Una domenica in Fondazione Prada
Alcuni spunti per visitare, in una giornata, il complesso voluto della nota casa di moda, da alcuni anni a Milano, che continua a espandersi sul territorio, con la creazione di nuovi spazi e ospitando molti artisti di fama internazionale. Ecco alcune degli elementi artistici e architettonici che mi sono piaciuti di più
Da una finestra al secondo piano di Piazzale Lodi a Milano è visibile in lontananza una piccola torre d’oro che, come una gemma preziosa, illumina il paesaggio di tetti marroni e finestre dello Scalo di Porta Romana. Da alcuni mesi si può ammirare un nuovo edificio (di notte, illuminato, è ancor più suggestivo) in vetro e vernice bianca che in questi primi sprazzi d’inverno mi mescola col colore del cielo.
Le due costruzioni fanno parte della Fondazione Prada, che si trova in Largo Isarco 2, poco lontano da casa mia. Decido quindi di dedicargli una domenica, per la fascinazione degli spazi e la grande risonanza di un nome ospitato in questi mesi come quello di Alessandro G. Inarritu – CARNE y ARENA.
UN PO’ DI STORIA
La Fondazione Prada nasce nel 1993 sullo scheletro di un’ex distilleria degli anni Dieci del Novecento e su uno spazio di 19.000 metri quadri, diventa sede di mostre permanenti e altre stagionali, un punto di riferimento per moltissimi artisti italiani e internazionali; a Milano nasce per impulso della stessa anche l’Osservatorio – sito in Galleria Vittorio Emanuele II e al quale è possibile accedere gratuitamente entro 7 giorni con il biglietto della Fondazione – cosa che faremo nei prossimamente, per ammirare “Questioning Pictures” di Stefano Graziani.
A PROPOSITO DELLA DOMENICA
La mattinata inizia con la colazione al Bar Luce, spazio interno alla fondazione (ma con un accesso indipendente da Via Orobia 9) progettato dal regista Wes Anderson che con le sue pareti color pastello, i flipper e i bonbon colorati riporta alla mente un gusto vintage.
È un bar molto piacevole con luci calde e accoglienti e un soffitto che riproduce la copertura in vetro della Galleria Vittorio Emanuele. Il celeberrimo regista dice: “Ho cercato di dare forma a un luogo in cui mi piacerebbe trascorrere i miei pomeriggi non cinematografici”; che voi siate o meno amanti del cinema il posto vale una visita e un cappuccino, molto buono.
Arrivando in mattinata la fila non è molta, ma ben presto gli spazi si popolano non dando però mai l’impressione di sovraffollamento. Tanti i visitatori stranieri, tanti i bambini, la varietà non manca. La mappa a terra indica diversi spazi con cui prendiamo confidenza rapidamente.
In questo periodo ci sono alcuni percorsi espositivi come il ciclo di arte figurativa proveniente da Chicago degli anni del Dopoguerra e curato da Germano Celant, “Leon Golub, H. C. Westermann e Famous Artists from Chicago.1965-1975” per il quale c’è tempo fino al 15 gennaio 2018, un connubio tra pittura e sculture, un percorso variegato e molto colorato.
Mi sposto al Cinema, uno spazio sotterraneo che ospita un’installazione permanente Processo Grottesco di Thomas Demand la riproduzione di una grotta con tanto di stalattiti in uno spazio buio al quale si accede guardando una serie di cartoline che raffigurano il processo creativo nonché l’ispirazione dell’artista.
Altre scale ci conducono in un edificio rialzato, per questo continuo gioco e contrasto di spazi sopra e sotto che permettono dinamismo e rapidi cambi di prospettiva: siamo nella ora nella Cisterna.
Qui due installazioni molto divertenti che oltre a strappare un sorriso a tanti, controllando i tag della Fondazione Prada su Instagram risultano anche tra le più fotografate: una è Slight Agitation ¾ di Geltin, un omone di cartongesso posizionato a ponte, a riprodurre una sorta di fontanella, non fosse altro che l’acqua esce dai suoi genitali come urina ed entra direttamente nella sua bocca!
L’altra invece è un enorme posacenere costruito in legno, come una scala a chiocciola, con delle sedute dove è possibile sostare e in mezzo un piccolo antro dov’è posizionato un posacenere in cui è permesso fumare una sigaretta (esattamente nel cuore del posacenere).
Il biglietto d’ingresso alla Fondazione ci dà possibilità di entrare (in un orario prestabilito) alla Haunted House, la torretta ricoperta d’oro di cui vi parlavo all’inizio, visitabile all’interno e che contiene le opere di Robert Gober e Louise Bourgeois.
All’ultimo piano, oltre a regalare una magnifica visuale, anche una suggestiva installazione: il rumore di un rigagnolo d’acqua in un tombino artificiale ci invita a guardare propri sotto i nostri piedi dove è possibile notare un cuore gettato in mezzo all’acqua color rosso sangue. Quel cuore mi ricorda immediatamente il disegno dei cartelloni pubblicitari che hanno invaso Milano negli scorsi mesi, quello di Iñárritu (qui una bella recensione di Internazionale) visitabile fino al 15 gennaio 2018.
Mi avvicino al Deposito, anche se ricordo che senza prenotazione non è possibile entrare (non fate come i due turisti francesi davanti a me, non poco delusi). Decido di parlare con dei ragazzi appena usciti dall’esperienza che dura 15 minuti, uno alla volta con istruzioni all’interno, i due, mi raccontano aver preso i biglietti con non poca difficoltà mesi fa, dopo un primo tentativo non andato in porto.
Esperienza da fare, mi dicono, senza negare che “ci si aspettava qualcosa in più dalla realtà virtuale”; immagino che le aspettative fossero molto alte, data non solo la sponsorizzazione ma anche la levatura dell’artista. Mi riprometto così di tentare la fortuna anche io alla prossima apertura delle prenotazioni e fare un viaggio al confine tra Messico e Stati Uniti
ps: Per gli amanti delle foto must, non dimenticate che tra i più fotografati ci sono i bagni della Fondazione, quindi vale di sicuro una sosta, sempre che riusciate a capire se spingere o tirare le grate in acciaio di cui sono fatte le porte; i tradizionalisti possono stare tranquilli: per capire se è occupato o meno i colori sono sempre il verde e il rosso!