M5S, se un leader c’è non è Di Maio
Pochi giorni dopo il 10° anniversario del primo “Vaffa Day”, momento istitutivo del Movimento 5 Stelle, su di un pratone verde della bella Rimini è giunta una svolta epocale: Beppe Grillo non è più leader dei grillini (come occorrerà chiamarli adesso?)
Si, è vero, è accaduto anche che dei militanti esagitati abbiano aggredito con parole e insulti una giornalista di RaiNews, presente a Rimini per documentare la kermesse con fare pulito e per nulla fazioso. A dir poco inconcepibile.
Di Maio candidato per le elezioni? Ah, è vero. Vabbé, ma si sapeva. Sì, sì, si sapeva. Luigi Di Maio è ufficialmente nuovo leader del Movimento 5 Stelle e candidato a Presidente del Consiglio alle prossime politiche del 2018. Ha sbaragliato i suoi avverarsi nelle votazioni online.
L’attuale vicepresidente della Camera – ma con professione non dichiarata nella sua scheda anagrafica – ha avuto la meglio su 7 sfidanti, quasi tutti ignoti ai più e dall’irrilevante peso politico, guadagnando 30.946 click su 37.442 elettori votanti. Un magro bacino elettorale a dir la verità, il M5S sperava in almeno 100 mila votanti e stante il risultato ha scelto Di Maio solo un sostenitore “grillino” su 5.
Che tu sia sostenitore o no del Movimento, sono almeno due le cose non chiare che ti hanno spinto a non aprire il computer e ad aspettare almeno un’ora per esprimere il tuo voto: perché c’è solamente un unico “big” in gara? Perché devo votare un leader del movimento?
Da mesi Luigi Di Maio era considerato sia all’interno che all’esterno candidato Presidente del Consiglio in pectore: interviste, viaggi diplomatici e primo volto nella campagna a sostegno del candidato alle regionali siciliane. Non solo, è sembrato anche ritagliato ad hoc quel trafiletto del vademecum con il quale si istruivano le primarie online che ha permesso anche a coloro che avevano indagini aperte a proprio carico di presentarsi alla corsa.
“Onestà! Onestà!“, risuona ancora il coro degli attivisti, eppure proprio Di Maio è indagato per diffamazione dopo il caso Cassimatis di Genova. I malumori hanno serpeggiato con grande facilità: palesi favoritismi? Non si sa (e non scomodiamo Andreotti: stiamo già facendo peccato).
Però una considerazione sorge spontanea: in dieci anni di cammino – e paternità del “Dibba” a parte – il M5S non è stato capace di formare delle figure apicali capaci di contendersi una leadership? Se così fosse – pur nel mare magnum della tristezza politica– è stata solo una grande rappresentazione teatrale? Sono molti i pentastellati che hanno pensato si sia trattato di una farsa e che, forse, con una semplice cerimonia di investitura si sarebbe risparmiato denaro, tempo e anche la faccia.
Il giovane 31enne di Pomigliano d’Arco dotato di portamento dal sapore ottocentesco e sempre pronto a inciampare in qualche condizionale in luogo del congiuntivo, da una manciata di ore è anche leader di Movimento. Leader? ma non si era deciso che non sarebbe esistito alcun “capo”? Non erano sufficienti le figure di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio quali “garanti” del Movimento?
Sì, tutto questo è vero, anzi lo era prima che il Movimento 5 Stelle si “normalizzasse” diventando un vero e proprio partito con tanto, appunto, di vertice. Questo fatto non deve disorientare, prima o poi sarebbe giunta l’ora di metter da parte il “uno vale uno” per un più incisivo “io valgo di più” o “decido io”.
È su questo punto, però, che la base si è spaccata: da un lato i pragmatici con Di Maio e dall’altro gli ortodossi capeggiati da Roberto Fico continuano a fronteggiarsi tutti armati delle proprie convinzioni.
“Oggi il candidato premier è capo della forza politica nel senso inteso dalla legge elettorale Italicum. Ma non è il capo della vita politica generale a tutti i livelli del M5S. Questa è una grande distinzione”, ribadisce Fico, che sul palco della convention riminese non è stato invitato a parlare e che in faccia a facci con Di Maio, cui si ha il labiale e non l’audio, avrebbe manifestato che vi sono dei problemi evidenti e che “un movimento è un movimento quando si può parlare in modo leale e reciprocamente, dibattere quando si hanno posizioni diverse ma con un meccanismo chiaro, giusto e trasparente per arrivare a una linea comune su tante tematiche, anche importanti”.
Accuse non di poco conto: reclamare la trasparenza in una realtà sorta per esser democrazia diretta con video forum, video interventi, video messaggi, dirette streaming, voto online e internauti d’Italia unitevi è denunciare qualcosa di davvero importante: l’ABC del M5S sta cambiando.
L’unità del Movimento probabilmente non sarà messa in discussione, Grillo parla di DNA ormai modificato da questa esperienza e il suo addio pertanto non è considerabile e la Casaleggio Associati farà di tutto per mantenere lo status quo. Ma Luigi di Maio saprà essere un buon leader? Sarà in grado di aizzare le folle, di motivare gli attivisti, di conquistare le pance degli spettatori?
Si sa, l’ideal tipo dell’elettore a 5 stelle è anche uno spettatore di pezzi comici e satirici, necessita di essere sempre alimentato e tenuto su alti livelli di endorfine. Il suo primo discorso da candidato alla guida del Governo non sarà certamente ricordato per aver eccelso in empatia ed anzi è un tripudio di grandi classici “Noi non siamo né di destra né di sinistra, noi portiamo avanti le buone idee. Non siamo chiamati a cambiare una forza politica, noi siamo chiamati a cambiare il Paese “ e “se eletto sarò il presidente di tutti”.
Infatti, prima intervista ufficiale rilasciata a giornalisti di media internazionali. Attendiamo le prossime mosse, la campagna elettorale è appena iniziata.