Tornano i documentari sociali del Terra di Tutti Film Festival
Dall’11 al 14 ottobre Bologna e Firenze ospitano la 12ª edizione del Terra di Tutti Film Festival, una manifestazione documentaristica promossa dalla Onlus COSPE e dalla ONG GVC con l’importante obiettivo di dare spazio alle realtà di quei Paesi, popoli e lotte sociali che sono “invisibili” nei mezzi di comunicazione di massa. Il nostro giornale da quest’anno media partner del festival
Quattro giorni per pensare a tutti i “sud del mondo”. Questo è l’obiettivo del Terra di Tutti Film Festival (11-14 ottobre, Bologna e Firenze), giunto ormai alla sua edizione numero 12 e di cui da quest’anno Ghigliottina | Un nuovo taglio all’informazione è media partner. Alla manifestazione saranno presentati documentari che riguardano l’uguaglianza dei diritti, la difesa della libertà e la coscienza ambientale, tra macro argomenti che racchiudono storie di popoli e Paesi che lottano ogni giorno per un “oggi” e un “domani” migliore.
Per parlare del Terra di Tutti Film Festival 2018 abbiamo realizzato una breve intervista a Marina Mantini e Jonathan Feramola, direttori della manifestazione.
Intervista a Marina Mantini
Nel corso degli anni il Terra di Tutti Film Festival si è distinto per una comunicazione attenta a far comprendere l’importanza di ciascun argomento presente nei lavori di ogni partecipante. La 12ª edizione del festival a cosa punta?
Sicuramente il messaggio che abbiamo voluto lanciare in modo chiaro quest’anno è che stiamo vivendo in un periodo storico e politico in cui è necessario che ognuno di noi assuma un ruolo attivo anche come “spettatore”, e non parliamo solo di film, ma anche di quello che succede nella vita reale. Di qui la frase di Porchia, che invita a farsi carico di quello che succede nel mondo, anche se i social media non ne parlano o ne parlano male, e l’insistenza su temi come le migrazioni che non sono solo sbarchi, ma molti altri sono i confini (come mettono ben in luce Libre e Il confine Occidentale, ma anche Era Domani) e le illogicità della “Fortezza Europa”. E ad andare a vedere le cause legate a quello che succede in Europa o al di fuori di essa, dal traffico di armi che riforniamo alle guerre in corso (Mon pays fabrique des armes di Anne Poiret) all’indottrinamento dei bambini da parte delle famiglie affiliate all’Isis (Of fathers and sons del premio Sundance Talal Derki). Un’altra emergenza importante su cui abbiamo voluto accendere i riflettori è la questione femminile, di tanti diritti calpestati delle donne di ogni contesto o parte del mondo (Dancing with Monica o Guatemala cuando el futuro perdió el miedo) ma anche della forza di quello che probabilmente è l’unico movimento veramente internazionale come quello femminista (ben documentato dalla carovana di Feminista).
Una manifestazione di stampo sociale nell’epoca dei social network, che permettono a tante persone di far sentire la propria voce, come accaduto per esempio durante ogni Primavera araba. In che modo vi ponete nei confronti invece di chi non riesce a capire in modo lucido quanto sia importante una giusta uguaglianza, senza alcuna distinzione?
Questa domanda ce la poniamo spesso, ogni volta che come ONG pensiamo che oltre a lavorare nei vari progetti del mondo, ci troviamo a dover per forza e per dovere sensibilizzare e fare “advocacy” anche in Italia e in Europa. Pensiamo che sia importante fornire informazioni veritiere, non gridate, non ideologiche, ma fatti oggettivi, documentati, immagini che non vogliono parlare al cuore ma alla testa dello spettatore. Crediamo che il nostro compito sia contribuire alla creazione di un’opinione pubblica informata, cosciente, e non di parte, di portare le persone a pensare con la propria testa senza per questo perdere l’umanità, recuperando quell’empatia che dovrebbe esistere fra gli esseri umani.
Intervista a Jonathan Ferramola
Dodici anni di Terra di Tutti Film Festival, una manifestazione entrata nel cuore di Bologna e Firenze, ma soprattutto di tutte le persone che lavorano per organizzare un evento di livello internazionale. Quale è la proposta dell’edizione 2018?
Come ogni anno, cerchiamo di miscelare temi e sensibilità che emergono dal dibattito pubblico sui temi che ci stanno a cuore, dalle migrazioni ai conflitti alle lotte e resistenze dei popoli. Immaginate la facciata di una grande casa, di quelle belle ma austere alla Wes Anderson, con tante finestre chiuse. Ognuna nasconde un tema, ognuna una storia, ognuna un focus territoriale. Il festival apre queste finestre, lasciando uscire la luce ed i colori di queste storie. ogni anno una magia che si rinnova. Le finestre del 2018 ci portano a Riace dopo aver passato per Lampedusa ed i campi di rifugiati in Libia, ci porta in Siria dai figli dell’Isis, fra le comunità Quilombolas degli schiavi liberati Quilombolas del Brasile, nel Nicaragua che sta sanguinando nel silenzio, nelle fabbriche di armi in Europa fino al Burkina Faso di Sankarà. Un viaggio intorno al mondo vorticoso e caleidoscopico.
Cittadinanza attiva e una “coscienza” ambientale ed ecologica: sono due dei temi al centro del Terra di Tutti Film Festival, ancora più importanti per ogni giorno passato sul nostro meraviglioso Pianeta. Eppure, man mano che passa il tempo, l’Earth Overshoot Day, vale a dire il giorno in cui gli esseri umani terminano le risorse per l’anno in corso, arriva sempre più presto. Le opere che saranno presentate nell’edizione 2018 del festival cosa ci racconteranno? Quali propositi sveleranno?
Cerchiamo di miscelare due approcci, equivalenti e solo nell’apparenza antitetici. la resistenza e la resilienza. La Resistenza di popoli e movimenti per la terra e per i diritti che lottano senza paura e con mille ragioni: Il Nicaragua ne è un esempio, il Guatemala un altro. Ma anche Rojava, Palestina, Chiapas. O agropontino. La lotta degli uomini per affermare diritti e fermare il sopruso ci appartiene, e forse senza svelare niente di nuovo, cercheremo di mettere in fila queste battaglie, che sono anche le nostre, qui, ogni giorno. E poi c’è la Resilienza, che è ugualmente fondamentale, l’adattamento critico e proattivo ai cambiamenti planetari, la capacità di trovare soluzioni per conquistare bellezza e migliorare le proprie condizioni di vita. È resiliente l’approccio dei giovani cineasti under 35 ad esempio, che fanno cinema in Italia senza risorse e senza reali sbocchi professionali, ma stanno qui. È resiliente la lotta dei contadini del fiume Xingu in Amazzonia che cercano soluzioni dal basso alle grandi miniere a cielo aperto o degli abitanti di Fukushima che a diversi anni dal disastro non si arrendono e cercano di adattarsi al mostro nucleare.