Regionali in Venezuela: l’opposizione è a un bivio
Nicolás Maduro dà l’aut aut ai governatori eletti per assumere l’incarico: “si” alla Costituente o fuori
Una nuova crisi politica è in corso in Venezuela. A seguito delle elezioni amministrative per il governo regionale di domenica 15 ottobre l’opposizione antichavista ha denunciato frode elettorale, pretendendo numeri più alti rispetto a quelli che gli garantiscono 5 regioni su 23 – due in più rispetto al passato. L’opposizione ha inoltre riscontrato alcune irregolarità ai seggi, per chiusure anticipate o prolungate e spostamenti dell’ultim’ora.
Particolare attenzione è stata rivolta al conteggio dei voti ottenuti negli stati di Miranda, storica roccaforte dell’opposizione, e Bolivar dove, secondo i candidati proposti dal tavolo di Unione Democratica (MUD), mancano diverse centinaia di migliaia di schede. La campagna elettorale dell’opposizione si era basata sull’importanza di conquistare le regioni per arrivare alle presidenziali.
Il post voto è stato particolarmente critico. Lo scorso mercoledì i governatori dell’opposizione eletti hanno rifiutato di prestare giuramento al cospetto dell’Assemblea Nazionale Costituente con il duplice obbiettivo di screditare i risultati ufficiali ma anche di rinnovare la lotta allo stesso organo della Costituente.
Laidy Gómez (regione Táchira), Antonio Barreto Sira (Anzoátegui), Ramón Guevara (Mérida), Alfredo Díaz (Nueva Esparta) e Juan Pablo Guanipa (Zulia) non avrebbero violato la legge in vigore, che non prevede l’obbligo di giurare innanzi ad alcun istituzione prima di assumere il ruolo di governatore. Ma il Presidente Nicolás Maduro, che non smentisce la perentorietà e unilateralità delle sue reazioni, ci è andato giù di netto: “I governatori eletti hanno il dovere di sottomettersi al potere legislativo. Se così non fanno, possono dimettersi immediatamente”.
Su sua istanza, due giorni dopo, la stessa Assemblea ha emesso un nuovo decreto che cambia le carte in tavola: il giuramento diventa previsto da legge, pena la caduta dell’incarico. L’opposizione si trova ora sotto pressione. Non giurare e rinunciando all’incarico significa indebolire le chance di competizioni per le presidenziali del 2018.
Quattro dei cinque governatori eletti sono di Azione Democratica, partito socialdemocratico e storico antagonista del chavismo: già in queste prime ore la sua dirigenza sembra poter considerare l’idea di non perdere l’opportunità conquistata e presentarsi davanti all’Assemblea. Decisione che spaccherebbe il Tavolo di Unione Democratica (MUD).
Henrique Capriles, che lascia andare la regione di Miranda, non ammette compromessi: “Chi giurerà e si sottometterà – ha detto senza mezzi termini – avrà tradito la fiducia del popolo”, ricordando la necessità di lasciare i personalismi da parte in nome della coerenza. Per i socialdemocratici, tuttavia, si tratterebbe di pragmatismo e lungimiranza.
Ricordiamo come lo scorso Agosto il Governo Maduro abbia instaurato la Costituente, composta interamente da deputati della maggioranza e presieduta dall’ex consigliere chavista Dulcy Rodriguez, conferendogli il potere di legiferare in modo unilaterale sulla Costituzione. Mesi di fuoco e di morte, 120 vittime, avevano preceduto l’ufficialità dell’organo: cittadini e politici antichavisti, accorpati nel MUD, presidiarono le piazze per manifestare contro l’incostituzionalità della nuova Assemblea.
Maduro reagì con una repressione che portò sangue e prigionieri politici, di cui l’opposizione chiede ancora il rilascio. Il Venezuela, quindi, vive una continua crisi che ha per protagonisti il chavismo unidirezionale del governo da una parte e, dall’altra, un’opposizione rare volte unita che riempie le piazze ma fatica a conquistare a pieno titolo le urne.
Oltre il confine, il panorama internazionale si conferma critico nei confronti di Maduro. Il Canada e ben undici Paesi dell’America del Sud, tra cui la Colombia di Santos, hanno messo in discussione l’esito delle urne per manipolazioni e irregolarità, proponendo un collettivo di controllo internazionale super partes per verificare i risultati. Dello stesso avviso l’Unione Europea, che ha pensato ad un organo di mediazione internazionale.
Aspre le reazioni degli accusati: il capo della Diplomazia Venezuelana, Jorge Arreaza, ha convocato gli ambasciatori locali lasciando chiaro come “Non esiste un solo motivo per mettere in discussione i risultati delle regionali come di nessun altra votazione”.
Maduro invece non ha usato giri di parole: “Cosa me ne può importare di cosa pensi il Canada sulle nostre elezioni? I risultati sono un messaggio chiaro all’imperialismo di Trump, ai suoi alleati ed alle destre del nostro Paese. È un momento chiave – ha spiegato – per il futuro del chavismo: la pressione internazionale non ci fermerà”.