Sudafrica: Jacob Zuma lascia a Ramaphosa
Gli scandali politico–economici hanno travolto Jacob Zuma, in carica dal 2009, costringendolo a dimettersi dal suo stesso partito
Dopo mesi di pressioni, Jacob Zuma ha ceduto ed ha rassegnato le dimissioni da Presidente della Repubblica Sudafricana. Sfiduciato dal suo stesso partito – il Congresso Nazionale Africano (ANC) di cui era la guida – Zuma ha provato a resistere il più possibile, negando qualsiasi coinvolgimento nei numerosi scandali politico–economici in cui era stato chiamato in causa – si contano quasi 800 denunce, più e meno gravi.
Dopo aver inizialmente rifiutato di lasciare l’incarico, ha successivamente scelto di fare un passo indietro evitando la mozione di sfiducia parlamentare – peraltro non vincolante a livello giuridico. “In tutta la mia vita – si è congedato – ho servito il Sudafrica facendo il massimo delle mie possibilità, così come per il partito”.
Per quanto si fosse dichiarato amareggiato dalla presa di posizione dell’ANC nei suoi confronti, aveva comunque riconosciuto una mini crisi politica data dalla propria permanenza: “Non deve esserci alcuna divisione all’interno del partito a causa mia: anche se non sono d’accordo con le decisioni prese, mi dimetto immediatamente”.
Jacob Zuma, 75 anni, è cresciuto nelle file dell’ANC dove era entrato nel 1997. Nel 2009 fu eletto con il 67% delle preferenze e 5 anni dopo si confermò per il secondo mandato, perpetrando il potere del partito di Nelson Mandela – che ha guidato il governo dal 1994. Il 2019 avrebbe segnato, comunque, la fine del percorso presidenziale, in quanto la costituzione non prevede oltre due mandati consecutivi. Diverse vicissitudini non gli hanno permesso di portare a termine la carica nel migliore dei modi.
ln realtà la presidenza di Zuma è stata macchiata da accuse di illecito nella sua quasi interezza: si va dalla corruzione all’impiego di denaro pubblico per fini personali, passando per il racket, fino al favoreggiamento di ingerenza politica. Il tutto cominciò proprio a ridosso della prima elezione, nel 2009: Zuma venne accusato di essere coinvolto in un traffico d’armi cui avevano preso parte diverse compagnie internazionali europee.
Uno scandalo da 5 bilioni di dollari risalente a dieci anni prima, nel 1999, quando il neopresidente aveva appena preso le redini dell’ANC. Le accuse decaddero giusto in tempo per non compromettere la votazione, ma l’opposizione non perse tempo a parlare di abuso di potere nell’influenzare i procuratori.
Nel 2016, durante il secondo mandato, l’ex presidente utilizzò 23 mila dollari di fondi pubblici come anticipo sulle spese per abbellire la propria abitazione di campagna. Lo scorso dicembre, infine, lasciò che alcune nomine di gabinetto venissero decise dai Gupta, un clan inviso dal governo e dalla popolazione per i continui eventi di corruzione e collusione con personaggi politici, cui Zuma è stato in stretti rapporti e che sarebbe stato avvantaggiato dal Presidente per ottenere diversi importanti contratti governativi per il loro variegato giro d’affari. La famiglia Gupta, infatti, gestisce attività ed imprese in ambito informatico e tecnologico così come nel settore energetico e minieristico.
Insomma, più di un argomento sufficiente a gettare ombre sulla figura presidenziale e sul partito che lo sosteneva. Ed è per questo che già dallo scorso dicembre si erano fatte forti le pressioni da parte dell’ANC per la rinuncia. Rinuncia necessaria, come ha sostenuto il segretario generale Ace Magashule “Per il bene del Sud Africa”.
Quale sarà, esattamente, l’interesse del Paese? Dallo scorso 15 Febbraio, questo sarà compito di Cyril Ramaphosa, vice di Zuma, che ha immediatamente assunto il ruolo di Presidente ad interim in quanto unico candidato nominato dal Parlamento. Ramaphosa realizza, così, la sua antica ambizione di presidenza.
Di estrazione legale, 65 anni, Ramaphosa ha un passato da sindacalista e attivista anti apartheid: nel 1994 era stato vicino a essere successore di Mandela ma si era visto scavalcare da Mbeki. Successivamente si era dedicato al mondo degli affari, diventando uno dei più ricchi uomini del Sudafrica, ma senza abbandonare mai del tutto la politica. Nel 2017 è diventato leader dell’ANC e vice di Zuma. Dalla scorsa settimana, guiderà il Paese.
A poche ore dalla nomina, Ramaphosa ha parlato di rilancio economico e lotta alla corruzione. Il Sudafrica è afflitto da un tasso di disoccupazione che sta al 30% e colpisce in modo particolare le fasce più giovani. A completare l’opera la preoccupante diffusione di corruzione e collusione, che hanno ulteriormente allontanato i papabili investitori dai mercati locali. Durante il discorso di insediamento, venerdì, Ramaphosa ha parlato di un milione di posti di stage retribuiti da attivare nei prossimi anni: con quali tempistiche ed in quali settori, non è stato approfondito. Così come non è stato chiarito con quali strategie si possa indebolire un sistema corrotto e clientelare.
Tuttavia, quando il nuovo Presidente ha suggerito di seguire le orme di Mandela sapeva di andare sul sicuro: “Continueremo sul percorso da lui tracciato, per costruire una società libera, eguale e migliore. Guidati dal suo esempio, ci impegniamo per essere una guida etica”.
È iniziata un’epoca di nuove promesse?