La Chiesa cilena e la croce degli abusi sessuali

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Indagine in corso per abuso, pedofilia ed occultamento: aperte oltre cento cause, coinvolti gli alti prelati
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(immagine via twitter.com/Luis_Aburto_B)

La Chiesa cilena sta attraversando il momento più buio e controverso della sua storia. L’accusa è tra le più gravi: abusi sessuali da parte dei suoi rappresentanti, tra questi alti prelati, spesso a danno di minori. Ad aggravare la situazione, oltre all’accusa di abuso e pedofilia, anche quella di occultamento di reato.

La procura, al momento, ha aperto 119 cause. Si parla di 167 imputati, tra cui 7 vescovi, 96 sacerdoti, 4 diaconi e 30 figure religiose di minore rango – cui si aggiungono altre 30 persone laiche che constano nel giro della Chiesa cilena ma di cui si deve ancora verificare il legame con l’ambito ecclesiastico. L’investigazione riguarda reati a partire dal 2007: fino ad ora si contano 178 vittime, di cui almeno 79 all’epoca dei fatti erano minori. Di almeno 84 vittime, invece, non si è ancora riusciti a definire l’età al momento dell’accaduto e si pensa, quindi, che l’accusa per reato di pedofilia possa diventare ancora più importante.

L’inchiesta è stata aperta dalla Procura Nazionale in seguito ad un crescente numero di denunce rilevato negli ultimi anni in tutto il Paese. Il primo e, ad oggi, più eclatante caso era già stato registrato nel 2010, quando alcuni ragazzi denunciarono il sacerdote Karadima di aver subito abusi quando ancora minorenni. Karadima era stato allontanato nel giro di un anno, ma gli sviluppi che ne seguirono fecero emergere il coinvolgimento di altri tre vescovi, accusati di averlo coperto e anche di aver assistito ai suoi abusi. La faccenda non ebbe, però, ripercussioni, tanto che uno di loro, Barros, nel 2015 venne addirittura promosso dal Papa come vescovo di una congregazione più grande.

Questo episodio ha contribuito ad indebolire la figura della Chiesa cilena agli occhi di buona parte della società, tanto che durante la visita dello scorso gennaio Papa Francesco ha ufficialmente fatto un passo indietro ed ha apertamente chiesto perdono alla popolazione in nome della Chiesa durante un discorso pronunciato in occasione della vista al Palazzo della Moneda. La nuova posizione del Pontefice è valsa a prendere consapevolezza da parte del Vaticano, sfatando un tabù agli occhi di buona parte della società civile (cilena e non).

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Ricardo Ezzati Andrello, cardinale e arcivescovo cattolico italiano naturalizzato cileno (immagine via Wikimedia)

Nei mesi successivi, inoltre, è seguito il dossier Scicluna (dal nome del vescovo di Malta che lo ha condotto), poi condiviso dal Vaticano con la Procura, grazie al quale si è iniziato ad andare a fondo su centinaia di casi e sulla posizione di numerosi tra i maggiori esponenti del clero. Tra tutti, emerge il nome di Ricardo Ezzati, arcivescovo di Santiago, a capo della Chiesa cilena. È incriminato per aver occultato denunce di violenza durante anni. Le indagini sono accelerate negli ultimi mesi grazie a materiale sequestrato nelle sedi ecclesiastiche di Santiago e del sud del Paese, da cui continuano ad emergere prove della colpevole abitudine alla reticenza ed all’occultamento di denunce e abusi.

Per il Procuratore Generale si tratta di istituire un processo che faccia storia in Cile, per smontare definitivamente un sistema di violenze, omertà e occultamenti. “Il sistema non ha funzionato – ha spiegato Arias –, alle vittime non è stata data adeguata attenzione, quando hanno denunciato non sono state credute e molte indagini non sono state condotte. Non è stato rispettato l’obbligo di denunciare i colpevoli alla Congregazione per la Dottrina della Fede del Vaticano. Sappiamo che moltissimi religiosi – ha concluso – nel corso degli anni hanno \sotterrato prove e denunce delle vittime”.

Forte è stato anche l’impatto sull’opinione pubblica, che ormai da anni è sempre più critica nei confronti dell’istituzione Chiesa: in più di un’occasione messe e riti sono stati disturbati o interrotti; ultimi sondaggi nazionali registrano crescenti disaffezione e sfiducia verso il cattolicesimo. Il 38% della popolazione si è recentemente dichiarata lontana a qualsiasi professione religiosa: cifre piuttosto alte in Sud America, dove la tradizione religiosa è sempre stata forte.

Sara Gullace

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