Quando la lotta contro il disarmo nucleare vince il Nobel per la pace

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L’ICAN, l’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons, ha conquistato quest’anno il Premio Nobel per la Pace per aver contribuito a ottenere un trattato sul disarmo; e a Luglio 2017 l’approvazione del Trattato sul bando per le armi nucleari vieta anche all’Italia la possibilità di ospitare testate nucleari

Le campagne contro il disarmo nucleare "conquistano" il Nobel.

Le campagne contro il disarmo nucleare “conquistano” il Nobel.

Dal 1901 per la 19ª volta il Premio Nobel viene assegnato a chi si impegna nella “difesa delle relazioni amichevoli tra i popoli”: a vincere quest’anno è stata Ican (International Campaign to abolish nuclear weapons), fondata nel 2007 e che raccoglie 406 organizzazioni partner in 101 Paesi e alla quale in Italia aderiscono le associazioni Senzatomica e Rete Disarmo.

La Ong è stata sostenuta, tra gli altri, dal Dalai Lama e da Jody Williams, la pacifista statunitense fondatrice della Campagna Internazionale per il Bando delle Mine Antiuomo. Ican ha vinto con la motivazione di aver dato “una nuova direzione e un nuovo vigore nell’ultimo anno agli sforzi per ottenere un trattato che metta al bando le armi nucleari”.

Al Nobel, consegnato a Oslo, si sono candidati in 318, secondo numero più alto tra tutte le edizioni del premio. Dopo 100 anni, inoltre, a far parte della rosa dei candidati per il 2017 anche Federica Mogherini, che nel 2015 ha contribuito nelle vesti di Alto Rappresentante dell’U.E. per la Politica Estera e la Sicurezza al raggiungimento dell’accordo sul nucleare.

Insieme al ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif, la Mogherini è stata considerata tra i migliori candidati dal direttore dell’Istituto della pace di Oslo in quanto “hanno guidato il processo che si è concluso con l’allentamento delle sanzioni contro Teheran in cambio delle restrizioni nucleari”.

Gli accordi internazionali vincolanti nel passato hanno riguardato l’adozione di divieti contro le mine antiuomo, contro le bombe a grappolo, contro le armi biologiche e chimiche. Le armi nucleari, paradossalmente, finora non sono state oggetto di una proibizione giuridica internazionale.

Lo scorso luglio la Conferenza delle Nazioni Unite ha approvato il Trattato sul divieto delle armi nucleari, al quale hanno partecipato delegazioni di circa 140 Paesi e della società civile: l’unico Paese partecipante che possiede armi nucleari sono stati i Paesi Bassi, che infatti hanno votato a sfavore.

Il punto fondamentale del Trattato è larticolo 1, che vieta agli stati aderenti di testare, acquisire, trasferire, utilizzare e incentivare qualsiasi dispositivo nucleare esplosivo, compresa «qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione o controllo».

Quest’ultimo passaggio vieta il cosiddetto “nuclear sharing”, ovvero la possibilità di ospitare testate termonucleari di altri Paesi (come nel caso dell’Italia con gli Stati Uniti).

Il Comitato del premio ha rivolto un appello a tutti gli Stati al fine di avviare negoziati per la graduale eliminazione delle 15.000 armi nucleari presenti ad oggi in tutto il mondo. Il fatto che alcuni Paesi stiano modernizzando i loro arsenali nucleari fa emergere un pericolo reale: il ruolo dell’organizzazione non-profit Ican ha avuto il merito di contribuire a fare chiarezza sulle conseguenze dell’utilizzo delle armi nucleari.

Beatrice Fihn, direttrice della della Ong, ha sottolineato che il premio “è un messaggio agli Stati che hanno armi nucleari”: l’obiettivo di un mondo libero da armi si deve fare sempre più concreto. Per riprendere il discorso del disarmo nucleare saranno necessari nuovi accordi in questo senso tra i Paesi europei coinvolti e gli Stati Uniti.

Donald Trump ha fatto sapere di aver preso una decisione sulla sorte dell’accordo sul nucleare iraniano; la più probabile è che sia il Congresso degli Stati Uniti a decidere il destino del patto con l’Iran. Un accordo sarà rinegoziato senza il ripristino delle sanzioni, tuttavia questa decisione non può essere unilaterale, soprattutto luce della crisi nordcoreana.

Ricordando altri premi Nobel per la Pace, quando nel 2009 vinse Barack Obama, il 44° inquilino della Casa Bianca commentò così l’assegnazione: “Il problema maggiore è che io sono il comandante in capo di due guerre“. Finché non ci sarà coerenza tra dichiarazioni e fatti, ogni premio resterà solo sulla carta.

Marta Donolo

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