Millennials: in un monologo i disagi della Y generation
Spaesati e senza guida, digital al lavoro e nella vita privata – che non regala romanticherie. Sono i millennials. Giacomo Vitali se ne fa portavoce al Teatro Garage di Milano in uno spettacolo tra il comico e il cinico
Andrea è il protagonista dello spettacolo andato in scena a Milano al teatro Garage Music School. Ha appena maldestramente messo piede nella vita da adulto che già inizia a lamentarsene. I vagheggiamenti dell’età adolescenziale e poi universitaria di un futuro disneyano (o quantomeno roseo) iniziano ad andare in frantumi la sera prima di iniziare uno stage in un’agenzia di comunicazione.
Moderno Serafino Gubbio, Andrea diventa un tutt’uno col suo telefono aziendale, macchina di alienazione. Tra corridoi di vetro e un intenso vociare pieno di inglesismi, sperimenta le crude verità del mondo del lavoro: le mansioni che gli vengono affidate hanno tutte “un carattere di urgenza”, i superiori sono cinici e pieni di sé e i colleghi arrivisti, sempre in gara per mostrarsi indaffarati e uscire più tardi possibile dall’ufficio. Nemmeno la vita privata regala soddisfazioni. Vive solo col suo gatto in un piccolo monolocale e cerca, senza trovarlo, l’amore.
Nelle vesti di Andrea l’attore – millennial anche lui – Giacomo Vitali, che ha scritto la pièce in collaborazione con la regista, Chiara Passaniti. Il one man show funziona. Lo spettatore, soprattutto se della Y generation, e quindi nato tra gli anni Ottanta e i primi anni Duemila, non può che simpatizzare con il protagonista. Stesse aspirazioni, stesse disillusioni. L’ironia è una costante – Andrea ride delle sue disgrazie, esibendosi in stacchetti musicali e danzerecci – ma tra le righe, ai più sensibili tocca il fardello della riflessione e di un’amara presa di coscienza: nulla, in questa vita, ha senso.
Spaesati e senza guida, Andrea e gli Echo Boomers tentano di plasmare le loro esistenze senza averne una da campione. Diversi dai genitori, ancor più dai nonni, fanno i conti con un mondo del lavoro iper-parcellizzato nelle funzioni, oltreché senza prospettive. Tutto è digitalizzato e indoor – a che pro trascorrere intere giornate al chiuso, in ufficio davanti al computer, invece di vivere, fuori? Digitali sono anche i rapporti umani: sul protagonista incombe lo spettro della chat di Facebook – che utilizza per lavoro – e delle app di incontri gay. Trovare l’amore nel 2018 di Grindr, in cui tutti cercano solo avventure di una notte, e anche meno – è impossibile. Ecco che la qualità più elogiata dell’era digitale – la possibilità di conoscere facilmente nuove persone – diviene il suo peggior difetto: meglio restare ignari del fatto che nel mondo serpeggia tanta stupidità.
Le umane sorti non sono affatto umane e l’happy ending non arriva. Il catastrofismo è forse troppo? Una soluzione ai mali 4.0 dei millennials ci sarà pure. Andrea non è tagliato per l’agenzia di comunicazione, che cambi strada e cerchi soddisfazione altrove. Per quanto riguarda l’amore della sua vita – è evidente – non lo conoscerà su un’app. Il problema di Andrea – ma anche ciò che lo rende speciale – è che pensa troppo, logorandosi nel romantico tentativo di dare un senso al tutto. Forse non ci riuscirà mai, forse serve solo un po’ di tempo. E il tempo non manca. Siamo ancora giovani, siamo millennials.