Immigrazione, Trump cancella Obama

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Nuova iniziativa del Presidente statunitense per mettere uno stop alla permanenza negli USA: nel mirino 800 mila giovani, figli di irregolari

DACA

Fonte immagine: Slate.com

In un’epoca di rigetto di flussi migratori, di muri che tornano ad alzarsi e di barconi che affondano, anche il sogno americano finisce per spegnersi. Almeno per quella parte di immigrati che arrivarono negli Stati Uniti in modo irregolare. Sarà questa la conseguenza dell’ultima mossa di Donald Trump.

Come promesso durante la campagna elettorale dell’anno scorso, infatti, il Presidente degli USA ha annunciato di mettere fine al DACA (Deferred Act for Childood Arrivals), un provvedimento fortemente voluto dall’amministrazione Obama per tutelare gli individui giunti negli States in quanto figli di immigrati irregolari. Questa decisione significa che 800 mila persone rischiano l’espulsione e il rimpatrio.

Il DACA è un programma voluto da Barack Obama nel 2012 tramite ordine esecutivo che prevedeva la regolarizzazione di giovani immigrati arrivati nel Paese entro il 2007 con, all’epoca, meno di 16 anni. Ragazzi giunti insieme ai genitori cosiddetti “irregolari” che, proprio grazie al provvedimento, hanno non solo evitato l’espulsione ma anche ottenuto l’opportunità di studiare, lavorare, avere un’assistenza sanitaria nonché la patente o la carta di credito. Tutto ciò sui principi di quello che metà del XIX secolo fu il sogno americano – quando, a cambio di fedeltà e promessa di impegno nei confronti degli States, la Nazione apriva le porte a flussi migratori di diversa provenienza e origine. Per questa ragione, i giovani adulti coinvolti nel DACA sono spesso chiamati dreamers. Attualmente, la maggior parte di loro sono latino-americani, con una forte preponderanza di Messicani e risiedono principalmente in California e in Texas.

Il post-DACA è stato affidato da Trump al Congresso che, adesso, avrebbe la responsabilità di trovare una soluzione alternativa nei prossimi sei mesi. Nel frattempo, non potranno essere fatte nuove richieste di regolarizzazione ma si potranno prorogare quelle già in essere. Il Presidente si è detto “Pronto a collaborare con entrambe le parti per definire una riforma delle politiche di immigrazione di ampio respiro”. Trovare una soluzione non sarà scontato né semplice.

Diverse amministrazioni, da George W. Bush a Obama, hanno cercato di risolvere la situazioni di centinaia di migliaia di persone senza trovare un accordo politico stabile. Uno dei tentativi più importanti, nel 2010, era stato il Dream Act – che non passò al Senato per 5 voti. Sembra irrealistico che di una questione tanto annosa e controversa si possa venire a capo nei prossimi sei mesi considerato, tra l’altro, che il Governo Trump si trova a fronteggiare diverse emergenze sia sul fronte interno che su quello esterno.

Il diritto di cittadinanza, del resto, è argomento caldo e delicato non solo oltreoceano. In Italia si discute della regolarizzazione dei figli di immigrati nati su suolo italiano dal 2003, senza trovare, anche qui, un accordo politico ed il consenso dell’elettorato – cosa, quest’ultima, che sta scoraggiando l’attuale governo che sente odore di elezioni. Peraltro la legge attualmente discussa in Senato – che in linea teorica dovrebbe essere approvata entro l’autunno – non è che una versione soft, alleggerita dello ius soli: cittadinanza per i nati in Italia ma solamente se uno dei genitori abbia regolarizzato la sua posizione. Si andrebbe (condizionale d’obbligo) in avanti, si; ma più che un passo sarebbe un mezzo passo.

Tornando alla Casa Bianca, cosa permette a Trump di abrogare una decisione del suo predecessore? Il fatto che, proprio per la costante assenza di consenso politico in materia, il DACA sia stato messo in atto come ordine esecutivo nel 2012 senza aver raggiunto la maggioranza in Senato. Questo non solo dà la possibilità al nuovo Governo di cancellare il provvedimento ma, addirittura, lascerebbe spazio ad accuse di abuso di potere esecutivo in materia di immigrazione.

Ancora una volta, la decisione di Trump ha sollevato l’opinione pubblica nazionale ed estera. Barack Obama – che in qualità di ex Presidente non dovrebbe da prassi commentare l’operato dell’attuale capo di Stato – non ha usato mezzi termini per bollare la decisione come “crudele e autolesionista”. I dreamers, ormai parte integrante del Paese, rappresentano forza lavoro concretamente già inserita nel tessuto produttivo e sono parte integrante della vita dei cittadini americani.

Questo ha portato ad esporsi anche giganti aziendali come Apple, Facebook e Disney che hanno pubblicamente sottolineato l’importanza dei dreamers nel tessuto sociale e l’ingiustizia di una eventuale espulsione. Ma Trump ha trovato dissenso anche in seno ai repubblicani: addirittura il Presidente della Camera Paul Ryan ed il conservatore John Mc Cain hanno ricordato a più riprese come “Questi giovani non conosco altro Paese che questo, dove sono stati portati ancora piccoli dai loro genitori”. A poche ore dall’ufficialità della decisione, diverse le manifestazioni in strada, soprattutto nelle città di Denver, a Phoenix e a Miami.

Nel frattempo l’attuale proposta dei repubblicani – al vaglio in questi giorni – è un piano di salvataggio del DACA in cambio di un irrigidimento delle politiche migratorie, tra cui misure più aspre verso gli irregolari, e, soprattutto di fondi per l’innalzamento del muro con il Messico. Finanziamento stimato intorno ai 2 milioni di dollari. Per i democratici, si tratta di un ricatto al quale non cedere al cospetto dei propri elettori. È difficile, al momento, che possa aprirsi uno spiraglio in questo senso.

Sara Gullace

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