Luca Spennacchio al canile romano della Muratella
Canile 3.0 è il progetto dell’educatore cinofilo di fama nazionale presentato lo scorso sabato al pubblico al canile comunale della Muratella. Un convegno formativo, in cui si è voluto raccontare e ripercorrere la realtà del canile fin dalla sua istituzione
Sabato 24 marzo. Nella sala convegni del canile comunale della Muratella a Roma gremita di addetti ai lavori, volontari, estimatori e tanti cittadini, Luca Spennacchio, educatore cinofilo che da moltissimi anni lavora con i cani e per i cani, ha raccontato “Canile 3.0, cani persone e società”. Un progetto in cui delinea un modello ideale, ma fattibile, di canile. Una realtà complessa e poco conosciuta a cui si guarda con diffidenza, ma che, invece, potrebbe trasformarsi in un luogo fatto di conoscenza e crescita. Motore di un cambiamento culturale e sociale capace donare al cane la dignità che merita.
Il progetto nasce da lontano, da anni di attenta osservazione, e attraversa la storia di questo luogo. Dalla sua nascita fino ad oggi, appunto. Sono tre le fasi storiche di cui racconta Spennacchio. Nel 1954 con Canile 1.0 si poggeranno le fondamenta, nel vero senso della parola, di quello che fu il presidio medico veterinario per contrastare la diffusione di zoonosi come la rabbia. Luogo in cui, i cani venivano trattenuti per 15 giorni per poi esser soppressi. Negli anni 90, invece, è la volta di: Canile 2.0. Fase che segnerà un punto di svolta epocale. Grazie all’approvazione della legge 281/91, infatti, la pratica dell’eutanasia viene abolita, cambiando per sempre la prospettiva del benessere animale.
Canile 3.0 è l’attualità. A tal proposito, Spennacchio afferma che “il Canile che sogno, è il quello che non ha la necessità di esistere. Ma questo tipo di struttura esiste solo in un mondo che non è questo in cui viviamo oggi. Il nostro compito, quindi, è di costruire quel Mondo che ora non c’è e di farlo partendo proprio dal canile che c’è”.
Ebbene, oggi i canili sono strutture in cui gli animali trovati vaganti sul territorio vengono ospitati. Un luogo, che dovrebbe essere di transito. Un luogo di riabilitazione in vista dell’adozione ma che, troppo spesso, diventa prigionia a vita. Luca Spennacchio racconta, dunque, di una realtà ideale, che potrebbe diventare concreta partendo da un reale cambiamento culturale. Trasformando, innanzitutto, l’immagine del canile. Questi, da luogo negativo diverrebbe un posto in cui è possibile crescere. Una realtà in cui promuovere iniziative culturali volte a incrementare il livello di consapevolezza e sensibilità degli uomini. Un luogo, dal quale sia possibile diffondere una nuova visione del cane. Per poterlo rivalutare, riconsiderando questo fedele amico dell’uomo prezioso quanto in effetti è.
Quella tra uomo e cane è una relazione millenaria. Da sempre considerato amico e compagno fedele. “I cani – scrive Luca – sono da sempre il tramite più accreditato, vicino e comprensibile all’uomo. L’unico capace di riaprire quel dialogo con il mondo che la nostra società ha dimenticato”. Eppure, il rapporto che c’è tra l’uomo e il cane è tra i più sottovalutati e banalizzati. C’è, dunque, bisogno di un cambiamento culturale che riavvicini l’uomo al proprio essere primordiale proprio attraverso un’attenta, responsabile, consapevole conoscenza del cane.
È solo partendo dal canile, troppo spesso considerato luogo in cui la comunità racchiude scarti e rifiuti, che si riuscirà a realizzare quel cambiamento culturale e sociale degno di un paese civile.
Da cittadina, da volontaria e da “mamma” di tre quattro zampe adottati in canile, auspico a quel cambiamento, di cui Luca racconta. Perché considero gli animali, e i cani in particolare, esseri viventi senzienti capaci di renderci migliori.
Fonte immagine in evidenza: lucaspennacchio.it