Cusin (1985, 211, C, EA7 Emporio Armani Milano)
#20 Andrea Cinciarini (1986, 193, P, EA7 Emporio Armani Milano)
#23 Awudu Abass (1993, 200, A, EA7 Emporio Armani Milano)
#32 Christian Burns (1985, 203, A/C, Red October Cantù)
#70 Luigi Datome (1987, 203, A, Fenerbahçe – Turchia)
* infortunato, richiamato Filippo Baldi Rossi (Aquila Basket Trento).
L’infortunio di Danilo Gallinari e poche ore fa quello di “Dada” Pascolo, che per certi aspetti e per tempi (forse) è ancora più grave. È stato richiamato Filippo Baldi Rossi, uno degli ultimi tagli.
Non è chiaramente la Nazionale più forte di sempre (qualifica che il presidente federale aveva affibbiato alla squadra dello scorso anno che perse il preolimpico), e che quindi per struttura e composizione dovrà essere sicuramente quella che maggiormente dovrà difendere e comportarsi da squadra.
È già diventato famoso il timeout di Ettore Messina in cui non proprio con atteggiamento calmo e disteso riprendeva i suoi giocatori durante l’amichevole con il Belgio: “Di chi è questa squadra? Di chi?.
Gallinari era il leader designato di questo gruppo ma causa infortunio non lo può essere più. Non proprio il principe degli infortuni, una frattura al metacarpo rimediata nello sferrare un pugno (di reazione) a Kok, giocatore della nazionale olandese con cui c’erano state storie tese durante uno dei test preparatori a quello che sarebbe dovuto essere il suo europeo.
“Ha chiesto scusa, era mortificato. Ma io non avevo molta voglia di parlargli. È difficile spiegare a un uomo di 30 anni concetti come lealtà e responsabilità”, raccontava l’allenatore degli Spurs a Repubblica.it aggiungendo poi: “È stato sicuramente un errore molto grave perché il concetto di farsi giustizia da soli non è in nessun modo condivisibile, soprattutto quando si hanno grosse responsabilità nei confronti degli altri. Gli errori si pagano e questo lo pagheremo tutti insieme. Sono sicuro che Danilo imparerà da ciò che è successo e che la prossima volta che indosserà la maglia Azzurra potrà dare un contributo alla squadra per ottenere buoni risultati”.
La buona notizia (di ieri) è che Gallinari stia bene, anzi molto bene così come detto dall’ala dei Los Angeles Clippers a TMZ: “Sto molto bene. Quasi pronto per giocare”. Ora, al netto dei fatti e delle dichiarazioni, cestisticamente parlando non proprio l’estate migliore del Gallo, almeno in maglia Italia. Perché è anche l’estate della firma con la franchigia californiana, che lo rende l’italiano più pagato di sempre, ma anche quello più discusso a tutti gli effetti. Perché a suo modo né il pugno, né questa dichiarazione sono proprio ciò che ci si aspetta dal proprio leader tecnico ed emotivo.
Danilo Gallinari per qualità tecniche doveva essere un punto fermo di questa squadra, si è procurato una frattura (non accidentale, perché il gesto commesso ha un fattore rischio elevato) e dunque non giocherà l’Europeo.
Può succedere, certo, ma in questo caso poteva non succedere e non doveva. Perché si, siamo tutti umani e sarà capitato almeno a tutti una volta nella vita di perdere il controllo ma Danilo Gallinari non è nessuno di noi e quindi, essendo Gallinari, ha delle responsabilità tecniche, emotive che non possono scadere in un finale del genere. Non ha espresso leadership, non dando un cazzotto ad un olandese sconosciuto che non è Danilo Gallinari. Ha deluso tutti, inevitabilmente. Dovrà risalire una china ancora più alta. Dovrà averne voglia. La sua Nazionale non è più sua.
Questa squadra è di Ettore Messina. E mi pare che l’ex coach del CSKA abbia spalle larghe abbastanza ed esperienza necessaria per poter sostenere una responsabilità del genere, anche e soprattutto attraverso le sue scelte. Ed è inevitabile ed impossibile impedire che si scateni, come giusto che sia, (ognuno nell’esercizio del proprio ruolo ed a patto che venga fatto razionalmente, richiesta quantomeno provocatoria), la discussione sulle “scelte”. E se c’è chi è totalmente dalla parte del coach italiano, c’è chi lo critica all’indomani di ogni singola mossa.
Possibilmente e probabilmente sarebbe giusto ricercare nell’equilibrio di giudizio la propria opinione nei confronti di uno dei mostri sacri della pallacanestro europea (e mondiale). L’impressione è che ad un certo punto e ad un certo momento qualcosa abbia cambiato la rotta di Messina, tecnicamente ed emotivamente. Ed è tutt’altro che confusione ma la voglia e volontà di vincere o perdere solo in base a proprie scelte, “vivere o morire” a modo proprio.
Messina non può inventarsi il talento laddove non c’è, non può evitare gli infortuni. E’ lecito domandarsi però perché non abbia minimamente preso in considerazione Achille Polonara o perché abbia preferito Cinciarini a Della Valle, o perché tagliare Cusin per poi richiamarlo.
Il giocatore di riferimento è senza dubbio Marco Belinelli, che ha dimostrato innanzitutto un grande attaccamento alla maglia azzurra e con quella stessa maglia addosso ha sempre mostrato la faccia di chi vuole vincere con quella casacca. E poi è un vincente, non solo nei risultati ma anche nelle scelte che ha fatto nel corso della sua carriera.
Chi ha vinto è anche Gigi Datome, che con il Fenerbahce ha conquistato l’Eurolega. Ma qualcosa non sembra girare perfettamente nei meccanismi del ragazzo sardo che sembra faticare ad entrare definitivamente nei meccanismi del gioco azzurro. Non è giocatore che si crea il tiro dall’uno contro uno ma in un “sistema” può essere una risorsa primaria e fondamentale con il tiro e sfruttando la sua brillante intelligenza nei movimenti in campo. Ma soprattutto un’etica del lavoro che non ha paragoni.
C’è Melli e poi c’è Hackett, a cui sono richiesti punti e responsabilità. Punti che devono venire anche da Pietro Aradori che fresco di firma con la Virtus Bologna, deve onorare la sua fama di giocatore offensivo. Ci sono poi una serie di giocatori che dovranno essere il giusto complemento di un “sistema”.
Questa è la parola chiave: “sistema”. Che non si crea in un mese, a volte non bastano anni, a volte non ci si riesce mai. Ma sentirsi parte di un sistema e volerlo creare negli atteggiamenti è forse il primo passo per essere quella che Messina ha chiesto che l’Italia sia: “Una squadra seria”.
Che faccia dei suoi limiti uno stimolo per sentirsi sempre in confronto con loro, che a differenza di un passato molto recente non parte con l’onta della vittoria obbligata. Il pubblico lamenta una giusta considerazione: questa nazionale non ha vinto nulla. E come dargli torto?
Ma per quanto possa essere demagogico e banale, il solo “dare l’anima”, dove la vittoria è una chimera difficilmente raggiungibile, sarebbe già un nuovo modo di tornare a contatto con le corde del cuore del pubblico italiano. Poi si aprirà un nuovo ciclo, targato Meo Sacchetti.
Ed allora si tornerà a parlare di “sistema”, quello che il tecnico di Cremona dovrà impiantare. E dovrà interrogarsi il sistema, quello dirigenziale, sul perché le nazionali giovanili, piene di talento e vincenti si perdano negli anni e nella rete delle serie minori senza che qualcuno decida di rischiare su di loro, eccetto qualche rara eccezione; sul perché più della metà della nazionale non abbia esperienza od una “credibile” a livello europeo, sul perché il campionato italiano di massimo livello assomigli sempre più ad un circolo chiuso che non intenda rinnovarsi o che lo faccia con grande difficoltà e che protegga in maniera dubbia i suoi giocatori, negandogli forse un confronto con l’estero e con l’esterno che magari potrebbero solo essere costruttivo.
Questa squadra è di Ettore Messina e sistema o non sistema, scelta o non scelta, in un mare in tempesta vorrei un capitano come lui.
Questo il programma delle partite (tutte in diretta su Sky Sport):
31 agosto Israele-Italia 21.30 (20.30 in Italia)
2 settembre Italia-Ucraina 18.30 (17.30 in Italia)
3 settembre Italia-Lituania 18.30 (17.30 in Italia)
5 settembre Italia-Germania 18.30 (17.30 in Italia)
6 settembre Italia-Georgia 17.30 (16.30 in Italia)