Il pittore Schnabel presenta il pittore van Gogh: è nato il quadro “At Eternity’s Gate”
Julian Schnabel porta van Gogh alla Mostra del Cinema di Venezia. Un capolavoro, grazie al quale gli spettatori vivono le sensazioni dell’artista olandese
Il protagonista, Vincent van Gogh, è stato interpretato da Willem Dafoe, l’artista e suo amico Paul Gauguin da Oscar Isaác, suo fratello Theo da Rupert Friend, il dottor Paul-Ferdinand Gachet da Mathieu Amalric e la locandiera Madame Ginoux da Emmanuelle Seigner. Così, è nato “At Eternity’s Gate“, pellicola dall’artista Julian Schnabel e presentata, in anteprima, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un ritratto del genio van Gogh che sarà disponibile nelle sale italiane dal 3 gennaio 2019, grazie a Lucky Red, e negli Stati Uniti dal prossimo 13 novembre.
Vincitore di numerosi riconoscimenti, come il Green Drop Award 2018 (una goccia in vetro di Murano soffiato di Simone Cenedese, con all’interno la terra del vulcano islandese Laki), assegnato dalla Ong Green Cross Italia perché riconosciuto come film che meglio ha interpretato i temi ambientali tra quelli in concorso, il Premio Mimmo Rotella e la Coppa Volpi, conquistata da Willem Dafoe come migliore attore protagonista, “At Eternity’s Gate” non è una biografia del pittore olandese. È un viaggio sentimentale e vivo durante gli anni da lui trascorsi nel sud della Francia, per giungere, in seguito, alla sua morte.
“Ho detto tutto quello che si poteva dire sulla pittura in questo film. Sono un pittore e dipingo da quando ero bambino, ho letto tutte le lettere di van Gogh ma questo era solo un punto di partenza. Volevo creare un equivalente percettivo di quando si osserva un’opera d’arte“, ha dichiarato Schnabel. Secondo il regista, infatti, van Gogh ha influenzato la pittura del Ventesimo secolo più di ogni altro artista.
Definito da molti il “genio triste” ma anche il “visionario”, van Gogh ha vissuto alcuni anni della sua esistenza nel sud della Francia, ad Arles e ad Auvers-sur-Oise (è qui che incontra Gachet, il medico che si prenderà cura di lui). Una vita in contatto con la natura e l’essere (lavorava ogni giorno e senza sosta, tanto forti erano le emozioni provate immerso nella natura), tormentata e lontana dalle convenzioni comuni. In questo periodo, venne raggiunto dal suo amico Paul Gauguin: tra i due scoppiò una lite violenta che vide van Gogh rincorrerlo con un rasoio. Lo stesso con cui, preso da allucinazioni, si tagliò il lobo dell’orecchio sinistro, consegnato, in seguito, a Rachele, una prostituta del bordello che i due pittori erano soliti frequentare. Poi, la morte, nella sua camera, a causa di un colpo di pistola. Ci si chiede, ancora, se si sia trattato di un suicidio (come si è sempre sostenuto) o di un omicidio. Non è una domanda che si è posto Schnabel, però: quello che a lui importava era “dire tutto quello che penso sulla pittura“.
Un rapporto solidale e sincero è stato quello con Theo, suo fratello: tra i due ci sarà una lunga e intensa corrispondenza epistolare, di fondamentale importanza per la creazione del film e l’interpretazione del personaggio. “Senza dubbio le lettere sono state una fonte inesauribile per accostarmi a van Gogh, e concordo con Julian: la sua lucidità è evidente. La sua mente non era affatto offuscata. Dalle sue parole emergono una visione speciale dell’arte e dell’essere artista, per questo lo considero un genio torturato oltre che un grande scrittore. Scriveva delle frasi bellissime, dei concetti davvero profondi. Ad esempio il fatto che si possa guarire attraverso la malattia. Credo che van Gogh sia andato oltre il pensiero del suo tempo, era al di là della sua epoca. Come ci si prepara a un ruolo simile? Per prima cosa studiarlo attraverso tutto il materiale presente su di lui. E poi ho dovuto imparare a dipingere, ovvero qualcosa di fondamentale e complesso perché dovevo sembrare disinvolto durante ogni singola pennellata. Ecco, imparare a dipingere è stata la chiave per capire davvero cosa stessi facendo, per comprendere a fondo la sua connessione con la Natura e comprendere in modo fluido il suo pensiero“, ha dichiarato Willem Dafoe, definito dal regista come “il miglior alleato che potessi avere”, l’unico che potesse interpretarlo. I due, inoltre, si conoscono da oltre 40 anni. Ha sempre visto al lavoro Willem, che gli ha dato un libro contenente le lettere e i pensieri del genio olandese e che è stato fonte di ispirazione nel momento in cui l’attore ha imparato a dipingere.
“Ci tengo subito a dire una cosa. Questo film non è una biografia canonica, ma un’opera che tenta di avere un approccio sensoriale alla sua storia, proprio come Vincent lo aveva con la pittura. Pensateci: ormai tutti pensano di sapere tutto quello che c’era da sapere su di lui, quindi sarebbe stato inutile e assurdo fare un altro film sulla sua vita. L’idea è nata mentre io e gli sceneggiatori eravamo all’interno del Museo d’Orsay. Eravamo davanti ai suoi dipinti, ci siamo avvicinati, li abbiamo scrutati e quando siamo usciti ci siamo accorti di avere ancora addosso un’emozione fortissima. Ecco, il mio obiettivo è quello di restituire attraverso il film quelle sensazioni, per cui credo che sia un film molto difficile da descrivere e da raccontare senza averlo vissuto“, ha raccontato il regista, pittore e sceneggiatore celebre nella scena newyorkese per le sue tele dalle grandi dimensioni e per le sue tecniche miste e fuori dal comune. Assembla, infatti, elementi già esistenti come cocci rotti, tessuti, legno, tele e vele. “Nulla nasce ex nihilo” e, per questo, “non si può concepire qualcosa senza partire da un dato già acquisito“. Quello bianco è sicuramente un segno frequente nelle sue opere, poiché “trascina il fruitore nel presente del dipinto”, immergendolo nella creazione.
A Julian non interessa il passato, né il futuro, distrugge gli oggetti e li combina nuovamente. Un “nichilismo rigenerante”, come lui stesso lo definisce. La tela è immediata e per tutti, i suoi film, invece, non sono rivolti alla massa. “Basquiat”, “Prima che sia notte” e “Lo scafandro e la farfalla” tra i suoi successi; evidente è stata la sua lunga assenza dopo “Miral”, un film sulla situazione palestinese, reputato non rispettoso della religione ebraica (propria dello stesso regista). L’attore protagonista e attivista politico, Juliano Mer-Khamis, è stato ucciso dopo l’uscita del film nelle sale statunitensi.
Schnabel, mostratosi onorato per il lavoro fatto sull’opera e perché considerata importante per accendere la consapevolezza delle persone, si definisce cultore di van Gogh e non preoccupato dell’assoluta autenticità della storia, “perché ogni storia è una bugia, ogni racconto è una versione di una parte di verità“. Intanto, si attende gennaio, con impazienza.
Giorgia Cecca
Immagine in evidenza: Willem Dafoe (via Facebook: pagina Impressionism)