Come nasce il vaccino – Terza parte

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Terza tappa nel percorso storico che ricostruisce la nascita del vaccino: anche Voltaire fu positivamente colpito dagli studi della Montagu
vaccino

Jacques Augustin Catherine Pajou, Voltaire che legge, olio su tela, 1811. (fonte immagine: Wikipedia)

L’attivismo di Mary Wortley Montagu, come raccontato nella seconda parte di questo ciclo di articoli dedicato alla nascita del vaccino, ebbe risonanza in tutta Europa, soprattutto in Francia dove la questione generò una diatriba piuttosto aspra fra gli oppositori e i sostenitori dell’inoculazione. Tale disputa si concluse nel 1774 dopo la morte per vaiolo del sovrano Luigi XV a cui seguì la variolizzazione in massa di tutti i suoi eredi. Anche Voltaire fu positivamente colpito da Lady Mary al punto che nell’undicesima delle sue lettere inglesi, scrive così:

Nell’Europa cristiana si suol dire garbatamente che gli Inglesi sono pazzi e sconsiderati: pazzi, perché trasmettono il vaiolo ai loro bambini per impedirgli di prenderlo; sconsiderati, perché, comunicano a cuor leggero a questi bambini una malattia certa e terribile in vista di prevenire un male incerto. Gli Inglesi, da parte loro, dicono: ‘Gli altri Europei sono vili e snaturati: vili, in quanto temono di fare un po’ di male ai loro bambini; snaturati, in quanto li espongono al rischio di morire di vaiolo‘. Per giudicar su chi ha ragione in questa discussione, ecco la storia di questa famosa inoculazione, di cui fuori dell’Inghilterra si parla con tanto spavento. Da tempo immemorabile, le donne circasse hanno l’usanza di trasmettere il vaiolo ai loro figli, anche all’età di sei mesi, facendogli un’incisione sul braccio, e inoculando in questa incisione una pustola che esse hanno accuratamente prelevato dal corpo di un altro bambino. Questa pustola produce, nel braccio in cui è stata inserita, l’effetto di un lievito in un pezzo di pasta; essa fermenta, e diffonde nella massa del sangue le proprietà che possiede. Le pustole del bambino cui è stato trasmesso il vaiolo artificiale servono per trasmettere la stessa malattia ad altri; in Circassia è uno scambio quasi ininterrotto; e quando sventuratamente non vi è il vaiolo nel paese, sono altrettanto costernati quanto altrove lo si è per una cattiva annata. La causa che ha introdotto in Circassia questa usanza, che sembra così strana ad altri popoli, è tuttavia comune a tutto il mondo, ossia la tenerezza materna e l’interesse.

I Circassi sono poveri e le loro fanciulle sono belle, per cui è di queste che si fa il maggior commercio. Essi forniscono bellezze agli harem del Gran Signore, del Sufi di Persia e di quanti sono abbastanza ricchi da poter acquistare e mantenere questa preziosa mercanzia. Con ogni cura e ogni onore, educano le loro fanciulle ad accarezzare gli uomini, a eseguire danze piene di lascivia e languidezza, a riaccendere con i più voluttuosi artifici il gusto dei padroni sprezzanti cui esse sono destinate: queste povere creature ripetono ogni giorno la loro lezione con la loro madre, come le nostre bambine ripetono il catechismo senza capirci nulla. Succedeva spesso, dunque, che un padre o una madre, dopo aver penato per dare una buona educazione alle loro figlie, si trovassero tutto ad un tratto frustrati nelle loro speranze; il vaiolo penetrava nella famiglia, una figlia ne moriva, un’altra perdeva un occhio, una terza ne usciva con un brutto naso, e quei poveretti erano rovinati senza rimedio. Spesso, quando il vaiolo diventava epidemico, anche il commercio ne risentiva per parecchi anni, provocando notevoli riduzioni nei serragli in Persia e in Turchia.

Una nazione dedita al commercio è sempre molto attenta ai propri interessi, e non trascura alcuna delle conoscenze che possono essere utili ai suoi affari. (…)Notarono anche che quando è particolarmente benigno, e la sua eruzione riesce a segnare solo una pelle fine e delicata, il vaiolo non lascia alcuna traccia sul volto (…)Per conservare la vita e la bellezza dei loro figli, non v’era altro da fare dunque che trasmettergli il vaiolo al più presto; è ciò che fecero, inoculando nel corpo del bambino una pustola prelevata dal vaiolo più violento, e al contempo più idoneo, che si potesse trovare. L’esperimento non poteva fallire. I Turchi, che sono gente assennata, adottarono in breve tempo questa abitudine, e oggi, a Costantinopoli, non vi è Pascià che non trasmetta il vaiolo a suo figlio e a sua figlia al momento di svezzarli. Taluni sostengono che i Circassi adottarono molto tempo fa questa abitudine dagli Arabi (…)”

[fine terza parte]

Federica Albano e Gerardo Gatti

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