Ungheria, Orbán accentra il potere per uno stato sovranista
Eletto per la terza volta, Viktor Orbán promette vita dura a ONG, opposizione e mezzi di comunicazione dissenzienti
Il terzo mandato consecutivo di Viktor Orbán come Primo Ministro è un’ulteriore passo verso il nazionalismo omofobo e la demoralizzazione delle forze democratiche in Ungheria. La nazione magiara si appresta a vivere altri quattro anni all’insegna della centralizzazione del potere ed il silenziamento dei movimenti di opposizione.
Domenica 8 Aprile il partito di Orbán, l’euroscettttico Fidesz (Unione Civica Ungherese) di estrazione conservatrice e populista, ha raggiunto il 49,5 % dei voti “doppiando” l’altra corrente nazionalista Jobbik, che si è fermata al 20% e superando i socialisti, che non sono andati oltre il 12% ed i verdi fermi a quota 7%. E’ la terza elezione consecutiva, che segue quelle del 2010 e del 2014.
Mai come quest’anno la campagna elettorale era stata incentrata sulla lotta all’immigrazione, peraltro intrisa di razzismo e slogan populisti. Orbán ha raggiunto la maggioranza approfittando dell’ansia-immigrazione: “L’Europa è invasa e Bruxelles è immobile” e “L’UE non ferma l’avanzata di migranti che mette in pericolo l’identità ungherese, bianca e cristiana”, sono stati argomenti centrali dei comizi e tribune televisive. Questa politica pre-elettorale è valsa la conferma a Premier ma ha suscitato l’indignazione e la presa di distanza di buona parte dell’elettorato più giovane che, anzi, accusa il Fidesz di aver fatto sparire migliaia di schede e chiede un riconteggio manuale. Lo scorso sabato 100 mila persone (dati bbc) hanno manifestato a Budapest per la verifica delle schede, una nuova legge elettorale ed un’informazione pubblica scevra da influenze politiche. Dalle piazze, la popolazione ha espresso il bisogno di un fronte anti-Fidesz maggiormente coeso.
De resto, la realtà della campagna elettorale non è sfuggita all’OCSE, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, critica soprattutto riguardo lo squilibrio di accesso all’informazione tra il partito di maggioranza e quelli di opposizione così come l’utilizzo di fondi governativi da parte del Fidesz.
La svolta anti-immigrazione di Orbán era già stata significativa nel 2015, quando aveva chiuso le frontiere ai rifugiati siriani nonostante il monito del tribunale di Giustizia dell’UE. Tale tendenza, pare sia destinata ad inasprirs: la legge “Stop Soros”, che a quanto pare sarà tra le prime ad essere presentate in Parlamento, mira infatti al progressivo indebolimento delle ONG, riducendone le possibilità di finanziamento da fondi stranieri – molti dei quali arrivano dal magnate George Soros, da cui il nome del provvedimento) – ed aumentando requisiti e tassazioni.
Le Organizzazioni non Governative, secondo la proposta di legge, avranno un’ulteriore aggravio fiscale del 25%. Per quelle che si occupano di migranti, inoltre, è previsto il nulla osta degli Interni successivo ad un controllo della sicurezza nazionale. E non sembra sufficiente: per impiegati e collaboratori delle ONG che abbiano “contatti a rischio” per lo stato ungherese, scatterebbero espulsione e divieto di avvicinarsi ai confini oltre gli 8 km. L’attacco alle ONG è valso all’Ungheria un’infrazione da parte dell’Unione Europea, ma questo sembra aver dato anche più vigore e convinzione alle intenzioni di Orbán che, all’indomani dell’elezione, così ha motivato il nuovo provvedimento: “Abbiamo l’appoggio del popolo più forte degli ultimi trent’anni – ha spiegato – e gli ungheresi hanno deciso che saranno loro stessi a scegliere con chi convivere”.
Davanti a questa continua intimidazione, le ONG si sono appellate al tribunale dei diritti umani ungheresi. Delma Dojcsak, dell’Unione per le Libertà Civili d’Ungheria ha sintetizzato così le intenzioni del tre volte premier: “L’obiettivo di Orban è modellare il Paese secondo le sue esigenze, eliminando – ha spiegato – tutte le voci di dissenso e denuncia, come le ONG”. Concorda Gabor Gyulai, del Comitato Helsinki, organizzazione che fornisce appoggio legale ai migranti: “Orbán intende eliminare ogni critica e forza democratica”.
Nella sua corsa all’accentramento, Orbán ha promesso un rimpasto di gabinetto ed un “nemico” in meno lo può già contare: il Magyae Nemzet, giornale di opposizione di Lajos Simkicska che durante la campagna elettorale aveva appoggiato il Jobbik denunciando diversi scandali per corruzione a carico del Fidesz, ha dovuto chiudere per ragioni economiche. Chiusura che arriva dopo 80 anni di informazione e che non è una casualità: da quando ha preso le distanze dal premier, infatti, Simkicska ha perso molta pubblicità e finanziamenti governativi.
Il prossimo governo formato con gli alleati del Partito Popolare Cristiano Democratico, che avrà come priorità lo stop alle politiche di immigrazione forzata dall’UE e la tutela della sovranità nazionalista ungherese, è atteso in 3-4 settimane, secondo una previsione dello stesso Orban.