Milano e i figli del Melting Pot
Chi arriva a Milano oggi, dopo l’EXPO del 2015, trova una città nuova, moderna, aperta; una città che ha fatto dell’interculturalità la sua linfa vitale, un miscuglio di gente proveniente da tutto il mondo, nuovo motore di questa big city dai colori vivaci che offre lavoro, divertimento, arte
In un week end da turista nella bella Milano, ti accorgi di quanto sia cambiata in poco più di un decennio, grazie alla ventata di freschezza e innovazione strutturale che ha portato l’EXPO 2015, ma anche grazie a una totale immersione e un’apertura mentale verso il mondo oltre il confine; per trovare ad oggi una città tanto moderna e tendente al futuro bisogna scomodare Londra o Berlino.
Camminando per le vie del centro si ha solo l’imbarazzo della scelta su cosa fare: scattare un selfie con i piccioni davanti il Duomo più famoso d’Italia, ammirare le vetrine più “in” di Corso Monte Napoleone o immergersi nell’antico quartiere di Brera, passando per San Babila, cuore pulsante della finanza internazionale e arrivando dritti dritti al Castello Sforzesco, simbolo della nobiltà e della forza medioevale dei territori lombardi.
Alla vista stupefacente de “L’ultima cena” di Leonardo in Santa Maria delle Grazie, ci si potrebbe ritrovare un po’ spiazzati e sedendosi un attimo su una panchina per riprendere fiato, basterà appoggiare la mano sulla superficie di essa per poter sentire ogni due minuti le piccole vibrazioni della metro sottostante, come fosse il respiro della città.
Attraverso queste vene districate in tutta la metropoli, possiamo raggiungere la parte nuova, il fiore all’occhiello, la celebrazione della tecnologia applicata all’arte (o viceversa) che culmina nella Piazza Gae Aulenti. Uno sconfinato spazio per il cittadini, dove basta alzare lo sguardo verso il grattacielo Unicredit per sentirsi in una di quelle città americane che si vedono in innumerevoli film.
Una piazza dove relax e contemplazione sono di casa, un luogo dove sedersi sull’imbrunire dell’ennesima giornata di lavoro, sciogliere il nodo alla cravatta, mettere buona musica nelle orecchie ad osservare l’arancione di un tramonto gentile dipinto tra due boschi verticali.
La sera si può salire con un ascensore ai piani alti di certi edifici e ritrovarsi su una terrazza in puro stile Blade Runner, con quel misto retrò cyberpunk tra neon rossi e gargoyles di pietra, dove il frastuono delle strade è solo uno sbiadito ricordo che non disturba ne interferisce, semmai arreda il setting urbano. Affacciandosi verso i palazzi adiacenti si possono notare mille finestre illuminate, come tante televisioni accese ognuna con un film diverso, ognuna con una storia diversa da raccontare.
La Madonnina svetta alta su tutta Milano e protegge i tifosi della domenica, che come un fiume umano colorato di rosso, di nero e di azzurro affluiscono verso lo stadio di San Siro in una struttura a metà tra fortezza e astronave e la movida della notte, che si riversa nei fine settimana sui navigli; locali pieni zeppi di universitari riflessi sulle tranquille acque che dividono le strade, a simboleggiare la doppia vita di ciascuno di noi tra il giorno e la notte.
E quando si fa giorno e si abbassa il sipario di un week end da turista si incomincia a vedere la città per quella è: Milano è il business class man in abiti su misura con l’obiettivo di fatturare il più possibile in giornata e regalarsi un sigaro premio la sera; Milano sono gli skater che si esibiscono sui gradini del centro, Milano è la signora in pelliccia che porta a spasso il suo curatissimo barboncino.
Milano è un pianoforte che riecheggia in Corso Vittorio Emanuele suonato da qualche passante; Milano sono le ragazze asiatiche dai capelli mille colori tanto vicini a cartoni animati giapponesi e tanto distanti dai punk degli anni ottanta; Milano è il ristoratore brasiliano di nome “Mario” che mette sul piatto il trend e lo swag che la moda impone in quella settimana.
Milano sono le modelle provenienti da tutto il mondo nella settimana della moda; Milano è l’abbreviazione di quasi ogni singola parola nello slang dei giovani per potersi sentire migliori e diversi dai “dinosauri” genitori, ma che forse utilizzano solo per poter perdere meno tempo possibile, in una città che invece il tempo, se lo divora.
Milano è tutto riassumibile in quella parolina tanto di moda negli ultimi tempi, quel Melting Pot che esprime la multi etnicità, la globalizzazione e la multimedialità, di cui la città ha fatto il suo punto di forza.
Reportage a cura di Sergio Basilio