Svezia, la fine della socialdemocrazia apre le porte al sovranismo
Il Parlamento svedese ha approvato una mozione di sfiducia al governo guidato da Löfven, mentre aumenta il consenso al partito di estrema destra di Åkesson. Il Paese verso una profonda crisi politica
“La Svezia sta diventando come il resto dell’Europa“, ha affermato l’ex Primo ministro Carl Bildt. Il Paese scandinavo, da sempre considerato come una sorta di utopia, grazie a una florida economia e al sistema sociale che hanno contribuito a costruire un modello di nazione compiuto, sta attraversando una crisi sociale e politica che ha portato alla caduta del governo guidato da Stefan Löfven – e alla svolta all’estrema destra di una parte del popolo.
Aumenta, infatti, il consenso popolare nei confronti di Jimmie Åkesson: il giovane leader degli Sverige Demokraterna (i sovranisti di Stoccolma) è vicino a Viktor Orbán, Marine Le Pen, Jarosław Kaczyński e Matteo Salvini. “Siamo noi l’unico sincero partito antimigranti“ – ha dichiarato, aggiungendo che “gli altri parlano di linea dura e di ordine copiando le nostre proposte“.
Il passato della Svezia
Il mito svedese nacque intorno al dopoguerra, quando Tage Erlander pose le basi per un sistema di welfare a copertura universalistica che prevedeva una combinazione di solidarietà e competitività, con investimenti nell’istruzione, nell’alta tecnologia e nella ricerca scientifica. La Svezia iniziò, così, a mostrarsi agli occhi delle altre nazioni come il Paese democratico per eccellenza, con una burocrazia veloce, un modello di crescita economica proficuo ed ecosostenibile. Disuguaglianze di genere nulle (conseguenza di una parità dei sessi al massimo livello), meccanismi di assistenza ai cittadini efficaci, una popolazione considerata open-minded e un’elevata mobilità sociale.
Descritto come un Paese dal bassissimo tasso di recidività e una criminalità quasi inesistente, il mito del suo sistema penale è stato smontato dalle statistiche dello Swedish Crime Survey, che ha denunciato un notevole aumento dei crimini tra il 2013 e il 2016: nel 2014, rispetto all’anno precedente, c’è stato un aumento del 70% dei crimini denunciati alle autorità.
Diversi sono i fattori che hanno portato a una decadenza sociale ed economica del Paese. Se da un lato c’è chi vede nella riduzione del ruolo dello Stato nell’economia e nella società la causa della crescita delle disuguaglianze, dall’altro la responsabilità dell’esplosione della violenza viene attribuita alla situazione delle periferie. Malmö e Stoccolma, infatti, non riescono ad affrontare al meglio le rivolte urbane nei quartieri-ghetto che si scatenano a causa della chiusura e incapacità politica nell’integrazione e della scarsa attenzione ai bisogni di chi sta cercando di costruire una vita nuova e migliore rispetto alla precedente in questo Paese.
Preoccupazione per il futuro
E, se Malmö è la città con il maggior numero di sparatorie del Paese, tra Rinkeby e Stoccolma la disparità salariale è evidente: il coefficiente di Gini della Svezia, applicato alla disuguaglianza di reddito, è il terzo più basso del globo.
Nel 2010, inoltre, la Svezia era il secondo Paese per il numero di stupri. Secondo le analisi dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, nel 2017 occupava la medesima posizione per quanto riguarda i decessi per overdose nell’anno 2017 – ma ciò che più sconforta è che la politica non investe nella prevenzione e nel reinserimento dei tossicodipendenti nella società.
È rilevante, inoltre, l’aumento dei suicidi. Secondo lo psicologo Hugo Lagerkrantz, il malessere sociale, diffuso soprattutto tra i più giovani, è causato dalle crepe all’interno del sistema scolastico, dalla forte dipendenza dai social network e dall’elevata competitività sociale. Solo nel 2017, sono stati registrati molti assalti con granate, 110 omicidi, 7.226 stupri e 320 sparatorie. La polizia ha ammesso la presenza di 55 aree di esclusione sociale dove i crimini sono in aumento. Se fino al 2007 la Svezia ha vantato una crescita piuttosto elevata (del 3,3% annuo), tra il 2008 e il 2009 è stata colpita da una crisi economica a livello mondiale – per poi riprendersi nel 2010, grazie all’esportazione di beni e servizi per il valore di oltre 160 miliardi di dollari e a importazioni di circa 150 miliardi di dollari.
Dunque oggi si assiste a un declino del modello socio-politico di equità, garanzia per i cittadini di diritti socio-economici. A seguito della Grande Depressione, nel 1934, si è avuto un accordo tra i Socialdemocratici e il Partito Contadino (fino ad allora conservatore). Successivamente, i governi di centro-destra (alternatisi dal 1991 al 1994 e dal 2006 al 2014) hanno favorito la precarietà del mercato del lavoro, la privatizzazione del sistema di welfare, l’aumento delle disuguaglianze e l’impoverimento della classe media, contribuendo ad accrescere l’insoddisfazione nei confronti del potere.
Nonostante le diverse vittorie ottenute dal centrodestra nel corso della storia, i socialdemocratici hanno comunque mantenuto un buon consenso. Poi la frattura, che ha portato alla crescita del consenso verso i Democratici Svedesi – rappresentanti della destra estrema, anti-immigrazionisti, sostenitori della sovranità nazionale e della chiusura delle frontiere, nemici dell’Europa unita a livello politico e critici dell’establishment. Le loro proposte hanno trovato terreno fertile, cavalcando l’onda dell’odio e dell’intolleranza: alle ultime elezioni, infatti, hanno ottenuto il 17,6% dei consensi, portando in Parlamento 62 deputati e posizionandosi come terza forza – ciononostante hanno ottenuto un vistoso calo rispetto ai sondaggi, giacché un buon 35% degli elettori ha effettuato la propria scelta definitiva soltanto nelle ultime ore.
Alle elezioni del 9 settembre, i 4 partiti dell’Alleanza (Moderati, Partito di Centro, Liberali e Cristiano Democratici) hanno deciso di correre da soli. A livello di coalizione, la sinistra ha ottenuto il 40,6% dei voti, il centrodestra il 40,2%. Non sono mancati gli scontri: la formazione di estrema destra di Åkesson, infatti, hanno organizzato dei veri e propri blitz ai seggi per insultare, intimidire e aggredire elettori e giornalisti.
Ha votato l’84,4% degli aventi diritto. Nonostante il primato dei Socialdemocratici (28,4% dei voti), seguiti dai Moderati di centrodestra e dai Democratici Svedesi, non c’è stato un reale vincitore, dal momento che nessuno ha ottenuto un numero di seggi sufficiente per assicurarsi il potere. A seconda della divisione dei gruppi sociali, i voti sono stati differenti. Il quadro politico, in ogni caso, è chiaro e molto simile a quello del nostro Paese: la destra estrema ha ottenuto un aumento del consenso a sud, nelle periferie urbane e in quelle che da sempre sono considerate come roccaforti della sinistra. “Abbiamo aumentato i nostri seggi in parlamento e faremo in modo di aver un enorme peso su ciò che accadrà in Svezia nelle prossime settimane, mesi ed anni”, ha dichiarato Åkesson dopo i risultati. Il leader sovranista svedese ha propagandato teorie neonaziste e, dunque, inammissibili in tema di immigrazione, criminalità e insicurezza, giocando in modo disdicevole con la vita dei più deboli.
Ad oggi, la crisi di governo svedese si è accentuata dalla recente mozione di sfiducia nei confronti di Stefan Löfven – approvata in Parlamento con 204 voti favorevoli sui 349 disponibili. Si tratta, dunque, del primo premier svedese destituito con un assenso così alto. Löfven aveva ottenuto 144 seggi ed era sostenuto da una coalizione rossoverde da 4 anni. Il centrosinistra ha portato, però, il Paese in una condizione di stallo – motivo della nascita di un sentimento di sfiducia.
La mozione è stata votata anche dal partito populista di Åkesson. “Ora i negoziati per la formazione del nuovo governo entrano in una nuova fase ma continuerò, nonostante la sconfitta“, ha dichiarato il premier sfiduciato. Gli analisti credono si sceglierà Kristersson, esponente della coalizione di centro-destra – che, però, essendo in minoranza, avrà bisogno dell’appoggio dei Democratici Svedesi (con cui nessuno vorrebbe accordarsi). Il sistema svedese prevede che il governo resti in carica anche in caso di cambiamento del Riksdag, il Parlamento. Il presidente di quest’ultimo (Andreas Norlén, esponente dei Moderati) ha la possibilità di indicare 4 possibili candidati: qualora questi dovessero essere rifiutati, verrebbero indette nuove elezioni entro 3 mesi.
E se Åkesson promette la fine di chiunque non gli dia voce in capitolo, dall’altro c’è chi si preoccupa della possibile vittoria del populismo. Preoccupano le conseguenze sugli ambienti economici e finanziari, dal momento che il processo di formazione di una nuova e stabile coalizione è decisamente in salita.