Dai cupi anni ’80 al disagio del 21° secolo: il racconto di Giancane
Il cantautore romano Giancane racconta la sua evoluzione negli anni e ci presenta il nuovo lavoro “Ansia e Disagio”, in uscita il 7 dicembre
L’Italia, si sa, è sempre stata terra di cantautori, o spesso presunti tali. Il cantautorato si sa fa breccia in quegli spaccati di vita comune in cui tutti prima o poi incappiamo. Il compito di un cantautore sicuramente è catturare l’attenzione, dipingendo quella quotidianità a tutti nota nel modo più personale possibile.
Giancane è un cantautore romano, oltre che chitarrista del Muro del Canto, e il suo stile non è assolutamente tradizionale. I ritmi folk si mischiano a testi ironici ma tremendamente profondi, che con spiazzante cinismo suonano dritti nello stomaco. Un progetto nato per scherzo suonando a casa, ma presto diventato quel Giancane che il 7 dicembre presenterà il suo secondo album, Ansia e Disagio, al Monk, a Roma.
E proprio di questi anni e del nuovo lavoro abbiamo parlato con l’artista.
“Ciao sono Giancane e non sono un cantautore di merda”. Chi è Giancane ce lo hai già cantato e non abbiamo dubbi, ma a partire da Carne, tuo primo EP, ad oggi, com’è cambiato Giancane e questo progetto solista?
Sono invecchiato, con tutto quello che comporta. A dicembre saranno passati 4 anni, Carne è uscito il 12/12/… 13, peccato mi piacciono i numeri palindromi infatti “Ansia e Disagio” lo presenterò il 7/12/17. Tutto studiato, sto in fissa con i numeri, non lo so perché sono impazzito probabilmente. Cosa è cambiato? È cambiato che da una cosa che doveva essere una data e basta ce ne sono state circa 200, quindi è cambiato parecchio. In corsa soprattutto sono subentrati vari elementi fondamentali per me ad oggi, per cui senza non sarebbe Giancane. A parte me stesso naturalmente. Alessio Lucchesi che suona la chitarra, Claudio Gatta alla batteria, Guglielmo alle pianole, il “fisa” del Muro Del Canto (Alessandro Marinelli) che a spot si presenta sui palchi e questo mi fa piacere. È cambiato tanto, è cambiato l’approccio al live, quello mio nello scrivere. Non so se in bene o in male, sì però sono cambiato, quindi è pure normale che cambi la metodologia. Sono invecchiato in quattro anni.
Stai diventando anche tu quel “Vecchio di…”.
Quel vecchio di cui parlavo (ride, ndr). Non mi sono mai tirato fuori da questa terminologia. “Vi odio finché non sarò anche io un vecchio di merda”, perché è quello: già lo sono e lo sto diventando a grandi passi. Però sì, è cambiato ma non troppo, perché l’approccio cerco di mantenerlo sempre così: Non me ne deve fregare un cazzo. L’approccio è quello.
A proposito… ci spieghi la storia del roadie dell’Equipe 84?
Sì diciamo che è un po’ romanzato, non faceva proprio quel mestiere. Era uno che si era presentato per farmi da manager, che millantava queste collaborazioni incredibili. E io dicevo, ma cosa c’entro con l’Equipe 84? Oppure in genere parlano sempre di Giorgia, quando devono mettere qualche nome importante dicono sempre Giorgia e anche lì dici “ma io cosa c’entro con Giorgia o gli Equipe 84, perdonami”. E quindi ho voluto metterlo in musica questo aneddoto. Questo diceva di fare il manager, parliamo di 4 anni fa, gli smartphone già esistevano, le email erano abbastanza importanti…col Nokia 3310. Che io dicevo: ma se t’arriva un’email, poi che fai? Vai all’internet point? (ride) Diciamo che ho un po’ desistito su questa cosa.
Dai tuoi testi esce uno spaccato tragicomico di vita quotidiana in cui tutti, nel bene o nel male, riusciamo a rispecchiarci. Cosa c’è dietro ogni testo? Come nasce un pezzo di Giancane?
Dietro i testi c’è esperienza, in prima persona o di qualche persona a me molto vicina, che mi racconta cose e me ne fa venire in mente altre. Nel 98% dei casi è proprio esperienza di vita. È la mia, che poi sono una persona quindi probabilmente potrebbe anche essere la tua esperienza. Una persona un po’ scema a volte, quindi mi ficco in situazioni apposite. L’umanità mi piace, in realtà, perché mi dà degli spunti molto belli secondo me. Ho fatto il militare, per esempio, apposta per andare a vedere come fosse la loro vita. Ne ho fatte tante, anche l’attacchino… oppure ora sono 3 anni che sono abbonato in curva sud. È una bomba, però non ci ero mai stato a vivermela. Mi piace cercare di capire le situazioni e se ci sono cose interessanti provo a buttare giù qualcosa. Sociologia (ride). Cerco di mettere in musica quello che mi succede, perché è l’unico modo che ho e che conosco. Sono anche molto timido, non si direbbe, ma sono di una timidezza grave. Quando sono Giancane mi levo i filtri e sto proprio meglio. Dopo un concerto mi sento proprio meglio, libero.
In “Una vita al Top” compaiono diverse collaborazioni: Galoni, Matteo Gabbianelli dei Kutso, Alessandro Pieravanti amico e compagno de Il muro del canto. Pensando ad almeno altri 3 artisti con cui vorresti collaborare chi sceglieresti?
Uno l’ho messo nel disco nuovo. Uno sicuramente è Vasco, che non sta nel disco nuovo… magari. Un altro è Max Pezzali, nemmeno lui… magari. C’è Rancore, e lui è nel disco. Il Danno… Non sono tantissimi. Ne ho detti 4 invece che 3 va bene uguale? (ride). Rancore è nel disco, gli ho fatto scrivere una parte. Meno male che ha accettato, per me adesso è il mio pezzo preferito del nuovo disco.
Estate 2017, poco dopo il tuo ultimo live a Roma viene presentato il video di Limone, prodotto in collaborazione con Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio. Come è nata questa collaborazione?
Io e lui ci conosciamo ormai da parecchio, gli avevo mandato Limone, il pezzo, in anteprima: sentiti sto pezzo e dimmi che ne pensi. Ha perso la testa, ha perso completamente la ragione e io lo ringrazierò per sempre. Ha detto “Dobbiamo fare un video insieme” perché lui ha una società di produzione video che si chiama TUMAGA, si voleva buttare in questa avventura e ha voluto iniziare questa avventura con Limone. Abbiamo fatto il video di Limone ed è stato forte farlo. Riprende un po’ il mio passato, ovviamente molto romanzato, ma deriva da una mia storia personale. Non che spacciassi, ma avevo quella bici ad Ostia in quegli anni e me l’hanno rubata con una siringa e da lì abbiamo pensato alla sceneggiatura del video.
https://www.youtube.com/watch?v=1b1QejlR87Y?rel=0
Proprio in Limone c’è un ritratto cupo degli anni ‘80, sembra quasi voler aprire gli occhi ai tanti che mirano artisticamente e non solo ad un’epoca considerata “favolosa”, ma c’è anche un aspetto autobiografico come raccontavi, alla fine si capisce proprio che quel bambino è Giancane.
Ripeto, romanzato. Sennò non stavamo qui a parlare. O ero tanto ricco o ero in galera… o morto (ride).
Come nasce Limone e quanto pesano questi aspetti nella sua scrittura?
Io l’ho voluto fare proprio per questa ragione, non ho un bel ricordo di quegli anni. So’ vecchio, sono nato nel 1980. Li ho vissuti tutti e a Ostia, perché i miei sono separati e mio padre abita lì. Quindi da quando ho 3 anni sono diviso tra Prati e Ostia, due cose senza senso. E il ricordo che ho è proprio del disagio, non quello che usiamo comunemente per scherzare, ma proprio quello della vita reale e lì tutt’ora è così. Dove abbiamo girato il video si vedono ancora scene, non dico così ma quasi. È un ricordo che ho…è una merda, mi ricordo proprio che è una merda. Ma non solo questo, c’è stato anche il bello è vero, ma non scordiamoci che c’è stata anche l’immondizia, che c’è stata l’eroina che ad oggi ancora fa danni e sono passati ad oggi 30 anni. Lo so che sembra strano, ma un messaggio dietro c’è. L’incipit del pezzo è fatto apposta: avete rotto il cazzo con gli anni ‘80, con quel lato lì, ricordiamoci anche che c’è l’altro.
Invece l’ultimo singolo pubblicato, Disagio, a vedere le stories Instagram del video credo ci siamo un po’ tutti immedesimati nel testo. Pensi sia più forte il disagio con l’arrivo dei social?
Sì questo è un altro tipo di disagio, non è lo stesso di cui parlavamo prima (ride). C’è un termine tedesco: Fremdschämen.
Esprime il concetto di “Io mi vergogno per te”. È quando tu senti l’imbarazzo per un altro. Avrei voluto fare un pezzo che si chiamasse in quel modo e la traduzione che più mi è venuta in mente è Disagio. Con l’arrivo dei social aperti a tutti, c’è un sottobosco di malattie mentali. A me piace molto, fare ricerche e in un paio di mesi ho trovato tutti quei personaggi assurdi del video e sono tutti veri. Cioè nel video sono tutte persone vere a cui ho cambiato i nomi e le immagini di Instagram o li ho pixelati, perché comunque è illegale. Però sono tutte persone con un profilo su Facebook, persone come noi. Ce n’è uno che ho chiamato Johnny Cocaina, quello fa paura e fa ridere, ma in realtà è una persona che scrive determinate cose. È una persona che mentre si fa di eroina con un cucchiaino, guarda Gesù dentro il cucchiaino. Il disagio non è più forte con i social, ma è più alla portata di tutti. Magari prima non ci facevi caso, se non in determinate occasioni dove lo incontravi. Adesso se fai una ricerca sporadica ti può uscire qualsiasi cosa. Da un lato forse è bello, ma da un altro forse proprio per nulla. Magari c’è chi lo capisce, ma magari c’è anche chi non lo capisce.
Un’altra menzione sul video: quanto gioco c’è rispetto a “Sconosciuti da una vita” di Fedez e J-Ax?
In realtà nessuno, il loro video è uscito 48 ore prima e ho perso la testa, non me l’aspettavo proprio. Quando me l’hanno mandato, la sera prima che uscisse il video mio ho detto “E no”. Purtroppo nessun gioco, anzi ho pure rosicato, fino ad allora non c’era un Instagram Stories video. Quarantotto ore maledette. Però il mio è in verticale e il loro no. Quello è importante.
“Una vita al top è stato un successo per alcuni aspetti inaspettato già al debutto, con 3 sold-out consecutivi per altrettanti release party organizzati qui a Roma. Quali sono state le tue reazioni? A questo punto si alza un po’ l’aspettativa per “Ansia e Disagio”?
Purtroppo non sono così positivo nella vita, mi aspetto sempre di peggio. All’epoca non mi aspettavo nulla, adesso se riuscissi a bissare questa cosa per me sarebbe già un traguardo. Io mi aspetto sempre il nulla cosmico, il vuoto. Sono molto ansioso, non mi aspetto mai nulla.
Quindi la componente d’ansia c’è.
Uh… eh beh ti ripeto è autobiografico! (ride)
In ogni caso, ti manca il palco.
La mia dimensione è quella, non potrei mai pensare di fare solo dischi senza live, come alcuni ogni tanto dicono. Come Liberato, come fai a non suonare?
Ma soprattutto chi è Liberato?
Ma quello sti ca**i, però suona! Non ti far vedere, però ogni tanto fattelo un live, potrebbe essere anche bello.
Siamo ormai a pochi giorni dall’uscita del nuovo album “Ansia e Disagio”, secondo album in studio e primo sotto un’etichetta, la Woodworm label. Puoi presentarci un po’ questo nuovo lavoro e la serata del 7 dicembre?
È una raccolta. “Ansia e Disagio” è una raccolta di due anni e mezzo di live. Si sente l’evoluzione di questi 2 anni e mezzo, a mio avviso. Io riesco a percepirla nella scrittura, nei pezzi. È un disco strano a mio avviso. Sono tutti piccoli giochi, è per questo che ho voluto fare la settimana enigmistica come copertina e dentro al libretto ci sono tutti i giochi della settimana enigmistica da fare, ognuno per un pezzo del disco. Questo perché è un connubio di elementi: sono partito solo, poi è arrivato un altro e poi un altro ancora. Ci sento una crescita, ma non vorrei sembrare pomposo. C’è una ballata lenta, con un assolo in fade out, che dura circa 4 minuti. Ho voluto fare quello che mi pareva, con tutto quello che può derivarne. Ringrazio Woodworm a cui è piaciuto e ci sta credendo. Io fossi stato in loro…(ride)
No l’avrei fatto, a me piace e sono contento.
Ci sono un sacco di collaborazioni, in ogni disco voglio delle persone che in un determinato genere, momento o periodo della mia vita hanno fatto tanto per la mia crescita. L’assolo è di Ludovico Piccinini, chitarrista dei Prophilax, detto così può far ridere, ma io ho preso 10 anni di lezioni da lui e senza lui ora non saprei mettere nemmeno le dita sulla chitarra. Quando ho pensato ad un assolo, l’ho cominciato io ma poi mi son detto “Qua ci vuole lui, me lo ha insegnato lui a fare questa cosa”. Il pezzo di Rancore in mezzo, per me vale tanto anche se poi dura un minuto, perché lo ha stravolto, gli ha dato un’altra percezione ed era quella che stavo immaginando senza che gli dicessi niente. Poi c’è Gigi D’agostino. Quello c’è scritto proprio dietro. Da due anni e mezzo noi facciamo l’applausometro, il momento lucchesi si chiama, e dalla Calabria alla Valle d’Aosta vince Gigi D’Agostino. L’unico artista che lega tutta Italia è lui. L’ho voluto omaggiare di una cover.
Nella serata del 7 dicembre faremo ovviamente pezzi vecchi e ovviamente pezzi nuovi. Cercherò di chiamare tutti gli ospiti che hanno suonato sul disco, sarà un’ora e mezza / due ore di presa a bene. È da maggio che non suoniamo ed abbiamo una voglia di salire sul palco incredibile.
Con il tuo solito “Ciao Roma” che ormai è più che un classico.
Sì, quello lì è il sogno di una vita che posso coronare tutte le volte che suono a Roma, è bellissimo. (ride)