Bolivia, Morales sfida la Costituzione
I partiti governativi si battono per la riconferma del Presidente, chiedendo di annullare il voto popolare del 2016
I socialisti boliviani tornano a sfidare la Costituzione. L’obiettivo del Movimento per il Socialismo (MAS), partito attualmente alla maggioranza, è di portare l’attuale Presidente Evo Morales alla quarta conferma consecutiva.
Poiché la legge lo vieta, nel 2016 era stato già indetto un referendum con l’intento di cambiare la Costituzione: i partiti governativi che lo avevano proposto vennero sconfitti e, dunque, la legge elettorale non venne modificata. Tra l’altro Morales ha già goduto di un mandato extra. In linea teorica l’ordinamento boliviano prevede solo due mandati consecutivi ma, nel 2009, con l’entrata in vigore della nuova Costituzione si tornò a votare. Evo Morales venne rieletto ed il precedente mandato non fu conteggiato.
Nel 2019, si terranno le nuove elezioni presidenziali. Il MAS, ad oggi, non sembra avere un candidato forte come l’attuale presidente: da qui il tentativo di annullare i risultati referendari del 2016. All’epoca l’esito era stato riconosciuto ed accettato da Morales, benché a riprova della fiducia nei suoi confronti avesse sottolineato l’esiguità dello scarto. Il 51,3% dei votanti, invece, si era espresso contro la modifica costituzionale.
I partiti governativi, quindi, hanno deciso di riprovarci. Lunedì scorso hanno presentato un ricorso al Tribunale costituzionale plurinazionale (TCP), dichiarando illegali gli articoli che limitano nel tempo le cariche presidenziali. Le ragioni allegate riguarderebbero “la libertà, per gli elettori boliviani, di partecipare alla formazione, al controllo ed all’esercizio del potere politico”. Secondo la maggioranza al governo, infatti, la Costituzione limiterebbe il diritto di eleggibilità di ogni cittadino. O almeno, è con questo punto di vista che stanno cercando di garantirsi la stabilità.
Per l’opposizione, invece, la richiesta intende superare l’Assemblea Costituente, la stessa Costituzione e lo strumento referendario già legalmente utilizzato, nell’intento di “Perpetrare il proprio potere in modo indefinito al di là della legge ed a qualunque prezzo”. Ed è su queste basi che, a loro volta, hanno fatto una richiesta ufficiale al TCP per non tenere conto dei propositi governativi. Tale documento è stato presentato dopo che i partiti d’opposizione avevano chiesto al Presidente di rinunciare ad una nuova candidatura, rispettando i risultati referendari.
Evo Morales – che ha iniziato la sua carriera politica come sindacalista per poi entrare a far parte del MAS – è in carica da oltre 10 anni (precisamente, dal Gennaio 2006). La sua presidenza verrà sicuramente ricordata, nel bene e nel male.
Innanzitutto, va segnalato che la Bolivia ha visto una stabilità politica sconosciuta negli anni precedenti. In secondo luogo, è stato fatto spazio per le minoranze indigene – così come per le organizzazioni dei lavoratori. In economia, vi è stato un forte impulso alla nazionalizzazione sulle infrastrutture e nelle opere pubbliche. Inoltre, la Bolivia ha registrato passi da gigante nel campo dell’istruzione e della salute: l’analfabetismo è stato debellato e adesso l’assistenza sanitaria gratuita è garantita a diverse fasce della società.
D’altro canto, è impossibile negare che la censura e la corruzione costituiscano i punti deboli della gestione di Evo Morales. Tra proprietà dirette e sovvenzioni pubblicitarie, infatti, il Governo controlla la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione.
Se dovesse passare la proposta e venisse rieletto, Evo Morales resterebbe in carica fino al 2025. Il TCP ha 15 giorni di tempo per decidere se accettare o respingere la richiesta ed altri 45 per prendere una decisione in merito.
Nel frattempo, anche il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (entità di dialogo internazionale tra le Americhe, con sede a Washington) Luis Almagro, ha appoggiato l’opposizione, sollecitando Morales a fare un passo indietro nel rispetto della “volontà del popolo, unico sovrano, già espressa lo scorso anno”.