DEF, la “manovra del popolo” lontana dal popolo
Con ritardo, la Nota di aggiornamento al DEF è alle Camere: considerata come “manovra del popolo” dai proponenti, continua a dividere il Paese
“Confido che la presente Nota di Aggiornamento ponga le basi per una proficua sessione di Bilancio e, cosa più importante, per una vera ripresa dell’Italia nei prossimi anni“.
Così ha concluso la premessa alla Nota di aggiornamento del DEF, il Documento di Economia e Finanza, Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle Finanze. Definita dal Movimento 5 Stelle come una “manovra del popolo“, è stata modificata innumerevoli volte, in seguito alle pressioni dei mercati finanziari e del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Mettendo gli uni contro gli altri, persino, gli stessi proponenti. Oggi, forse solo apparentemente, di nuovo coesi.
Il DEF, dice la legge, deve essere presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno. Si tratta di un documento che stabilisce, in forma solenne, la politica economica del Paese, l’andamento economico e finanziario così come le previsioni di spesa e di crescita del Paese. Dunque, in parole povere, i risultati che lo stesso Governo prevede di raggiungere nei tempi stabiliti. Presentato dall’Esecutivo al Parlamento, quindi, avrebbe dovuto essere inviato alle Camere entro il 28 settembre per consentire le conseguenti deliberazioni parlamentari. Ciò non è avvenuto: è stato presentato, infatti, con un notevole ritardo. Mai visto in precedenza.
Composto da tre sezioni, tra cui il Programma di stabilità richiesto dall’Unione europea che deve contenere i dati relativi alla manovra finanziaria. Necessaria per il rispetto dei vincoli europei di riduzione del debito pubblico e di miglioramento dell’equilibrio di bilancio. Inoltre, vi sono contenute le previsioni tendenziali del saldo di cassa e le indicazioni sulle coperture. La terza sezione, infine, contiene il Programma nazionale di riforma richiesto dall’Ue con le riforme da attuare, per superare gli squilibri macroeconomici nazionali, e quelle già attuate.
“Adesso inizia un dialogo con le istituzioni europee, perché noi dobbiamo soltanto spiegare le ragioni per cui abbiamo deciso di alzare la testa come Paese e di aiutare i cittadini italiani“, ha dichiarato Luigi Di Maio. Confermando la clausola di salvaguardia per il raggiungimento degli obiettivi dei conti pubblici e il reddito di cittadinanza solo per beni essenziali e non per “spese immorali”. Teoria assolutamente surreale e lontana dalle promesse fatte in campagne elettorale.
Si è parlato, inoltre, di un sussidio destinato solo alle “persone perbene e oneste“. Fermo restando la discutibile concezione di “onestà” (termine usato fin troppo e ingiustamente dal Movimento) che ne da l’esecutivo, è lecito di conseguenza chiedersi anche cosa si intenda per “persone perbene“. Assieme alla pensione di cittadinanza, ai centri per l’impiego, all’abbassamento dell’Ires, per le imprese che si impegnano negli investimenti e nelle assunzioni, e al fondo per i “truffati” dalle banche, il reddito di cittadinanza rientra tra le misure a cui indirizzare il finanziamento nel 2019 – 2021.
In particolare, mentre il reddito di cittadinanza consisterà in un assegno di 780 euro, disponibile a partire dal 2019 e spendibile con carta elettronica (le operazioni, inoltre, saranno tracciate e controllate dalla Guardia di Finanza), la quota delle pensioni di cittadinanza è di 780 euro mensili per i pensionati indigenti. Sarà previsto, inoltre, il pensionamento anticipato per favorire l’assunzione di lavoratori giovani.
Tra le novità presentate nella Nota, l’Esecutivo prevede la crescita del Paese per il prossimo anno dell’1,5%, con un +0,6% legato agli interventi inseriti nella manovra e dell’1,6% nel 2020. Il rapporto deficit/PIL è fissato al 2,4% nel 2019, al 2,1% nell’anno successivo e all’1,8% nel 2021. Nel 2019, inoltre, la rimodulazione delle imposte indirette darà una spinta di 0,2 punti, le misure espansive per la crescita e l’innovazione di 0,7, le politiche invariate di 0,1 e le coperture previste freneranno il PIL di 0,4 punti.
Stando a quanto dichiarato dalle forze di Governo, le misure per il rilancio economico del Paese partiranno all’inizio del 2019 e saranno finanziate con una copertura di circa 20 miliardi di euro. Dei quali 10 saranno destinati al reddito di cittadinanza, 7 alla quota 100 per la riforma della legge Fornero, 2 alla flat tax e uno alle assunzioni straordinarie di circa 10 mila donne e uomini delle forze dell’ordine. La manovra, infatti, prevede la “tassa piatta“, con aliquota al 15%. Per l’Irpef, invece, si passerà dalle attuali 5 aliquote a 3, fino ad arrivare a 2 dal 2021.
Oltre alla cancellazione degli aumenti dell’Iva e alla riforma e al potenziamento dei Centri per l’impiego, sono stati stabiliti: il taglio dell’imposta sugli utili d’impresa (Ires) per le aziende che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi, un programma di manutenzione della rete varia e dei collegamenti a seguito del crollo del ponte Morandi (si intende chiedere, infatti, alla Commissione europea il riconoscimento della flessibilità di bilancio), politiche di rilancio per il manifatturiero avanzato, le infrastrutture e le costruzioni, il rilancio degli investimenti pubblici con l’aumento delle risorse finanziarie, il rafforzamento delle capacità tecniche delle amministrazioni centrali e locali nella fase di progettazione e valutazione dei progetti, modifiche al Codice degli appalti e standardizzazione dei contratti di partenariato pubblico-privato. Sono state annunciate anche risorse per risarcire i risparmiatori danneggiati dalle truffe bancarie con un fondo di 1,5 miliardi di euro e la pace fiscale, con la chiusura delle cartelle di Equitalia (soglia a 100 mila euro).
Per oltre un milione di partite IVA, invece, è stata fissata l’aliquota al 15%. Nel settore universitario, alcune misure sono finalizzate ad agevolare l’accesso alla no tax area per ampliare la platea di studenti beneficiari dell’esenzione. Si vuole, inoltre, creare una rete di supporto per la ricarica di attrezzature a trazione elettrica sostituenti gli autoveicoli diesel e benzina per ridurli progressivamente e per contenere le emissioni inquinanti. Per contrastare l’evasione, è prevista la trasmissione telematica degli scontrini fiscali. In tema di privatizzazioni, nel biennio 2019-2020 si punta a incassare circa 10 miliardi per riversarli, poi, nell’operazione di abbattimento del rapporto debito/PIL. Proposta non nuova e piena di incertezze. Vi è, infine la possibilità di introdurre una normativa sulle Gacs (le garanzie statali per le cartolarizzazioni di sofferenze bancarie) dal momento che quella vigente sarà valida fino al marzo 2019.
Secondo il Presidente della Repubblica si tratta di una manovra troppo rischiosa (in questo senso, Mattarella ha ricordato l’articolo 81 della Costituzione). “Stia tranquillo il Presidente, dopo anni di manovre economiche imposte dall’Europa che hanno fatto esplodere il debito pubblico, finalmente, si cambia rotta e si scommette sul futuro e sulla crescita. Con equilibrio, con orgoglio e con coraggio. Prima gli italiani, si passa dalle parole ai fatti” – ha subito risposto il ministro Matteo Salvini.
Dall’altro lato, il suo alleato Luigi Di Maio: “Mattarella non deve preoccuparsi. Questa ‘manovra del popolo’ ha proprio la finalità di creare le condizioni per poi poter ridurre questo debito“. Sanno quello che dicono, verrebbe da chiedersi. Puntuali come un orologio svizzero sono, poi, arrivate le critiche dall’Associazione Stampa Parlamentare che ha lamentato l’impossibilità di svolgere pienamente la loro funzione di informare su un provvedimento così importante dal momento che non è stato consentito loro di porre domande nella Sala Stampa di Palazzo Chigi.
L’Unione europea a settembre aveva concesso all’Italia uno sconto sul risanamento: le sarebbe bastato, infatti, un deficit pari all’1,6% del PIL. Il Governo italiano, però, ha deciso di portare l’indebitamento al 2,4% nel 2019 violando le regole della moneta unica. Pierre Moscovici, commissario europeo agli Affari economici, e Valdis Dombrovskis, responsabile dell’euro, hanno chiesto “alle autorità italiane di assicurare che la manovra sia in linea con le regole fiscali comuni“. La Commissione europea, infatti, aveva ribadito a Di Maio e a Salvini che finanziare in deficit il reddito di cittadinanza e la flat tax è contro le regole del Patto di stabilità.
Dopo una prima valutazione del documento, la Commissione potrà bocciarlo in toto, approvarlo o chiedere delle integrazioni presentabili in 15 giorni (che comporterebbero ulteriori confronti tra tecnici e politici) per avere, in seguito, un giudizio a maggio dell’anno successivo. È prevista, per il 20 ottobre, l’approvazione della Legge di bilancio.
I target di bilancio rivisti sembrano “puntare ad una deviazione significativa dal percorso raccomandato dal Consiglio. Questa è una fonte seria di preoccupazione“. Per il nuovo DEF e per la situazione economica e finanziaria, dunque, i commissari europei si dicono preoccupati. E non solo loro.
Giorgia Cecca