Il legame tra valorizzazione dei beni culturali e sviluppo locale
La necessità di strumenti adeguati di tutela e valorizzazione dei Beni culturali tra turismo stagionale e governance multilivello
I beni culturali italiani riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO rappresentano un’offerta culturale vastissima, come si evince dai numeri del 10° indicatore Istat Cultura e tempo libero. Queste risorse, o beni pubblici, fanno parte di un ecosistema culturale che presentano diversi livelli di degrado. Si tratta di beni che possono apportare un fondamentale contributo sia all’economia nazionale sia alle singole comunità in quanto strumento competitivo di sviluppo locale.
Tuttavia, il legame tra un territorio ed il suo patrimonio necessita di strumenti adeguati di tutela e valorizzazione. Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio dedica alla valorizzazione gli articoli 6 e 7 nelle disposizioni generali. La coordinazione degli interventi, in particolare la programmazione negoziata, è un metodo di programmazione economica tra istituzioni e organizzazioni locali che ha come obiettivo l’occupazione. Il “particolare interesse istituzionale” di un bene culturale indica l’esclusività della tutela da parte dello Stato; sono inoltre previsti strumenti pattizi quali intese istituzionali e accordi di programma quadro, molto diffusi nell’ambito del patrimonio e dei servizi culturali regionali, che indirizzano verso un modello di valorizzazione “negoziata”.
L’ipotesi di sfruttamento delle economie dei beni culturali derivanti dal settore turistico favorisce altri settori trainanti, quali reti di settore ed educazione alla cultura e all’ambiente. Gli indicatori da analizzare riguardano le presenze turistiche, la capacità ricettiva, il traffico aeroportuale e crocieristico e la dotazione paesaggistico-culturale. L’eccessiva dipendenza economica legata a un turismo “monocultura”, legato ad esempio alla stagione balneare, deve tuttavia fare i conti con la stagionalità e la sostenibilità nel lungo periodo dovuta ai costi ambientali collegati alla costruzione di infrastrutture e allo sfruttamento di scarse risorse. Le ricadute economiche avvantaggiano infatti spesso soggetti terzi con sede legale in altri paesi, quali alberghi, tour operator, compagnie di viaggio.
L’elaborazione di nuove politiche culturali e di processi socio-economici attribuirebbe a singoli beni lo sviluppo territoriale di un’area specifica. L’attuale frammentazione degli interventi rischia infatti di condurre a una autoimprenditorialità con alti costi. Lo strumento più adatto per realizzare queste politiche fa riferimento alla multilevel governance, un sistema che coinvolge tutti i livelli di governo, favorendo la compartecipazione con i soggetti privati. I diversi modelli di gestione – diretta, fondazione, concessione – identificano responsabilità collettive con riguardo a un patrimonio comune. Ad esempio, l’utilizzo del modello della società mista nella gestione delle attività di valorizzazione dei beni culturali agevola il mecenatismo e il sostegno alla contabilità pubblica. La produzione di valore condiviso serve a superare la visione conservativa applicata ai beni culturali: dall’idea di custodia le istituzioni passano al ruolo di facilitatore di creazione di nuove produzioni culturali con ricadute di sviluppo sul contesto locale.
Marta Donolo