Hai detto povertà? Io ho la soluzione

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Secondo l’Istat sono 4,7 milioni gli italiani che vivono in uno stato di povertà assoluta. Dopo anni di promesse e tentativi, nel 2017 l’Italia si è dotata di un primo strumento di contrasto. Ma la corsa al voto ci sta riservando altre novità

La povertà è un problema serio che necessita di risposte altrettanto serie. Siamo in campagna elettorale e di misure economiche per il sostegno alla famiglia ne sentiamo di ogni sorta – basterebbe aprire la parentesi “bonus” per ritrovarsi in un attimo incastrati in un bel ginepraio – ed ognuna è più allettante dell’altra!

Poniamo il caso di voler dare il nostro voto il prossimo 4 marzo proprio a quella forza politica che ha promesso la migliore soluzione per uscire dalla povertà: cosa scegliereste tra reddito di inclusione, reddito di cittadinanza e reddito di dignità? Andiamo a vedere.

Reddito di inclusione – REI
I Governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni hanno varato la prima misura nazionale a favore di chi versa in povertà assoluta: dal 1° dicembre 2017, infatti, tutti coloro che si ritengono indigenti possono far presentare domanda al Comune, che poi trasmetterà all’Inps, richiedendo il beneficio economico mensile e l’attivazione di un progetto per il reinserimento sociale e lavorativo.

Il contributo economico, caricato su di una carta di pagamento elettronica, viene impartito a nuclei familiari con Isee non superiore a 6 mila euro e varia da un massimo mensile di 187,5 euro per una persona sola fino a 485 euro per un nucleo di cinque o più persone.

Ad oggi, accanto ai requisiti di cittadinanza/soggiorno ed economici, si chiede il rispetto di requisiti familiari –  presenza di minore o persona con disabilità o donna in stato di gravidanza o  over 55 senza lavoro – che dal 1° luglio 2018 però cadranno lasciando sì che la misura diventi universale.

Da più parti il REI è stato applaudito quale misura di contrasto concreta perché regolamentata da stringenti norme e programmata per essere politica “attiva” e non “passiva”. Tuttavia, rimane il nodo finanziamento: il Governo ha stanziato per il primo anno 1,7 miliardi di euro che aumenteranno a 2 miliardi nel 2019, seguirà così crescita progressiva, ma gli analisti e terzo settore mostrano scetticismo nel ritenere adeguato lo sforzo economico.

Reddito di cittadinanza
Si tratta di una proposta di legge depositata dal M5S nel 2013, rimasta invariata e rilanciata col nuovo appuntamento elettorale. L’obiettivo è quello di garantire a tutti un reddito minimo non inferiore a quello della soglia di rischio povertà individuata da parametri Eurostat e pari a 780 euro mensili a persona.

Per ottenere il contributo basterà essere maggiorenni, non avere un lavoro o essere inoccupati e percepire reddito o pensione sotto la soglia. Dopo aver ricevuto il beneficio occorre iscriversi ad un Centro per l’impiego, dare disponibilità a progetto utili per la collettività per 8 ore settimanali, accettare uno dei primi tre lavori offerti.

La misura, pertanto, è volta a colmare il divario di povertà relativa, quindi la persona o famiglia beneficerà della differenza tra il reddito in possesso e quello di soglia.  A ben vedere si tratta di una misura molto generosa che necessità di stanziamenti ingenti. Secondo i calcoli del M5S, il contributo dello Stato ammonterebbe a circa 15 miliardi, ma secondo un accodo studio degli economisti Baldini e Daveri non sono stati calcolati dei fattori che fanno invece, e concretamente, lievitare il costo della misura in ben 29 miliardi di euro, praticamente il doppio. Le coperture? Quelle indicate non sono sufficienti a finanziare la misura.

Reddito di dignità
Sappiamo ancora molto poco di quest’ultima proposta lanciata in un’intervista radiofonica da Silvio Berlusconi il quale si è limitato a dire di essersi ispirato al premio Nobel Milton Friedman e di voler garantire a tutti coloro che versano in povertà assoluta un reddito di 1.000 euro al mese. Pertanto, chi ne possiede di meno, ne riceverà la differenza.

Avrà camminato sulle medesime orme del M5S? Luigi Di Maio accusa Berlusconi di plagio. Le due proposte sono effettivamente molto simili, differiscono nella platea di destinazione, ovvero, Berlusconi mira a superare la povertà assoluta, Di Maio invece quella relativa aumentando il numero dei beneficiari finali. I costi per lo Stato circa i medesimi, sempre gli economisti Baldini e Daveri – in un articolo dal titolo “Garantire la dignità costa” – hanno stimato la misura del centrodestra in 29 miliardi per lo Stato.

Italia Paese dei balocchi! In campagna elettorale è lecito pensarlo, ma si tenga bene presente che spesso ci troviamo dinanzi a cavalli da corsa rodati in anni e anni per correre il miglior circuito oppure freschi puledri di razza la cui giovane età è indiscutibilmente allettante. Insomma, non consideriamo queste promesse elettorale, bensì proposte elettorali che il Parlamento potrà prendere in carica.

Silvia De Maglie

 

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