Codice antimafia: quali novità per combattere i fenomeni mafiosi?
Nuovi strumenti di contrasto alla mafia: dagli ecoreati al condizionamento delle infiltrazioni mafiose nelle imprese
Lo scorso 19 novembre è entrato in vigore il nuovo Codice antimafia, un testo approvato il 27 settembre di quest’anno e che sostituisce il Codice del 2011. La legislazione antimafia in Italia si è posta il problema della lotta alla mafia e dell’evoluzione dei fenomeni mafiosi, in particolare estendendo la possibilità di applicare misure come il sequestro preventivo dei beni anche a indiziati di corruzione.
Il dibattito intorno al nuovo Codice (qui il testo completo) si è incentrato in particolare sulla norma riguardante le misure di prevenzione di natura personale e patrimoniale estese a destinatari che abbiano commesso reati contro l’amministrazione pubblica, come peculato, corruzione e concussione, e reati di associazione mafiosa.
La possibilità di confiscare i beni si estenderà anche ai casi di stalking violento, di favoreggiamento della latitanza e di terrorismo. Le misure di prevenzione su sospetti di reati comuni erano già state previste con il “pacchetto sicurezza” del 2008/2009, dove la confisca patrimoniale si estendeva ai reati della criminalità organizzata straniera e all’immigrazione, previa verifica della “pericolosità sociale” e dell’esistenza di una quantità di beni non compatibile con il reddito dichiarato.
Il testo in oggetto ha come obiettivi una più rapida confisca dei beni, un maggiore controllo sulle infiltrazioni mafiose nelle aziende, maggiore trasparenza nella selezione dei beni confiscati, una maggiore rotazione nella nomina degli amministratori giudiziari, la tutela dei posti di lavoro nelle aziende sequestrate e la riorganizzazione dell’Agenzia per la gestione dei beni confiscati.
Confisca dei beni. Oltre agli strumenti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, la confisca allargata diventa obbligatoria anche per alcuni ecoreati e per l’autoriciclaggio. Il sistema di confisca dei beni applicherà prassi diverse, con la possibilità di accesso al Sistema di interscambio flussi (SID) dell’Agenzia delle Entrate. Se il denaro utilizzato per acquistare i beni è frutto di evasione fiscale non si potrà giustificare la legittima provenienza dei beni stessi.
Infiltrazioni mafiose nelle aziende. Il controllo giudiziario delle aziende infiltrate sarà attuato in caso di pericolo di condizionamento delle attività di impresa. Il procedimento potrà durare da uno a tre anni e potrà essere ad iniziativa su base volontaria. Il sequestro di partecipazioni sociali si estenderà a tutti i beni aziendali da parte della polizia giudiziaria.
Per i beni immobili occupati senza titolo sarà ordinato lo sgombero; sarà possibile la concessione in locazione di questi immobili alle forze dell’ordine. Le aziende confiscate meritevoli per il proseguimento dell’attività potranno contare sul Fondo di garanzia di 3 milioni di euro l’anno e del Fondo per la crescita sostenibile di 7 milioni di euro all’anno (Legge di stabilità 2016).
La riorganizzazione dell’Agenzia per la gestione dei beni confiscati. L’Agenzia avrà 200 dipendenti e sarà controllata dal Ministero dell’Interno; potrà assegnare i beni confiscati a enti territoriali e associazioni.
Una maggiore trasparenza nel ruolo degli amministratori giudiziari. Gli amministratori giudiziari saranno soggetti a maggiore rotazione e il regime di incompatibilità sarà esteso ai familiari dei curatori fallimentari. L’amministrazione giudiziaria di beni e aziende è stata estesa a indizi che evidenzino come l’attività di impresa agevoli l’attività di soggetti condannati per reati di mafia o gravi reati contro la PA.
Maggiore trasparenza nella selezione dei beni confiscati. Le banche colluse titolari di ipoteca sul bene confiscato non otterranno l’ammissione al credito prestato.
Le norme sopra descritte sono volte a contrastare la commistione tra criminalità organizzata, politica ed economica ed evidenziano la necessità di raggiungere l’ obiettivo sempre più critico, a livello istituzionale, di una gestione più efficiente dei beni e di un maggiore supporto amministrativo da parte delle prefetture e dell’Agenzia nazionale.
Sotto il profilo giuridico, saranno sempre più determinanti la qualità delle procedure amministrative, della gestione patrimoniale e produttiva e delle capacità di progettazione. I beni confiscati, caratterizzati da un uso esclusivo e criminale, si trasformeranno così in bene comune ad uso condiviso, contribuendo all’occupazione, allo sviluppo culturale e alla crescita economica del contesto locale nel quale sono avvenuti i reati.