Colombia, tra ELN e Governo la pace è lontana
Ancora sangue e rapimenti per mano dei guerriglieri in Colombia, nonostante il recente cessate il fuoco. Ma l’ELN prende le distanze e parla di “incidente”
Sembra essere già interrotto e a rischio di proseguimento il cessate il fuoco che il Governo colombiano aveva pattuito con l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) lo scorso 1° Ottobre. Neanche un mese di tregua e già si contano un’uccisione – la vittima è Aulio Isarama Forastero, governatore della regione di Chocò, nord ovest del Paese – ed un rapimento, ai danni di un tassista liberato dalle forze governative dopo otto giorni di prigionia.
E mentre su quest’ultimo accaduto si sta ancora indagando per verificare l’autenticità dei fatti, lo stesso ELN ha ammesso la propria responsabilità nella morte di Forastero presentando l’accaduto, però, come fortuito ed avvenuto per “legittima difesa”.
Secondo la dichiarazione ufficiale dell’ELN, fatta tramite le pagine di “Comandante Uriel”, infatti, Forastero doveva essere soltanto interrogato per un sospetto di collaborazione con l’Intelligence militare. Passato per primo alle mani con un guerrigliero, però, ne sarebbe scaturito l’incidente dal tragico esito.
L’ELN ha negato ogni volontà o intenzione, rassicurando sulla volontà di partecipare all’indagine dei fatti: “In nessun momento c’è stato un ordine di azione contro l’incolumità di Forastero. Faremo la nostra parte – si legge – per chiarire l’accaduto ed operare in modo che avvenimenti di questo genere non si ripetano. Siamo impegnati nella tregua”.
Tregua che è iniziata il 1° ottobre, a seguito di una negoziazione siglata a Quito, in Ecuador, e che si attendeva dallo scorso Febbraio. Garanti del patto sono stati Cuba, Venezuela, Brasile, Cile e Norvegia.
L’Esercito di Liberazione Nazionale è un gruppo guerrigliero nato nel 1964 e del quale si stimano circa 1.500 ribelli, in protesta alla distribuzione diseguale di terre e ricchezze colombiane, prendendo di mira in modo particolare lo sfruttamento petrolifero e minerario da parte di multinazionali straniere.
In 53 anni di conflitto, si contano 7 milioni e mezzo di vittime tra morti, persone sparite o sloggiate: il sequestro a scopo riscatto, infatti, è stato un mezzo di sostentamento fondamentale per l’ELN. Stanziata nell’area rurale al confine nord col Venezuela, la guerriglia è largamente appoggiata, soprattutto nelle campagne, anche da figure esterne all’organizzazione.
E se la tregua ha tardato un anno e mezzo ad arrivare è stato per aver trovato un impasse nella richiesta da parte del Governo, di rilascio degli ostaggi politici e dalla pretesa dell’ELN di coinvolgere nel processo di pace anche la popolazione civile e non solo le istituzioni.
L’accordo a cui si è arrivati impone ai guerriglieri di non perpetrare azioni di sequestro o violenza, di mettere fine al reclutamento di giovani nelle loro fila e di fermare gli attentati alle infrastrutture. Da parte sua, il governo si impegna a depenalizzare gli atti di protesta sociale e garantire l’incolumità dei difensori dei diritti civili così come, appunto, la dignità ai militanti reclusi.
L’ONU, appoggiata da rappresentanti da delegati del governo, dell’ELN e della Chiesa di Roma, costituiranno un meccanismo di controllo sul territorio.
Il cessate il fuoco con i guerriglieri dell’Esercito di Liberazione è un primo passo verso il più lungo cammino che dovrebbe portare all’accordo di pace, che rappresenterebbe un secondo grande successo dell’era Santos.
Ad Agosto, infatti, dopo anni di contrattazioni, è arrivata la sigla al patto di pace ed il disarmo delle FARC, che ha intrapreso la strada per diventare partito politico. Ed è di questi giorni l’annuncio della candidatura a premier del loro ex leader, Rodrigo Londoño, conosciuto come Timochenko, per le elezioni politiche del 2018.