Elia Viviani, il “Profeta” veneto campione del ciclismo italiano
Elia Viviani porta in alto il ciclismo italiano con una carriera contraddistinta da grandi vittorie, compreso l’oro olimpico di Rio, e qualche sconfitta, uno stimolo per nuovi trionfi
Prima, il pattinaggio, il calcio e il tennis. A 8 anni, il ciclismo entra nella sua vita grazie a un suo amico: ne diventa un campione. Si tratta di Elia Viviani, ciclista su strada e su pista, velocista per molti anche se lui preferisce definirsi passista veloce.
Il “Profeta” Viviani inizia a gareggiare sin da piccolo, entrando a far parte della categoria giovani del Gruppo Sportivo Luc Bovolone di Lino Scapini, e indossando, nel 2005, la maglia azzurra per i Giochi Olimpici europei giovanili. È sua la medaglia d’oro. In seguito, numerose sono le vittorie nella categoria under-23, come La Popolarissima (una delle più antiche classiche dilettantistiche italiane), una tappa della Vuelta a Cuba e al Giro delle Tre Province; due, le medaglie di bronzo ai mondiali.
Tra chi riconosce le sue capacità c’è Paolo Slongo, che diviene, così, suo punto di riferimento seguendolo fino al suo debutto tra i professionisti, nel 2010, a 21 anni, al Presidential Cycling Tour of Turkey. In questa occasione conquista la vittoria in volata alla settima tappa. Sono suoi il Memorial Marco Pantani e il Memorial Frank Vandenbroucke (corsa belga in cui avrà modo di dimostrare le sue abilità nelle classiche sul pavè). Risale al 2011 la vittoria al Gran Premio Costa degli Etruschi e al Tour de Mumbai I-Nasik Cyclothon, in India, e la medaglia d’argento nello scratch ai Campionati del mondo su pista di Apeldoorn. Il suo primo successo in una prova del World Tour avviene in una tappa del Tour of Beijing.
Nel 2012 conquista la sesta tappa del Tour de San Luis, due tappe e la finale del Giro della Provincia di Reggio Calabria e la prima semitappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali. In ogni gara, in ogni sconfitta così come in ogni vittoria, Viviani ha sempre mostrato di saper lottare: indimenticabili, le vittorie a diverse tappe del Giro d’Italia, il mancato successo ai Giochi Olimpici di Londra, dove è arrivato sesto o l’oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, con 207 punti, nell’ultima delle sei prove della classe Omnium. L’Italia, infatti, dopo 16 anni ha dominato il ciclismo su pista. “Quante bici porterà a Rio?“, gli viene chiesto in un’intervista, alla quale risponde: “Almeno 8: una per il giro lanciato, due per corsa a punti, scratch ed eliminazione, due per l’inseguimento, una per il chilometro, più una da strada e una da crono. Le ruote? Credo una decina di coppie. E poi ci sono tutti i gruppi rapporti“.
Viviani non riesce a ottenere più di un podio parziale e altri piazzamenti al Giro d’Italia del 2014 a causa di alcune cadute e di stati influenzali, mentre nel 2015 vince la seconda tappa battendo in volata André Greipel. Non convocato in quello del 2017, ha vinto quattr otappe nel Giro del 2018 (Tel Aviv, Eilat, Nervesa della Battaglia e Iseo), aggiudicandosi la maglia ciclamino e portando con sé sul podio, nella seconda tappa, Giacomo, figlio di Michele Scarponi. Quest’anno, inoltre, ha esordito al Tour Down Under vincendo la terza tappa e la seconda frazione al Dubai Tour.
Conquistata allo sprint la versione ridotta della Tre Giorni di La Panne (svoltasi in una sola giornata), ha superato in volata Ackermann della Bora-Hansgrohe (arrivato secondo) e Philipsen (invece, terzo). Con un attacco partito a 150 metri dall’arrivo, ha superato Arnaud Demare e, così facendo, ha vinto anche la Classica di Amburgo. Il 2018 è, inoltre, l’anno in cui ha portato a casa una medaglia d’argento nell’Omnium agli Europei di Glasgow, con 113 punti. L’oro è toccato ad Hayter (133 punti), il bronzo a Von Folsach (113). Quest’ultimo è arrivato terzo, nonostante la parità di punteggio, a causa del minor numero di sprint vinti.
Definita la migliore volata della stagione, ha conseguito la seconda vittoria alla Vuelta di Spagna 2018, lasciando alle sue spalle il campione del mondo Peter Sagan (ieri, nella tappa conclusiva, la terza, battendo ancora Sagan); è suo l’oro della decima tappa della Vuelta da Salamanca a Bermillo de Sayag. “Credo che sia il migliore treno che abbiamo fatto in tutto l’anno. Arrivavamo da due volate che non hanno funzionato: nell’ottava tappa non eravamo in posizione quando ha vinto Valverde e, poi, nella sesta quando ho fatto terzo. In questa volata, invece, è andato tutto perfettamente. È facile allenarsi per fare i treni, ma è difficile realizzarli in corsa. Morkov decide i tempi e, poi, Sabatini mi lancia il più tardi possibile. Oggi sono partito ai meno 150 metri“.
Tutti successi prestigiosi, quelli del corridore veneto, anche se la sua corsa più importante risale, ovviamente, a Rio. Ecco le parole di Viviani dopo la fantastica medaglia d’oro: “Vittoria incredibile, non ho ancora capito cosa sta succedendo. Ho vinto la corsa più importante della mia vita, penso di essermelo meritato. Volevo solo questa medaglia, sono sceso in pista per l’oro. Altre volte ho perso, ma ci ho sempre creduto. Ho avuto una Nazionale che mi ha supportato, il nostro gruppo è fortissimo, devo dire grazie anche a loro perché mi spingono sempre a dare il massimo“, raccontava il campione olimpico.
Una gara decisamente non tra le più facili, data la caduta durante l’ultima prova Omnium, a 76 giri dalla fine: “La caduta mi ha un po’ scosso, quando cadi non sai mai cosa può succedere. Sono tornato in pista pensando che comunque ero il leader e non potevo mollare. Diciamo che l’adrenalina è salita ancora di più, ma mi sono goduto tutta la gara seppur sotto sforzo. Le lacrime all’arrivo? La fortuna doveva restituirmi qualcosa, l’esperienza di Londra mi è servita, questa era la mia ultima grande opportunità. Dedico questa medaglia a Elena Cecchini e alla mia famiglia, nel mio urlo liberatorio c’era tutto perché finalmente ce l’ho fatta“.
Elia Viviani era lì per vincere, e lo ha nobilmente fatto entrando nella storia dello sport italiano.
Giorgia Cecca