Rue des Maléfices: la storia segreta di Parigi
Una guida alla Parigi che non c’è più è quella che ci ha lasciati Jacques Yonnet con l’opera “Rue Des Maléfices – Storia Segreta di Parigi”. La Parigi incastonata in un angolo della Rive Gauche, nel Quartiere latino, un tempo denominata “quartiere Mouffetard” e dell’umanità variopinta che viveva di espedienti tra le sue strade, immersa in un mondo di enigmi
Ritorna fresca di stampa e di una nuova traduzione ad opera di Guido Lagomarsino grazie alla EDT l’opera che nel 1954 diede il successo e consacrò Jacques Yonett con Rue Des Maléfices – Storia Segreta di Parigi corredata da 16 foto di Robert Doisneau, amico dell’autore.
Intellettuale francese classe 1915, coinvolto attivamente nella Resistenza durante l’occupazione nazista di Parigi e amico dei Surrealisti, Yonnett di fronte alla guerra che interseca il suo cammino – nel 1940 viene fatto prigioniero – decide di giocare ai dadi col destino e, fuggitivo, va a nascondersi nel ventre di Parigi, nel quartiere Mouffetard ai tempi abitato da personaggi singolari: straccivendoli, vagabondi, ex ufficiali della marina mercantile, anarchici, delinquenti della peggiore risma, barboni, prostitute, legionari, un’umanità dolente che si arrabatta per vivere e che l’autore da vero flâneur fotografa sullo sfondo di un realtà dove l’esoterico, la magia, la superstizione intessono delle sottili ma palpabili influenze sul mondo circostante.
I 17 capitoli dell’opera – che sia stato un caso o una scelta dal significato simbolico numerologico preciso non è dato saperlo – sono una carrellata di eventi fantasmagorici e un compendio di realismo magico. Se siete dei materialisti convinti potreste pensare di lasciare questo libro sullo scaffale, ma fareste un errore a non immergervi nelle atmosfere dense, inquietanti, spesso grottesche, a volte truci e disperate che l’autore crea seguendo l’imperativo “Il tempo lavora per chi sa mettersi fuori dal tempo”, e come un bravo entomologo prova a decifrare gli arcani di quel mondo inquieto.
Proviamo a ripercorrere alcune tappe di questo viaggio tra gli eventi bizzarri a cui l’autore assiste nei vagabondaggi tra i bassifondi di Parigi, in un mondo fantastico, spesso losco, fatto di coincidenze e di corrispondenze, del tempo che fu, con l’augurio che vi invogli a continuare il viaggio tra le pagine.
Partiamo dalla via che dà il titolo al libro. La via dei Malefici era la via Zacharie, che in una pianta del quartiere disegnata nel XVII secolo era indicata come Witchcrafts Street, una via che suscitava in Yvonnet un oscuro senso di malessere ogni volta che la percorreva.
Una storia alla E.T. Hoffman inaugura la carrellata di eventi narrati. È quella di un orologiaio venuto da Oriente. Ribattezzatosi Oswald Biber, costui aveva creato orologi che non scandivano il passare del tempo, ma “giravano al contrario. La persona il cui nome era inciso sugli alberi degli ingranaggi legava il proprio destino a quello del meccanismo…ringiovaniva”. Lo stesso Oswald ne aveva uno con le lancette che “ruotano alternativamente a destra e a sinistra”, facendolo invecchiare e ringiovanire in una perpetua fissità anagrafica.
Quando i clienti lo supplicano di interrompere quell’innaturale marcia indietro esistenziale e la sua “insopportabile scadenza implacabile, la data scritta della nostra morte”, Oswald è costretto a deluderli, perché impossibilitato ad aiutarli. Il diniego scatena la furia dei clienti che distruggono tutti gli orologi e col fermarsi delle lancette anche la loro vita finì.
Yonnet raccoglie questa storia da Cyril, un mastro orologiaio nato a Kiev, che alla luce delle candele sembra un quarantenne, ma a ben guardare sembra mummificato, perché altri non è che Oswald stesso.
C’è la storia di Honorè, figlio di un domatore del fuoco. Un uomo che con litanie e formule arcane poteva domare gli incendi e curare chi era stato ferito dalle loro lingue di fuoco. Honorè aveva appreso i segreti del padre, ma per spavalderia vanesia aveva rivelato quelle formule, rovinandone per sempre l’efficacia, al punto che quando provò a salvare un bambino ustionato questi morì, perché da guaritore quell’uomo imprudente era diventato uno spergiuro, per aver tradito il segreto dei suoi avi. Per contrappasso da allora gli ardeva in gola un costante bruciore e nulla era in grado di lenire il suo fastidio, nemmeno le bibite ghiacciate che di continuo trangugiava. Un fuoco che lo divorava e che lo faceva sembrare un vecchio avvizzito a discapito dei suoi quarant’anni.
Non sono solo gli uomini ad emanare energie sottili e inspiegabili, ma ugualmente i luoghi. Un antico stabile custodisce una cantina, situata alla confluenza della Senna con il suo affluente la Bièvre, un tempo luogo prediletto per negromanti e satanisti. Stanza che nel 1910 venne murata per volere della prefettura. Yonnet e altri curiosi violano il luogo interdetto e scoprono il suo infernale segreto: in una nicchia c’è una statua di legno tagliato grezzamente e con quattro chiodi conficcati alla maniera di antiche pratiche stregonesche africane.
I personaggi che popolano il mondo di Yonnet sono i più disparati, come il giornalista specializzato in Medio Oriente che si lascia coinvolgere da alcuni monaci greci in esilio, che diventati una setta satanica, lo inducono a farsi tatuare un pipistrello, il loro emblema, sancendo l’inizio di una serie di “disastri atroci”. C’è il becchino permaloso che evoca la morte per chi lo importuna, e puntualmente seppellisce chi ha urtato la sua sensibilità.
Una storia dal sapore folkloristico parla del vecchio dopo mezzanotte, una figura evanescente, con barba e capelli lunghi, che spesso appare di colpo per intromettersi in una conversazione con un motto o per dirimere una lite, e che altrettanto di colpo scompare, in entrambi i casi quando gli astanti sono distratti. Lo stesso Yonnet una volta si imbattè in questo personaggio leggendario e, come spesso accadeva, avendo con sé il suo album da disegno, gli chiese e ottenne di eseguirne un ritratto a carboncino, che inspiegabilmente all’alba si volatilizzò come l’uomo che raffigurava.
Anche il Male si palesa, come nella vicenda di Mina la Gatta, una donna sola con la passione per i gatti randagi a cui dava riparo. Una storia che si tinge di sangue quando la donna si imbatte in un gatto male in arnese dal pelo rosso e privo di un occhio, un essere maligno che la graffiava in continuazione, prima di scomparire del tutto. Una sera al solito bar dove Mina era diventata la mascotte compare un uomo dei capelli rossi e senza un occhio. Tra i due scatta un’immediata connessione e vanno a vivere insieme. L’uomo ha modi bruschi, è un nullafacente, ma è esigente e raccatta anticaglie con un solo tema, i gatti. Quando i soldi finiscono l’uomo svela il suo lato crudele e violento, picchiando Mina quando la donna rientrava senza soldi. Arrivò persino ad annegarle uno dei suoi amati gatti, episodio che scatenò una lite furibonda e la fuga della vittima. L’uomo inizia a cercarla, e contemporaneamente le uccide un gatto sera dopo sera. Dopo due settimane la trova, la riempie di botte e la segrega in casa. Tra i due scoppia una lite violentissima che termina con un urlo spaventoso. I vicini accorsi alle finestre vedono un gatto rossiccio camminare sui tetti. Sfondata la porta dell’abitazione, non c’erano i corpi dei due amanti, ma solo una gatta strangolata.
Il libro racconta tante storie di esorcismi e di eventi stregoneschi che creano inquietanti corrispondenze tra bambole inanimate e innocenti bambine. Zingari in grado di gettare un sortilegio malvagio su un luogo, su una casa, sugli uomini. Eventi che accadono in un punto preciso della città e poi si riverberano in direzione opposta alla stessa distanza. Forze oscure implacabili, difficili da debellare.
Il libro ebbe un grande successo, apprezzatissimo da Raymond Queneau, suscitò, ieri come oggi, la stessa domanda: i fatti narrati sono veri o frutto di invenzione romanzesca? Al lettore spetta la decisione, tenendo a mente le parole finali che Yonnet mette a mo’ di sigillo ai suoi vagabondaggi riversati sulla pagina:
Nulla avviene che non sia eterno.
Non c’è stato inizio.
Non ci sarà fine.
C’È.
“Rue Des Maléfices – Storia Segreta di Parigi” di Jacques Yonnet
Traduzione di Guido Lagomarsino
EDT, 2016 – Collana “La Biblioteca di Ulisse | Varia”
Pagine 344, € 23
Jacques Yonnet (1915-1974), scrittore, giornalista, pittore e scultore, fuggiasco da un campo di prigionia e resistente braccato dai nazisti durante l’occupazione, personaggio straordinario della Parigi anni Quaranta e Cinquanta, amico intimo di Robert Desnos, di André Breton, di Prévert e dei circoli surrealisti, è uno dei grandi flâneurs della letteratura francese.
*articolo aggiornato al 16 luglio 2018